Non è vero che il Sud è assistito

Non è vero che il Sud è assistito

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Mezzogiorno, 6 dicembre 2022 – 07:58 di Marco D’Isanto La stretta sul Reddito di cittadinanza annunciata dal governo comporter un risparmio di spesa, secondo quanto dichiarato dal Mef, di 743 milioni di euro. In pratica dal 1 gennaio 2023 alle persone tra 18 e 59 anni abili al lavoro ma che non abbiano nel nucleo disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni d’et, riconosciuto il reddito nel limite massimo di 7/8 mensilit invece delle attuali 18 rinnovabili. di tutta evidenza che su una spesa totale di circa 8 miliardi l’anno il risparmio previsto non costituisce una cifra significativa. I dati diffusi dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, descrivono un quadro complesso che si allontana dalle semplificazioni che troppo spesso vengono proposte nel dibattito pubblico per ridurre la misura ad una forma di parassitismo di stato, che nel retropensiero di chi utilizza queste argomentazioni, attribuisce al solito Mezzogiorno. Spiega infatti Tridico che circa il 20% dei percettori gi lavorava, con guadagni minimi, fin dall’inizio della misura e non ha smesso di farlo, anzi ha aumentato la propria offerta sul mercato. Un dato sufficiente a rilevare che il reddito non incentiva a stare sul divano. E – aggiunge – i dati mostrano che il programma del reddito di cittadinanza non statico, anzi ha una mobilit molto sostenuta, con un tasso di sostituzione di circa il 50%: dall’inizio sono entrate 5 milioni di persone e ne sono uscite la met. Le permanenze sono soprattutto di chi ha maggiore distanza dal mercato del lavoro: minori, anziani, disabili e soggetti che non presentano rapporti di lavoro negli ultimi anni o che non ne hanno mai avuti. Guardando sempre i dati si scopre che con la ripresa dell’economia a ottobre i percettori sono scesi a circa 2,45 milioni di persone, corrispondenti a 1,16 milioni di nuclei familiari e sono circa 350 mila nel triennio coloro che hanno stipulato un contratto di lavoro. Dati questi che demoliscono la narrazione del percettore tipico come uno sdraiato a spese dello Stato. Si tratta in realt di una misura a sostegno della povert, che ha consentito ad una platea di circa 5 milioni di persone, di avere un piccolo aiuto per emergere da una condizione di disperazione sociale. Andrebbe infatti sempre ricordato che l’assegno medio percepito di 550 euro e che i due terzi viene dato a persone che non possono lavorare (anziani, disabili, minori), o non hanno mai lavorato. Una delle argomentazioni che viene pi frequentemente utilizzata per ribadire la necessit di ridurre questa agevolazione che, ai giovani in particolare, dovrebbe essere garantito non un sussidio ma una vera occupazione. Tesi questa largamente condivisibile, peccato per che rischia di essere vuota retorica. Negli ultimi 45 anni infatti il tasso di occupazione nelle regioni del Mezzogiorno passato da circa il 50% al 44,3% del 2020. Ci significa che il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno e nelle isole aumentato con punte che sfiorano il 36% nella fascia d’et dai 15 ai 29 anni. I disoccupati di lunga durata nel Mezzogiorno rappresentano il 10,3% rispetto all’1.2 della Germania, il dato pi allarmante dell’intera Europa. In economia quelle che contano sono le tendenze, e dunque parlare di occupazione nel Sud senza nessuno straccio di programma in questa direzione significa semplicemente condannare alla povert assoluta coloro che vivono in condizione di estrema fragilit in quest’area del paese. O forse per occupazione si intende la migrazione forzata dei giovani meridionali verso i lavori stagionali spesso sottopagati? Sul racconto di un Sud assistito bisognerebbe inoltre fare ulteriore chiarezza. Anche qui basta analizzare alcuni dati. Secondo l’Istat la spesa dei Comuni per i servizi sociali in Italia per abitante pari a 124 euro (120 nel 2017) con differenze territoriali molto ampie: al Sud di 58 euro, meno della met del resto del Paese e circa un terzo di quella del Nord est (177 euro). Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, e gli altri sindaci del Mezzogiorno ne sanno qualcosa. Il valore medio dei servizi sociali della provincia autonoma di Trento, equivale a circa 11,2 volte le prestazioni offerte dalla Calabria. Nel rapporto Svimez del 2019 si analizzava che la spesa sanitaria nel Mezzogiorno era inferiore del 25% rispetto a quella del centro nord. Tra il 2008 e il 2018, la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si pi che dimezzata ed passata da 21 a poco pi di 10 miliardi. Ed ancora: il 70% degli aiuti concessi nella fase pandemica, parliamo di alcune decine di miliardi di euro, sono finiti per assistere le imprese e i cittadini del Nord. Se si analizzassero con cura tutte le agevolazioni fiscali concesse negli ultimi 20 anni si scoprirebbe che in termini di finanza pubblica chi ne ha giovato in modo prevalente sono le aree del centro nord. Basti pensare al solo intervento di esonero contributivo triennale previsto al governo Renzi e costato circa 17 miliardi di cui il 75% destinato alle imprese del centro nord. Nel biennio 2020-2022 i bonus e le agevolazioni fiscali sono costate 113 miliardi alle casse dello stato. Altro che reddito di cittadinanza, bisognerebbe iniziare a parlare di un paese assistito solo a met con un’altra met lasciata a deperire: la met assistita non per il Mezzogiorno. 6 dicembre 2022 | 07:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-12-06 06:59:00, Mezzogiorno, 6 dicembre 2022 – 07:58 di Marco D’Isanto La stretta sul Reddito di cittadinanza annunciata dal governo comporter un risparmio di spesa, secondo quanto dichiarato dal Mef, di 743 milioni di euro. In pratica dal 1 gennaio 2023 alle persone tra 18 e 59 anni abili al lavoro ma che non abbiano nel nucleo disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni d’et, riconosciuto il reddito nel limite massimo di 7/8 mensilit invece delle attuali 18 rinnovabili. di tutta evidenza che su una spesa totale di circa 8 miliardi l’anno il risparmio previsto non costituisce una cifra significativa. I dati diffusi dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, descrivono un quadro complesso che si allontana dalle semplificazioni che troppo spesso vengono proposte nel dibattito pubblico per ridurre la misura ad una forma di parassitismo di stato, che nel retropensiero di chi utilizza queste argomentazioni, attribuisce al solito Mezzogiorno. Spiega infatti Tridico che circa il 20% dei percettori gi lavorava, con guadagni minimi, fin dall’inizio della misura e non ha smesso di farlo, anzi ha aumentato la propria offerta sul mercato. Un dato sufficiente a rilevare che il reddito non incentiva a stare sul divano. E – aggiunge – i dati mostrano che il programma del reddito di cittadinanza non statico, anzi ha una mobilit molto sostenuta, con un tasso di sostituzione di circa il 50%: dall’inizio sono entrate 5 milioni di persone e ne sono uscite la met. Le permanenze sono soprattutto di chi ha maggiore distanza dal mercato del lavoro: minori, anziani, disabili e soggetti che non presentano rapporti di lavoro negli ultimi anni o che non ne hanno mai avuti. Guardando sempre i dati si scopre che con la ripresa dell’economia a ottobre i percettori sono scesi a circa 2,45 milioni di persone, corrispondenti a 1,16 milioni di nuclei familiari e sono circa 350 mila nel triennio coloro che hanno stipulato un contratto di lavoro. Dati questi che demoliscono la narrazione del percettore tipico come uno sdraiato a spese dello Stato. Si tratta in realt di una misura a sostegno della povert, che ha consentito ad una platea di circa 5 milioni di persone, di avere un piccolo aiuto per emergere da una condizione di disperazione sociale. Andrebbe infatti sempre ricordato che l’assegno medio percepito di 550 euro e che i due terzi viene dato a persone che non possono lavorare (anziani, disabili, minori), o non hanno mai lavorato. Una delle argomentazioni che viene pi frequentemente utilizzata per ribadire la necessit di ridurre questa agevolazione che, ai giovani in particolare, dovrebbe essere garantito non un sussidio ma una vera occupazione. Tesi questa largamente condivisibile, peccato per che rischia di essere vuota retorica. Negli ultimi 45 anni infatti il tasso di occupazione nelle regioni del Mezzogiorno passato da circa il 50% al 44,3% del 2020. Ci significa che il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno e nelle isole aumentato con punte che sfiorano il 36% nella fascia d’et dai 15 ai 29 anni. I disoccupati di lunga durata nel Mezzogiorno rappresentano il 10,3% rispetto all’1.2 della Germania, il dato pi allarmante dell’intera Europa. In economia quelle che contano sono le tendenze, e dunque parlare di occupazione nel Sud senza nessuno straccio di programma in questa direzione significa semplicemente condannare alla povert assoluta coloro che vivono in condizione di estrema fragilit in quest’area del paese. O forse per occupazione si intende la migrazione forzata dei giovani meridionali verso i lavori stagionali spesso sottopagati? Sul racconto di un Sud assistito bisognerebbe inoltre fare ulteriore chiarezza. Anche qui basta analizzare alcuni dati. Secondo l’Istat la spesa dei Comuni per i servizi sociali in Italia per abitante pari a 124 euro (120 nel 2017) con differenze territoriali molto ampie: al Sud di 58 euro, meno della met del resto del Paese e circa un terzo di quella del Nord est (177 euro). Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, e gli altri sindaci del Mezzogiorno ne sanno qualcosa. Il valore medio dei servizi sociali della provincia autonoma di Trento, equivale a circa 11,2 volte le prestazioni offerte dalla Calabria. Nel rapporto Svimez del 2019 si analizzava che la spesa sanitaria nel Mezzogiorno era inferiore del 25% rispetto a quella del centro nord. Tra il 2008 e il 2018, la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si pi che dimezzata ed passata da 21 a poco pi di 10 miliardi. Ed ancora: il 70% degli aiuti concessi nella fase pandemica, parliamo di alcune decine di miliardi di euro, sono finiti per assistere le imprese e i cittadini del Nord. Se si analizzassero con cura tutte le agevolazioni fiscali concesse negli ultimi 20 anni si scoprirebbe che in termini di finanza pubblica chi ne ha giovato in modo prevalente sono le aree del centro nord. Basti pensare al solo intervento di esonero contributivo triennale previsto al governo Renzi e costato circa 17 miliardi di cui il 75% destinato alle imprese del centro nord. Nel biennio 2020-2022 i bonus e le agevolazioni fiscali sono costate 113 miliardi alle casse dello stato. Altro che reddito di cittadinanza, bisognerebbe iniziare a parlare di un paese assistito solo a met con un’altra met lasciata a deperire: la met assistita non per il Mezzogiorno. 6 dicembre 2022 | 07:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,

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