Non è vero che non bisogna far leggere “I promessi sposi” ai giovani, oltre alla provvidenza si parla anche di giustizia e diritti negati

Non è vero che non bisogna far leggere “I promessi sposi” ai giovani, oltre alla provvidenza si parla anche di giustizia e diritti negati

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Caro professor Galimberti, la seguo da tantissimi anni e leggo volentieri i suoi articoli, che ci invitano a riflettere e ci offrono sempre spunti molto interessanti. In questi giorni mi è capitato di ascoltarla in un video mentre afferma che “bisogna far smettere di leggere ai ragazzi i Promessi sposi perché, pur essendo un romanzo bellissimo, non possiamo dare ad un ragazzo il messaggio che quello che conta nella storia lo fa la Provvidenza e tu non conti un tubo”.

Con questa lettera intendo soltanto portare, umilmente, alla Sua attenzione la mia esperienza di docente di Lettere perché penso che la riflessione intorno ai Promessi Sposi non abbia a che fare soltanto con la Provvidenza! Durante le mie lezioni di letteratura italiana cerco di attualizzare il più possibile ciò che i miei studenti si trovano ad affrontare, per far scoprire i legami che esistono tra passato e presente e sperare di risvegliare così il loro interesse.

La lettura del romanzo manzoniano mi offre lo spunto per far riflettere i miei ragazzi non solo sul concetto di Provvidenza, ma anche su argomenti altrettanto importanti. Infatti, l’Azzecca-garbugli, per esempio, mi offre lo spunto per stimolare la riflessione sul senso della giustizia. Quell’avvocatucolo manzoniano al servizio del potere è un uomo corrotto, ipocrita, abituato a servire i potenti e a sottomettersi a loro per non avere problemi. E quando Renzo gli si rivolge per avere giustizia su don Rodrigo che ha impedito il suo matrimonio con Lucia, viene cacciato in malo modo, perché mai, un Azzecca-garbugli come lui, si metterà contro un potente come don Rodrigo!

E può stare certo, caro professor Galimberti, che i nostri svegli giovani ragazzi noteranno subito la somiglianza tra passato e presente, in quel volersi farsi giustizia da solo, risoluzione a cui giunge anche il povero Renzo. Quando la giustizia non funziona, il rischio è proprio questo: che le persone inizino a farsi giustizia da sole perché la disperazione è tanta. E si rischia di trasmettere un messaggio sbagliato proprio a loro, ai giovani, ai ragazzi che cominciano a sviluppare la loro personalità e le loro idee. Il rancore di Renzo verso don Rodrigo, alla pari di quello dell’esercente che decide di difendersi sparando al ladro che vìola il suo esercizio commerciale, è sicuramente comprensibile, ma non dobbiamo mai perdere di vista che una comunità si governa solo attraverso le leggi, indubbiamente più giuste e più eque. La lettura del romanzo manzoniano, dunque, offre spunti di riflessione e di dibattiti per argomenti molto attuali, come la legalità, il senso della giustizia e potrà essere uno strumento stupendo da offrire a quei ragazzi che stanno decidendo cosa pensare in proposito e quale strada scegliere. 

E, volendo rimanere sul bellissimo Lago di Como, mi viene in mente la vicenda della Monaca di Monza, un’altra grande occasione per far riflettere i nostri ragazzi sulla fortuna di essere nati in un’epoca in cui ognuno è libero di scegliere la strada che desidera percorrere, senza essere costretto a fare ciò che viene imposto dai genitori. Infatti, se chiedessimo ad una giovane del XXI secolo: «Vuoi farti suora?», la risposta, in assenza di vocazione, sarebbe sicuramente «No, grazie!». Eppure in passato molte ragazze di buona famiglia sono state costrette da genitori egoisti ad una monacazione forzata. È ciò che è accaduto proprio a Gertrude, al secolo Marianna de Leyva, uno dei personaggi più intriganti del romanzo di Alessandro Manzoni.

Ma la strada dei diritti negati antichi e moderni è lunga e arriva nel profondo Sud, nella Sicilia di fine Ottocento di Giovanni Verga e della sua Storia di una capinera. Ed è così che la strada dell’insegnate sprofonda nella letteratura che ci permette di approfondire problematiche interessanti e si conferma, come scrive il professor Romano Luperini, «un serbatoio di simboli, di immagini e di esperienze ancora attuali». Ed ecco che si mettono al bando tutta quella serie di conoscenze, a carattere enciclopedico, che gli alunni studiano in modo passivo. Le opere letterarie, oltre ad essere studiate bene e analizzate, talvolta imparate anche a memoria, devono ricondurre i nostri ragazzi a quello che stanno vivendo, divenendo strumenti per comprendere la società in cui viviamo. E l’opera del Manzoni può davvero diventare in classe un momento importante per analizzare il passato e riflettere sul presente.

Prof. Luigi Novi 

, 2022-09-03 13:43:00, Caro professor Galimberti, la seguo da tantissimi anni e leggo volentieri i suoi articoli, che ci invitano a riflettere e ci offrono sempre spunti molto interessanti. In questi giorni mi è capitato di ascoltarla in un video mentre afferma che “bisogna far smettere di leggere ai ragazzi i Promessi sposi perché, pur essendo un romanzo bellissimo, […]
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