Il sistema scolastico finlandese, rinomato per la sua eccellenza, si offre in deciso contrasto con quello italiano. Secondo il Programme for International Student Assessment (PISA) dell’OCSE, la Finlandia si colloca tra i primi dieci a livello mondiale, mentre l’Italia si attesta al 34esimo posto.
Una delle maggiori differenze è l’approccio all’istruzione obbligatoria. In Finlandia, la scuola inizia a sette anni e prosegue ininterrottamente fino a sedici. Questo elimina le interruzioni tra i diversi cicli di studio, a differenza dell’Italia, dove gli esami di passaggio segnano i cambiamenti tra scuole elementari, medie e superiori. Tale continuità consente ai docenti finlandesi di sviluppare una comprensione più profonda delle capacità di ogni studente, facilitando un’apprendimento personalizzato.
Post scuola dell’obbligo, i giovani finlandesi hanno la possibilità di scegliere tra un percorso universitario o una formazione professionale, entrambi della durata di tre anni. Questa scelta a sedici anni, rispetto ai quattordici in Italia, offre agli studenti una maggiore chiarezza e consapevolezza nel definire il loro percorso futuro.
In Finlandia, i voti non vengono assegnati fino ai tredici anni. Invece di “bocciare” gli studenti, il sistema prevede un supporto individuale per coloro che non raggiungono le competenze richieste. Questo approccio è fondato sulla convinzione che l’apprendimento avvenga in modo naturale e individualizzato, garantendo pari opportunità a tutti.
Un aspetto distintivo del sistema finlandese è la pausa obbligatoria di 15 minuti tra le lezioni. Gli insegnanti rimangono nelle aule, mentre gli studenti si spostano in base ai loro corsi. Questo, insieme a spazi come le quite time lounge e i chill out corner, promuove il benessere e la concentrazione degli studenti.
A differenza della scuola italiana, dove i compiti a casa sono la norma, in Finlandia questi vengono prevalentemente svolti a scuola. L’obiettivo è quello di mantenere il tempo libero a casa per attività extrascolastiche, promuovendo così un equilibrio tra studio e vita personale.
In realtà, non si può parlare di realtà splendente, ma ci sono luci e ombre, così come viene spiegato da Aino Saarinen, docente dell’università di Helsinki, dottorata in psicologia, medicina e scienze pedagogiche.
Come si legge sul sito specializzato Rondine.fi, la Finlandia in italiano, se si guarda oltre la promozione del sistema scolastico finlandese, si scopre che i risultati del test PISA sono in calo, ci sono problemi di disaffezione scolastica e lavorativa e molti insegnanti stanno lasciando il lavoro a causa del numero elevato di studenti da seguire e della mancanza di supporto per gli studenti immigrati che imparano finlandese e svedese come lingua seconda.
Secondo il docente Mattia Retta, (insegnante in Finlandia) l’apprendimento “per fenomeni” in Finlandia rischia di escludere molti studenti che non sono ancora pronti per questo nuovo tipo di scuola. Nonostante ciò, l’innovazione continua e le scuole finlandesi hanno introdotto un approccio interdisciplinare che consente agli studenti di approfondire argomenti di loro interesse attraverso ricerche dirette e tecnologie come smartphone e tablet.
Tuttavia, non solo i risultati esterni sono in declino, ma anche le critiche interne al sistema non ricevono sufficiente attenzione, come evidenziato dalla psicologa Liisa Keltikangas-Järvinen che ha segnalato come i dati allarmanti siano stati ignorati dai responsabili dell’educazione nazionale.
Ecco i punti critici del sistema, in base allo studio di Saarinen (con interviste a insegnanti e genitori): sostituire i libri stampati con i materiali digitali non è possibile, le scuole sono state trasformate spesso in un “happening” in cui conta molto mostrare una bella moquette sul pavimento e attrezzature modernissime, a causa del declino della lettura, quasi il 20% degli studenti lascia la scuola di base senza essere in grado di leggere correttamente.
Non mancano, però, gli elementi di forza: a cominciare dagli investimenti dello Stato, dalla qualità degli ambienti scolastici, per non dire del collegamento tra scuola e mondo del lavoro che qui trova grande sostegno legislativo e finanziario.
Le osservazioni mostrano che ciò che si fa “all’estero” è complesso e non può essere ridotto a formule. La storia della famiglia finlandese che lascia l’Italia per trasferirsi in Spagna dovrebbe far riflettere: ad esempio, probabilmente, non si è tenuto troppo in conto delle difficoltà comunicative dei ragazzi finlandesi e “soprattutto se quel che quella scuola poteva dargli non fosse troppo diverso, anche nei contenuti, da quello che le loro menti “aperte” fossero in grado di apprendere”.
Ogni Paese dovrebbe guardare ai risultati degli altri, ma senza necessariamente rinnegare il proprio sistema scolastico.
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