No turco alla Svezia nella Nato: quanto siamo pronti a difendere la libertà di espressione?

No turco alla Svezia nella Nato: quanto siamo pronti a difendere la libertà di espressione?

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Il presidente turco in piena campagna per la sua rielezione e il rischio di perdere reale. Per rimontare le sta provando tutte

L’allargamento della Nato con l’adesione di Finlandia e Svezia stato considerato come uno dei maggiori disastri geopolitici creati da Putin, un autogol formidabile, conseguenza della sua invasione dell’Ucraina che ha generato insicurezza in tutta l’Europa, fino a spingere fuori dalla loro antica neutralit i due paesi nordici. Ma l’allargamento fermo, bloccato dal veto di Recep Tayyip Erdogan.

Prima il presidente turco pose delle condizioni sull’estradizione di alcuni curdi che lui considera terroristi. Ora rifiuta l’adesione della Svezia in seguito ad una manifestazione di protesta che si tenuta a Stoccolma, dove un politico di estrema destra (peraltro danese) ha bruciato un’immagine del profeta Maometto. Il no di Erdogan alla Svezia sta convincendo la Finlandia a portare avanti la sua candidatura da sola. L’ostacolo riporta in primo piano il problema turco della Nato. Ankara un membro strategicamente importante dell’Alleanza atlantica, con 84 milioni di abitanti la seconda nazione pi popolosa della Nato (di poco sopra la Germania), e presidia il fianco sud-orientale, vicino a paesi ostili come Russia e Iran. Ma negli ultimi anni un membro sempre pi indisciplinato, attratto da un rapporto privilegiato con la Russia. anche l’unica nazione islamica della Nato, e le concessioni di Erdogan all’ala fondamentalista mettono in discussione principi fondamentali di un’alleanza fra nazioni democratiche.

Quanto l’Occidente disposto a difendere il principio della libert di espressione? Un dubbio stato sollevato di recente anche da un episodio accaduto in una universit americana. L’immagine di Maometto bruciata in piazza a Stoccolma l’ultimo casus belli usato da Erdogan per far valere il suo diritto di veto sulle nuove adesioni alla Nato. Il governo svedese si affrettato a condannare quel gesto. Peraltro ha spiegato che non poteva impedirlo, in base alle leggi svedesi. La durezza della reazione di Erdogan – che incolpa il governo di Stoccolma per il gesto di un privato cittadino, per di pi straniero – si spiega con il fatto che il presidente turco in piena campagna per la sua rielezione. Si vota il 14 maggio, sia per la presidenza che per il Parlamento. Stando ai sondaggi, per Erdogan il rischio di perdere reale. La situazione economica sotto la sua gestione disastrosa. Membro del G-20, la Turchia ebbe anni fa un miracolo economico che oggi un pallido ricordo. La sua inflazione l’anno scorso ha toccato un massimo dell’85% e a dicembre era del 65%, nel G20 la supera solo l’inflazione argentina. La lira turca ha perso due terzi del suo valore rispetto al dollaro. Per rimontare nel consenso popolare Erdogan le sta provando tutte. Ha aperto a dismisura i cordoni della spesa pubblica con elargizioni assistenziali a tutto campo: ha aumentato il salario minimo del 55%, gli stipendi dei pubblici dipendenti del 30%, ha distribuito prestiti agevolati a commercianti e piccole imprese, ha sospeso l’et minima pensionabile autorizzando 1,5 milioni di turchi a incassare la pensione in anticipo.

A quest’orgia di spesa pubblica si aggiungono offensive contro i suoi principali rivali politici.

Per esempio, il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, che nei sondaggi supera Erdogan, stato investito da una raffica di azioni giudiziarie per impedirgli di partecipare alle elezioni. La deriva autoritaria di Erdogan, che si appoggia anche sulle correnti pi reazionarie del clero islamico, il versante interno del suo comportamento verso la Svezia. Ed un tallone di Achille per l’alleanza atlantica: non pu fare a meno di un paese situato in una posizione cos strategica, ma al tempo stesso deve contraddire i principi del suo atto costitutivo che descrive la Nato come un’alleanza fra democrazie. La Turchia rimane per molti aspetti una democrazia, tant’ che Erdogan potrebbe non essere rieletto; per i principi fondamentali dello Stato di diritto, della libert di espressione e di opposizione, dell’indipendenza della magistratura, hanno subito attacchi sempre pi frequenti.

Ma quanto l’Occidente disposto a difendere la libert di espressione in casa propria? Un episodio recente avvenuto in una universit americana lascia dei dubbi. Una docente di storia dell’arte, Erika Lopez Prater, stata licenziata dalla Hamline University (Saint Paul, Minnesota) per presunta islamofobia. Cos’aveva fatto? Durante un corso sull’arte islamica del XIV secolo aveva mostrato delle raffigurazioni di Maometto: l’Islam a quel tempo era assai pi tollerante di oggi e i suoi artisti furono autorizzati a dipingere la figura di Maometto. La professoressa Prater, tra l’altro, pur limitandosi a mostrare arte islamica del passato, quando le autorit religiose non consideravano blasfeme quelle rappresentazioni, aveva preceduto il suo corso con l’avvertenza che avrebbe mostrato immagini che potevano urtare la sensibilit religiosa di qualcuno. Quindi chi non voleva poteva assentarsi da quella lezione. Ma bastato che una militante di un’associazione di studentesse islamiche la denunciasse, e l’autorit accademica ha licenziato la docente. Islamofobia diventata un’accusa che si trasforma in una sentenza presa sulla pubblica piazza, dove gruppi di attivisti possono negare la libert di espressione, e le burocrazie obbediscono. Sar un caso, ma il veto di Erdogan all’ingresso della Svezia nella Nato non sta ricevendo un’attenzione enorme sui media americani. Forse per imbarazzanti analogie con il clima di certe universit americane.

27 gennaio 2023 (modifica il 27 gennaio 2023 | 18:23)

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