di Giuseppe Guastella
Il colosso californiano che distribuisce in streaming film e serie tv a pagamento chiude il contenzioso con il fisco. Prima di aprire una sede italiana, a gennaio, aveva incassato milioni dagli abbonamenti senza avere uffici e personale
Netflix fa pace il Fisco italiano. Il colosso californiano di film e serie tv in streaming a pagamento ha chiuso il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate versando 55 milioni e 850 mila euro circa in un’unica tranche. Si definisce così il fronte tributario dell’inchiesta della Procura di Milano e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf per omessa dichiarazione dei redditi, ossia per le tasse non versate in Italia. Quando partì l’inchiesta in Italia non c’era un solo lavoratore o una società che facessero capo alla casa madre americana: Netflix incassava milioni di euro vendendo film e serie tv senza versare un euro di tasse. Il gruppo, nel frattempo, dal primo gennaio 2022 ha aperto una sua sede operativa.
L’indagine e il procuratore Viola
Il «gruppo multinazionale», si legge in una nota firmata dal procuratore di Milano Marcello Viola, «al termine della fase di accertamento fiscale» ha proceduto al versamento complessivo e in un’unica soluzione «di euro 55.850.513 a titolo di imposte, sanzioni e interessi per definire ogni pendenza con il fisco italiano per il periodo dall’ottobre 2015 fino al 2019». Nell’indagine, coordinata dal pm Enrico Pavone (che ha ereditato il fascicolo dal collega Gaetano Ruta, passato da un anno alla Procura Europea), a differenza della precedenti inchieste fiscali milanesi che hanno riguardato Apple, Google o Facebook (che avevano una qualche struttura organizzativa in Italia), si contesta al gruppo statunitense guidato da Red Hastings — «primo caso al mondo — una stabile «organizzazione occulta di una società estera operante della digital economy completamente priva di personale e caratterizzata esclusivamente da una struttura tecnologica avanzata». Struttura che «sarebbe stata asservita in via esclusiva allo svolgimento di funzioni aziendali chiave per la conduzione del proprio business sul territorio dello Stato».
I server e lo streaming
Il «Content Delivery Network del Gruppo» Netflix «è risultato composto da oltre 350 server, che sarebbero stati utilizzati in via esclusiva e installati stabilmente sull’intero territorio nazionale presso data center e i principali operatori di telefonia». Cioè, il gruppo aveva infrastrutture tecnologiche in Italia e qui «produceva redditi» con gli abbonamenti (ecco perché la contestazione fiscale). «Questa complessa ed evoluta infrastruttura tecnologica avrebbe costituito la base — scrive la Procura guidata da Viola — su cui la Guardia di Finanza prima e l’Agenzia delle Entrate dopo hanno individuato presupposti tecnico-giuridici, richiesti dalle norme internazionali e nazionali, per la configurazione di una stabile organizzazione “materiale”», ossia con infrastrutture tecnologiche, «di un’azienda estera, ritenuta idonea a produrre reddito d’impresa in territorio italiano».
La svolta dal 1° gennaio 2022
Dallo scorso primo gennaio Netflix ha costituito una società «di diritto italiano che ha iniziato a stipulare i contratti e fatturare i corrispettivi provenienti dagli abbonamenti sottoscritti con gli utenti nazionali. Ciò determinerà la tassazione in Italia dei redditi prodotti dalla vendita degli abbonamenti agli utenti residenti sul territorio nazionale».
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20 maggio 2022 (modifica il 20 maggio 2022 | 14:34)
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, 2022-05-20 12:36:00, Il colosso californiano che distribuisce in streaming film e serie tv a pagamento chiude il contenzioso con il fisco. Prima di aprire una sede italiana, a gennaio, aveva incassato milioni dagli abbonamenti senza avere uffici e personale , Giuseppe Guastella