In Norvegia una base per imprigionare C02 sotto i mari: il conto? Pagano le multinazionali dell’energia fossile

In Norvegia una base per imprigionare C02 sotto i mari: il conto? Pagano le multinazionali dell’energia fossile

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CLIMATE CHANGE

di Stefano Montefiori05 nov 2022

In Norvegia una base per imprigionare C02 sotto i mari: il conto? Pagano le multinazionali dell'energia fossile Un rendering al computer del terminal di Northern Lights, la base in Norvegia che potrà imprigionare milioni di tonnellate di CO2 trasportata via nave da tutta Europa

Dal nostro corrispondente

PARIGI – Accanto ai fiordi di Bergen, sulla costa sud-occidentale della Norvegia, stanno entrando nel vivo i lavori per costruire il grande terminal destinato ad accogliere navi cariche di C02 liquida. Si tratta del progetto Northern Lights, con il quale tre colossi dell’energia — la francese TotalEnergies, l’anglo-olandese Shell e la norvegese Equinor — puntano a diminuire l’inquinamento e il riscaldamento climatico catturando e poi depositando in luoghi sicuri l’anidride carbonica emessa durante i processi produttivi.

«La stoccheremo in pozzi a 2500 metri sotto la superficie del mare» spiega Cristel Lambton, ingegnera francese che dirigi i lavori del progetto Northern Lights nei fiordi vicino a Bergen. Sta costruendo un terminal per accogliere navi da tutta Europa, cariche di Co2 allo stato liquido catturata nell’atmosfera o nelle ciminiere delle fabbriche

L’idea di ripulire l’aria dalle emissioni è controversa: il rischio è che invece di cambiare modello produttivo, quindi invece di inquinare meno, si punti a ripulire l’aria quando ormai il danno è fatto, con costi altissimi ed efficienza scarsa. A finanziare il progetto Northern Lights in Norvegia sono grandi multinazionali dell’energia che usano ancora fonti fossili e sono responsabili di forti emissioni; quindi, molti ambientalisti avanzano il sospetto che si tratti di greenwashing, ovvero di un modo per continuare a inquinare sotto una patina di apparente preoccupazione ecologica.

In Norvegia una base per imprigionare C02 sotto i mari: il conto? Pagano le multinazionali dell’energia fossile

Ma a parte la diffidenza che ispirano gruppi petroliferi come TotalEnergies, Shell o Equinor, la tecnica CCS (Carbon Capture and Storage) comincia a essere considerata promettente, tanto che nel loro ultimo rapporto gli scienziati del GIEC (Gruppo di esperti intergovernativi sull’evoluzione del clima) giudicano lo stoccaggio di CO2 essenziale nella lotta al riscaldamento climatico, a patto di accompagnarlo all’obiettivo principale che è quello di ridurre le emissioni.

La Co2 liquida – in tutto simile all’acqua – verrà messa in tubi collegati a enormi depositi scavati sul fondo del Mare del Nord, a 100 chilometri dalla costa. E’ una delle soluzioni incoraggiate dal Giec, e Northern Lights è il cantiere più avanzato al mondo

Il cantiere di Bergen è una goccia nel mare, perché la tecnica è ancora agli stadi iniziali, molto costosa, e la quantità di CO2 nell’atmosfera gigantesca. Ma, appunto, è un inizio. E i progressi tecnologici potrebbero un giorno rendere questa attività più determinante di quanto non lo sia adesso. La direttrice tecnica dei lavori è una francese, Christel Lambtone: «A Bergen arriveranno navi che dovranno scaricare la CO2 liquefatta, che ha lo stesso aspetto dell’acqua, trasparente e inodore – ha detto al servizio pubblico francese France Info -. La CO2 verrà quindi messa in tubi posati sul fondo marino, fino a 100 chilometri dalla costa, e poi stoccata in pozzi a 2500 metri sotto la superficie del mare». (continua a leggere dopo i link e la foto)

Tecnici davanti ai giganteschi serbatoi di «Northern Lights» da dove la CO2 stivata verrà pompata ai depositi 2500 metri sotto il livello del mare Tecnici davanti ai giganteschi serbatoi di «Northern Lights» da dove la CO2 stivata verrà pompata ai depositi 2500 metri sotto il livello del mare

Dall’industria dei fertilizzanti 800 mila ton l’anno

Un primo contratto è stato firmato con l’azienda olandese produttrice di fertilizzanti Yara, che prevede di inviare nel terminal di Bergen circa 800 mila tonnellate di C02 l’anno. La prima operazione è prevista nel 2024 e l’obiettivo, a regime, è di riuscire a immagazzinare fino a sette milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno.

Northern Lights dovrebbe funzionare come un progetto pilota europeo per un settore che ha già una trentina di impianti operativi nel mondo ed è in crescita. Secondo lo studio norvegese Rystad Energy il mercato della cattura di C02 dovrebbe quadruplicare entro il 2025 arrivando a investimenti per 50 miliardi di dollari, capaci allora di stoccare 150 milioni di tonnellate. Per avere un’idea della dimensione del problema, nel 2019 sono state emessi 38 miliardi di tonnellate di C02.

L'inizio dei lavori per «Northern Lights» nel 2019, nei pressi di Bergen, Norvegia L’inizio dei lavori per «Northern Lights» nel 2019, nei pressi di Bergen, Norvegia

Meglio catturarla subito negli stabilimenti

La sfida quindi è gigantesca, ma le ricerche continuano. L’anidride carbonica può essere catturata in due modi. La soluzione più efficiente è quella di intervenire durante il processo industriale – in particolare negli stabilimenti siderurgici o chimici – nella fase che precede l’emissione nell’atmosfera, isolando la C02 grazie a solventi. Il secondo modo è la cattura dell’anidride carbonica quando si trova già nell’atmosfera grazie ad aspiratori giganteschi come quello di Orca in Islanda. Alla fine del 2023 è prevista l’entrata in funzione di un’altra struttura per la cattura dell’anidride carbonica nell’atmosfera nello stato americano del Wyoming, che produce la metà del carbone ancora bruciato nelle centrali elettriche di tutti gli Stati Uniti.

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, 2022-11-06 15:02:00, «La stoccheremo in pozzi a 2500 metri sotto la superficie» spiega Cristel Lambton, ingegnera francese che dirigi i lavori del progetto Northern Lights nei fiordi vicino a Bergen. Sta costruendo un terminal per accogliere le navi da tutta Europa, cariche di Co2 allo stato liquido catturata nell’atmosfera o dalle ciminiere nelle fabbriche , Stefano Montefiori

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