Non solo liceo classico. Mettiamo più ore di latino anche negli altri licei

Non solo liceo classico. Mettiamo più ore di latino anche negli altri licei

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di Marco Ricucci*

Mentre in Italia gli studi classici sono in declino, in molti altri Paesi è in corso una rivalutazione del valore formativo di queste materie, drasticamente tagliate dalla riforma Gelmini. E’ ora di tornare indietro e dare più peso al latino

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», diceva Calvino. Parafrasando: il Liceo classico è una scuola di cui non si finisce mai di parlare, soprattutto perché costituisce la trasmissione della cultura classica attraverso lo studio del greco antico e del latino da parte delle nostre alunne e dei nostri alunni. Anche sabato 30 aprile 2022, se ne è parlato nel Convegno organizzato presso l’Istituto «Simone Weil» di Treviglio (Bergamo): «Oltre l’immanenza: ritorno al Classico». Dopo l’introduzione e i saluti della Dirigente Scolastica, dott.ssa Sabrina Schiavone, sono seguiti gli interventi della prof.ssa Augusta Celada, Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico regionale per la Lombardia (ma anche, tra i tanti incarichi ricoperti, Componente della Cabina di Regia della Rete Nazionale dei Licei Classici), e del dott. Vincenzo Cubelli, Provveditore di Bergamo.

Il Liceo Classico, nato dalla riforma gentiliana, e ammodernato dell’adozione dei regolamenti di riordino dei licei del 2010, viene considerato fin dalla sua nascita, nell’immaginario collettivo, la scuola per eccellenza e di eccellenza. Questa convinzione, perpetuata anche dal dato di fatto che per anni qui si formava la classe dirigente italiana, e al contempo la fama di scuola difficile e improntata a un certo elitarismo, hanno determinato un calo di iscrizioni nel corso degli anni, mentre la crisi dell’istruzione classica, più in generale, si stava diffondendo in un mondo sempre più globale. E allora: superato, inutile, perfino dannoso è il Liceo classico, in un mondo votato alla tecnologia e alla scienza? Oppure, al contrario, ancora attuale, anzi l’unico che consente ai giovani di affrontare il presente, partendo dalla conoscenza delle (proprie) radici? I tempi sono decisamente cambiati dal 2014, quando al Teatro Carignano di Torino, si svolse una vero e proprio «processo» al Liceo classico, organizzato dalla Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo come se si trattasse di un’azione teatrale. Qui il Liceo classico fu assolto perché «il fatto non sussiste»…

Negli ultimi anni il tasso di iscrizioni si è assestato intorno a un 6%. Ciononostante, ci si sta ancora interrogando sul senso formativo ed educativo e sul ruolo dell’istruzione classica, rappresentato soprattutto dall’insegnamento della lingua e cultura latina, assai diffuso nel sistema scolastico superiore del nostro Paese rispetto ad altre nazioni. Infatti, la Consulta Universitaria di Studi Latini (CUSL) e l’Università «G. D’Annunzio» di Chieti-Pescara hanno organizzano, nei giorni 21 e 22 aprile 2022, un convegno sul tema «Latino, scuola e società», con l’obiettivo di contribuire al dibattito pubblico sul valore formativo della lingua e della letteratura di Roma, più concretamente, al fine di scongiurare, come si legge chiaramente nella brochure del convegno, un «frettoloso smantellamento dell’equilibrato impianto umanistico-scientifico che di quel progetto è alla base, e che il latino in particolare, contrabbandato come simbolo di una conoscenza “inutile” perché rivolta al passato, venga messo in discussione senza che se ne siano comprese fino in fondo le ragioni».

Il Liceo classico, sostenuto anche dall’ideologia dei Governi di allora, fu de iure factoque «salvato» dalla scure della Riforma Gelmini, che tanti danni, invece, ha prodotto, a parere dello scrivente, sulle generazioni attuali di studenti: in primis, lo scadimento delle competenze di base della lingua italiana, certificate negli ultimi anni dalle prove internazionali e, più semplicemente, dalla sconsolata costatazione di noi docenti di lettere, è dovuta anche all’eliminazione di un’ora settimanale dal monte ore previgente. Insomma, conti alla mano, se prima della scure gelminiana c’erano 5 ore di latino al biennio dello scientifico ordinamentale, oggi ce ne sono solo 3. Il latino è stato di fatto ridotto a due “misere” ore al solo biennio del liceo linguistico, mentre prima era spalmato sui cinque anni; una forte decurtazione si è attuata nell’attuale liceo delle scienze umane rispetto al suo «antenato» ovvero l’istituto magistrale che tante maestre elementari ha sfornato. Sic stantibus rebus, un timore più o meno dissimulato gira tra gli specialisti della cultura classica e tra noi docenti: la prossima mossa, se si vuole essere come Cassandra, dopo i tagli gelminiani del monte ore di tale disciplina, potrebbe veramente essere l’eliminazione totale dell’insegnamento della lingua latina dai licei, per relegarlo, in maniera pericolosamente elitaria, al solo Liceo classico, che sarà destinato a rimanere l’ultima Tule o Trebisonda dell’istruzione classica aperta, democratica e – soprattutto- pubblica.

Eppure, arrivano segnali incoraggianti dall’estero dove il latino è stato da tempo abolito oppure fortemente «ghettizzato» nei curricula delle superiori: per esempio, in Francia, dove al liceo il latino è opzionale e sostituibile con una lingua moderna, il ministro dell’Éducation Nationale Jean-Michel Blanquer ha annunciato, in un’intervista su Le Point, un ambizioso programma di ripristino del suo insegnamento nei licei, promuovendo un protocollo internazionale, firmato anche, per l’Italia, dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, per favorire lo studio del latino nelle scuole. Oltre a ciò, a livello territoriale, proprio il Convegno al «Simone Weil», in un cittadina di provincia, lascia ben sperare: dopo le relazioni delle autorità scolastiche, sono intervenuti, con la moderazione del prof. Alberto Sana, il prof. Adolfo Scotto di Luzio, Prorettore dell’Università degli Studi di Bergamo e autore del volume Il Liceo Classico, insieme alle voci della scuola: oltre allo scrivente, co-curatore, insieme ai colleghi Ruggiero e delle Donne, della miscellanea Il Liceo classico oggi, il prof. Luigi Venezia, docente dello stesso istituto, cultore della materia e docente presso Università degli Studi di Milano. In questa sede, abbiamo dialogato, anche in base alle domande del pubblico presente e collegato, cercando di portare alla luce prospettive futuribili sul Liceo classico e, più in generale, sul valore educativo per gli adolescenti di oggi. Il quadro che emerge, tra luci e ombre caravaggesche, si può sintetizzare con l’intervento tanto disarmante quanto schietto di uno studente presente all’evento: «Io mi sono iscritto al classico, perché mi piaceva!».

*professore di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano e docente a contratto presso l’Università degli Studi di Milano

4 maggio 2022 (modifica il 4 maggio 2022 | 19:29)

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, 2022-05-04 17:29:00, Mentre in Italia gli studi classici sono in declino, in molti altri Paesi è in corso una rivalutazione del valore formativo di queste materie, drasticamente tagliate dalla riforma Gelmini. E’ ora di tornare indietro e dare più peso al latino, Marco Ricucci*

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