Nuovi assunti, non ci sono rischi

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Un allarme è scattato a seguito dei rilievi sollevati dal Consiglio di stato alla Consulta

DI MARCO NOBILIO

Docenti neo immessi in ruolo dalla graduatoria del concorso riservato ancora in ansia. Il Consiglio di stato ha sollevato dubbi circa la legittimità dell’esclusione dei docenti non abilitati e ha chiesto alla Corte costituzionale di cancellare le norme che lo prevedono. E per questo motivo gli insegnanti che hanno vinto il concorso riservato, e sono stati immessi in ruolo, temono di essere licenziati per fare posto agli esclusi, se la Consulta dovesse accogliere il ricorso.

Negli ultimi giorni l’allarme è cresciuto in tutta Italia, ma i timori in punta di diritto, e di giurisprudenza, sono ingiustificati. Perché se la Corte costituzionale dovesse dare ragione al Consiglio di stato, le immissioni in ruolo già effettate non verrebbero revocate. Partiamo dal principio. Il 3 settembre scorso il Consiglio di stato ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sul comma 2 lettera b) e del comma 3 dell’art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, nella parte in cui non consentono la partecipazione al concorso per l’accesso ai ruoli dei docenti della scuola secondaria, riservato agli abilitati, a coloro i quali abbiano conseguito il dottorato di ricerca in materia coerente con la classe di concorso per la quale abbiano interesse a concorrere.

I giudici di palazzo Spada hanno argomentato la pronuncia facendo presente che quello di dottore di ricerca è il massimo titolo accademico previsto dall’ordinamento. Tant’è che da diritto ad accedere alla docenza universitaria. Quindi non si spiega per quale motivo non debba essere considerato valido anche per insegnare nelle scuole secondarie. Il Consiglio di stato ha posto dubbi anche sulla legittimità costituzionale, sempre del comma 2 lettera b) e del comma 3 dell’art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59, perché non consentono l’accesso al concorso riservato anche i docenti in possesso di laurea o comunque di un titolo di studio terminale (per esempio il diploma di conservatorio o accademia). Citando la giurisprudenza della Corte costituzionale i giudici amministrativi hanno addotto a sostegno della loro tesi il fatto che il merito debba costituire il criterio ispiratore della disciplina del reclutamento del personale docente, così come stabilito dalla Consulta con la sentenza 9 febbraio 2011 n.41.

E in più, facendo riferimento ad un’altra sentenza del giudice delle leggi (6 dicembre 2017 n. 251), hanno argomentato che una disposizione la quale impedisca di realizzare la più ampia partecipazione possibile al concorso, in condizioni di effettiva parità, contraddica tale criterio. Da ciò deriverebbe l’illegittimità costituzionale della normativa in questione, perché prevede una procedura di reclutamento ristretta, la quale limiterebbe in modo irragionevole la possibilità di accesso dall’esterno. Fin qui l’antefatto. Gli esiti del responso della Consulta potrebbero essere essenzialmente 3. Il primo, quello più probabile, è che la Corte costituzionale dichiari infondata la questione di legittimità costituzionale.

Nel nostro ordinamento, infatti, la prassi dei cosiddetti concorsi riservati è ormai consolidata. E la Corte costituzionale è costante nel ritenere che essa sia da considerarsi legittima, se non prevede la copertura di più del 50% dei posti messi a concorso. E siccome i posti desinati a questa procedura concorsuale non superano tale percentuale, già questo dovrebbe bastare a ritenere che il tutto sia legittimo.

Un altro elemento che potrebbe indurre la Consulta a rigettare il ricorso è il fatto che il percorso di studi che porta al conseguimento del dottorato non comprende la necessaria specializzazione in materia didattica, il cui possesso viene invece accertato all’esito del conseguimento dell’abilitazione.

Analoga considerazione vale per i laureati che, rispetto agli abilitati, non risultano in possesso di tali competenze. In più bisogna anche considerare che l’articolo 97 della Costituzione consente al legislatore di disporre le assunzioni nel pubblico impiego o per legge o per concorso. E il governo ha scelto la via del concorso proprio in osservanza del principio del merito. Fatto questo che milita in favore delle tesi della legittimità delle norme poste al vaglio della Consulta. In passato, peraltro, il legislatore ha disposto più volte sanatorie ope legis senza prevedere alcun concorso.

Fonte dell’articolo: Italia Oggi



Pietro Guerra

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