Novembre, tempo (forse) di inclusione scolastica

Novembre, tempo (forse) di inclusione scolastica

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Inclusione scolastica: ogni anno a scuola vediamo ripetersi determinate situazioni con la stessa cadenza. Come una filastrocca.

Settembre, per esempio, è il mese della speranza (“speriamo che mio figlio abbia la stessa insegnante di sostegno dell’anno scorso, o che almeno non sia lasciato solo”) . Ottobre quello della rabbia ( “siamo a metà ottobre e mio figlio è ancora senza docente di sostegno”).

Novembre si caratterizza per essere il mese dell’inizio delle attività per l’inclusione e, diciamolo, pure della speranza (in fondo con solo due mesi di ritardo, non male…). A novembre iniziano infatti a “tapparsi i buchi” lasciati dalla penuria di docenti dell’organico di fatto, spesso grazie a docenti senza specializzazione e, in molti casi, alle primissime esperienze.

E così a novembre, entrando nelle scuole, si assiste a docenti laureati in filosofia pronti ad occuparsi di studenti con autismo, a brillanti musicisti vengono invece affidati alunni con disabilità intellettiva e a futuri avvocati vengono assegnate classi con alunni con sindrome di Down (gli accostamenti sono solo a titolo esemplificativo, ovviamente).

Se da un lato le famiglie iniziano a tranquillizzarsi (“finalmente con Marco c’è qualcuno”), dall’altro a breve iniziano a rendersi conto che la soluzione rischia di essere peggiore del problema.

Infatti, soprattutto se con poca esperienza, a questi docenti vengono fatte richieste a prima vista incomprensibili (nell’ordine sparso):

  • Puoi andare a lavorare con il tuo alunno nell’auletta di sostegno (“Il mio alunno? Auletta di sostegno?”).
  • Iniziare a lavorare al PEI (faccia del povero docente interdetta).
  • Far firmare il PEI ai colleghi, che oggi abbiamo il GLH (ricerca veloce su Google: GLH e PEI).
  • Quando sei disponibile per il GLI (cerca su Google GLI, con evidente rischio che esca l’articolo determinativo).
  • Varie ed eventuali.

I docenti curricolari a questo punto si trovano davanti una scelta, a volte inconsapevole. Da un lato tirare un sospiro di sollievo e tirare dritti con la delega più o meno totale, dall’altra ricordarsi che l’inclusione scolastica è un’azione strutturale che coinvolge tutti, dal personale ATA alla Dirigente scolastica, passando per docenti curricolari, segreteria e amministrazione e, di conseguenza, impegnarsi per aiutare il povero collega precario, e il “suo” alunno ad essere pienamente accolto.

Come fare, concretamente?

Proviamo a capirlo insieme, sottolineando alcune semplici azioni che possono promuovere la dimensione inclusiva dall’inizio:

  • prevedere un tutoraggio mirato e specifico: ogni nuovo docente di sostegno sarà affiancato da un docente di ruolo con esperienza.
  • Condividere le principali linee guida relative alle politiche, alle culture e alle pratiche inclusive.
  • Prevedere all’interno dei consigli di classe, un tempo da dedicare alla stesura collegiale dei PEI.
  • Organizzare i GLH di pomeriggio, quando tutti i docenti possono parteciparvi.
  • Prevedere dei momenti in cui il docente di classe possa occuparsi del “suo” alunno con disabilità, mentre il collega di sostegno dell’intera classe.

Queste semplici azioni, presenti in molte scuole, aiutano gli studenti ad avere una visione di sistema dell’inclusione e a sentirsi protagonisti di questo delicato processo, e i docenti a sostituire il processo di delega con una presa in carico globale di tutti gli studenti.

Obiettivo di queste azioni? Evitare che dicembre diventi il mese della rassegnazione e che la scuola, nonostante le mille difficoltà, continui ad essere un’agenzia educativa virtuosa e accogliente o, almeno, in grado di promuovere momenti di benessere per tutti gli alunni, soprattutto per i più fragili.

, , Pubblicato da Redazione Tuttoscuola
Inclusione scolastica: ogni anno a scuola vediamo ripetersi determinate situazioni con la stessa cadenza. Come una filastrocca. Settembre, per esempio, è il mese della speranza (“speriamo che mio figlio abbia la stessa insegnante di sostegno dell’anno scorso, o che almeno non sia lasciato solo”) . Ottobre quello della rabbia ( “siamo a metà ottobre e […]
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