di Cesare ZapperiIl segretario della Lega: siamo leali. Ma nell’ala governista c’è irritazione per la stoccata del presidente del Consiglio La stoccata di Mario Draghi contro «chi minaccia sfracelli a settembre» è arrivata ed è stata colta con un certo disappunto, soprattutto dall’ala governista della Lega, proprio per la vicinanza e la fedeltà sempre garantita al premier (in conferenza stampa c’era il ministro Giancarlo Giorgetti). «C’è stata una punta di veleno eccessiva» l’osservazione che rimbalza dai piani alti del Carroccio, pur senza volergli attribuire grande importanza. Matteo Salvini di suo evita di alzare i toni: «Noi non minacciamo. Siamo gente serena, perbene, leale. Noi non mandiamo le letterine di Babbo Natale come qualcun altro perché aspetta che accada qualcosa». Rispetto all’uscita di Draghi gira al largo: «Non commento le parole del presidente del Consiglio, noi stiamo lavorando e sono contento del lavoro che facciamo. Rispondo con un sorriso». In questa fase la sua strategia prevede un atteggiamento attendista sul fronte governativo, basato comunque su alcune richieste specifiche cui si condiziona la prosecuzione dell’esperienza da qui a settembre (il 18 si terrà l’adunata di Pontida), e un piglio da battaglia sul piano parlamentare (vedi l’ostruzionismo che ha portato al rinvio delle discussioni su cannabis e ius scholae). Salvini punta a rimarcare le distanze dalle polemiche del Movimento 5 Stelle, definendo «fondate e sobrie» le sue richieste: rottamazione delle cartelle di Equitalia, riforma delle pensioni, taglio del cuneo fiscale, autonomia differenziata. «Ma gli strappi li lasciamo agli altri» prova a rassicurare, anche se risulta difficile credergli nel momento in cui aggiunge, in contraddittorio netto con Draghi: «Ho letto che il presidente del Consiglio è contrario a uno a scostamento di bilancio. Io la penso all’esatto contrario. O si mettono 50 miliardi veri nelle tasche degli italiani o sarà difficile affrontare l’autunno». Certo la Lega non starà a guardare. Nelle ultime settimane il partito ha messo da parte, almeno apparentemente, le divisioni tra le due anime e ora vuole passare all’incasso. «Io sono assolutamente sereno e determinato — spiega Salvini — . E, quando la Lega è determinata, l’abbiamo visto questa settimana in Aula, le cose cambiano. Probabilmente qualcuno nei mesi passati ha contato troppo sulla nostra bonomia, sulla nostra generosità, sulla nostra lealtà». Un avvertimento che vale soprattutto nei confronti del Pd se dovesse riproporre il ddl Zan o la proposta di liberalizzazione della cannabis (oltre al contestato ius scholae). Nell’immediato l’attenzione è rivolta a quel che succederà sul decreto Aiuti e al comportamento che terranno i senatori del Movimento 5 Stelle in sede di voto di fiducia. «Cosa faranno i Cinque Stelle? Chiedetelo a loro — risponde il segretario del Carroccio — cambiano idea un giorno sì e un giorno no. Nel decreto Aiuti ci sono 15 miliardi di euro per le famiglie e le imprese. Quindi, il voto della Lega ovviamente c’è». E se non ci fosse quello dei parlamentari di Conte? «Sarebbe un fatto molto grave» taglia corto Salvini, senza immaginare scenari di fronte ai quali difficilmente basterebbe anche la richiesta di una verifica politica avanzata lunedì da Silvio Berlusconi. Il leader leghista ieri si è tenuto in contatto con il presidente di Forza Italia (mentre non risultano telefonate con Giorgia Meloni perché non appartiene al centrodestra di governo). Ai suoi parlamentari Berlusconi continua a ripetere che «Forza Italia non è disposta a sostenere nessun altro governo e se il M5S non voterà la fiducia sul decreto Aiuti allora l’unica strada sarà quella del voto». L’ex premier è contrario anche all’ipotesi di un rimpasto nelle fila del governo. «Abbiamo fatto un atto di responsabilità sostenendo questo esecutivo, non siamo interessati alle poltrone» ha spiegato a chi ha avuto modo di parlargli nelle ultime ore. 12 luglio 2022 (modifica il 12 luglio 2022 | 22:46) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-12 20:31:00, Il segretario della Lega: siamo leali. Ma nell’ala governista c’è irritazione per la stoccata di Draghi, Cesare Zapperi