Non esiste solo la scuola per risolvere i problemi delle famiglie

Sono un docente della scuola primaria e da anni si discute puntualmente su quanto sarebbe utile che la scuola non venga chiusa per “tre mesi” (?) nel periodo estivo.

A tal proposito vorrei ricordare che la scuola ha funzione educativa-formativa e non di mero ricettacolo di sosta ludica per bambini e ragazzi di genitori impegnati. Far confluire le soluzioni delle famiglie giustamente impegnate sul groppone della scuola e dei docenti non è certo civile e risolutivo. In un Paese dove la cultura puerocentrica si sta gradatamente perdendo per lasciare spazio ad una visione adultocentrica è imbarazzante.

Voglio ricordare che non esiste solo la scuola come polo di sostegno alle famiglie. Per problematiche relative alla frenesia della società, al supporto di bambini, ragazzi e adolescenti esistono i “famosi” servizi sociali (non il mostro arcaico che si è instillato nella mente delle persone).

I servizi sociali sono gestiti da alti professionisti i quali gestiscono numerosi servizi che coinvolgono il “terzo settore”, di cui si dimentica l’esistenza ma che, invece, andrebbe valorizzato con ludoteche e centri estivi con personale educativo qualificato; centri studio per aiutare ragazzi in difficoltà.

A ben vedere l’estate coinvolge non solo la scuola. Continuare a delegare tutto alla scuola vuol dire deresponsabilizzare gli altri componenti della società nati proprio per essere complementari alla scuola.

Ben vengano i progetti per le scuole ma perché non implementare i finanziamenti ai servizi sociali e dunque a progetti che coinvolgono maggiormente il terzo settore che vivono spesso dei servizi erogati alle persone?

Si parla sempre del ruolo della scuola sempre e ovunque come se fosse l’unico centro di gravità e questo porta inevitabilmente a svilire il ruolo dei docenti, a perdere di vista la funziona della scuola, a delegare tutto ad essa e a darne sempre le responsabilità ai docenti. Docenti che si trovano ad essere educatori, psicologi, amministrativi, sociologi ecc ecc.

Rammento che già dalla legge Iori si parla di educatori professionale e oggi si parla di un fantomatico albo. Quindi la valorizzazione degli educatori è solo formale? Quando si tratta di attivare in modo più ampio e intensivo i servizi non esistono più? Quel campo dei servizi sociali che dovrebbe garantire la gestione di servizi educativi passa nel dimenticatoio perché tanto c’è la scuola? Ci sono i docenti? Diciamo ai ragazzi di non lavorare con la mente a scompartimento stagno poi sono gli adulti che lo fanno con i servizi che, invece di farli convergere per un unico progetto socio-educativo di cittadinanza, li si gestisce in base a visioni separatiste e di convenienza ideologica.

Emanuele Gasola

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