Non solo voti e condotta. A monte di tutto ci sono gli atteggiamenti: quali dovrebbero promuovere i docenti? Scienze per la Scuola

Nuovo appuntamento con la rubrica Scienze per la Scuola: oggi parliamo di atteggiamenti a scuola.

Gli atteggiamenti rappresentano forse il motore più potente dei nostri atti. Anche a scuola

Come si pongono i ragazzi di fronte alle regole, allo studio, agli insegnanti, a propri atti, ai propri limiti, alla disabilità, all’insuccesso? Non c’è aspetto della vita rispetto al quale gli esseri umani non abbiamo strutturato, nel tempo, un determinato atteggiamento. Forse anche per questo, lo psicologo Gordon Allport lo ha definito il concetto probabilmente più importante in psicologia.

Quasi sempre, ad esempio, dietro il successo o il fallimento scolastico non ci sono tanto i comportamenti in sé, anche ripetuti (quell’allievo ha studiato prima di affrontare la verifica?), bensì, ben più a monte rispetto ai singoli atti, gli atteggiamenti che si sono nel tempo strutturati: quell’allievo come tende a considerare le verifiche che deve affrontare? Come sfide da fronteggiare o come minacce da evitare in tutti i modi? e come tende a considerare lo studio? La scuola dovrebbe pertanto guardare più attentamente a questa specifica dimensione.

Gli atteggiamenti e i loro… ingredienti

Ma cosa sono gli atteggiamenti? Sono quel modo tipico, acquisito da una persona, di considerare (prevalentemente, in termini positivi o negativi) una determinata situazione di vita e di predisporsi ad agire rispetto ad essa.

I ricercatori hanno individuato in essi tre aspetti fondamentali, fortemente correlati. Facciamo qui l’esempio dell’atteggiamento verso la matematica:

1) una certa disposizione emotiva rispetto alla situazione che si ha davanti (curiosità, ansia, timore, gratificazione, ecc.);

2) determinate credenze, convincimenti profondi (compresi eventuali pregiudizi) sulla situazione: ad esempio, che la matematica è inutilmente ostica o, all’opposto, che è estremamente interessante, una sorta di alto gioco intellettuale;

3) e, sul piano conativo-comportamentale, una certa tendenza o disposizione ad agire in un certo modo verso una determinata situazione di vita. Collegato a questo aspetto c’è la competenza autopercepita: quanto cioè lo studente si ritiene all’altezza di affrontare una determinata situazione: nel nostro caso, problemi, esercizi, contenuti e verifiche in matematica.

Un atteggiamento particolarmente importante: quello verso le sfide

L’atteggiamento verso le sfide, ad esempio, è fra quelli che hanno una più grande incidenza sul successo formativo (e non solo). Diversi allievi, relativamente a determinati ambiti, cercano di evitare in tutti i modi il fatidico appuntamento con le sfide, soprattutto per la paura di avventurarsi fuori dalla propria comfort zone edi sbagliare. Altri si espongono invece in prima persona nel fronteggiare le situazioni nuove e cercano soluzioni in contesti non protetti da routine predefinite.

Un atteggiamento, quest’ultimo, enormemente produttivo e che andrebbe quindi incoraggiato negli allievi. Certo, li espone prevedibilmente ad un maggior numero di errori e fallimenti (almeno iniziali), ma consente anche loro di imparare via via molto di più rispetto a chi tende a tenersi istintivamente alla larga dalle situazioni sfidanti.

Insomma, il rendimento potrebbe all’inizio perfino peggiorare, ma l’atteggiamento è quello giusto e produrrà probabilmente risultati importanti col tempo. Bisogna però saper aspettare.

Lavorare sugli atteggiamenti

Un lavoro serio sugli atteggiamenti non può che partire dall’ambiente di apprendimento, connotato in buona parte, innanzitutto, dagli atteggiamenti e dalle scelte didattiche dell’insegnante. Se si vuole lavorare, ad esempio, sull’atteggiamento degli alunni rispetto alle sfide da affrontare, è fondamentale creare un ambiente di apprendimento premiante rispetto a chi ci prova e non molla, cambia strategie di approccio, si fa aiutare, anche se fallisce più volte.

In questo modo si comunica, con i fatti, che saper svolgere un determinato esercizio in una disciplina è certamente importante, ma imparare a non arrendersi alle prime difficoltà e ad essere flessibili sul piano delle strategie, anche di fronte ai fallimenti, è ancora più importante e prelude a vantaggi ben più ampi in moltissimi altri ambiti della vita e nel futuro.

Sull’atteggiamento come concetto, v. https://www3.nd.edu/~rwilliam/xsoc530/attitudes.html#:~:text=Attitude%20%3D%20a%20favorable%20or%20unfavorable,something%20either%20favorably%20or%20unfavorably e https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8438998/

Il presente articolo fa parte della rubrica Scienze per la Scuola, curata da Giovanni Morello. Vedi anche gli altri articoli pubblicati:

Disturbi del sonno negli studenti anche a causa dell’uso dei dispositivi digitali: cosa può fare la scuola? – Scienze per la Scuola

Psicologo a scuola, perché in Italia è così difficile introdurre in modo strutturale questa figura? – Scienze per la Scuola

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