Obbligo di interprete in classe, studentessa con disprassia verbale vince ricorso al Tar. Adesso la scuola deve garantire il diritto

Obbligo di interprete in classe, studentessa con disprassia verbale vince ricorso al Tar. Adesso la scuola deve garantire il diritto

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Una studentessa di 15 anni di Treviso colpita da disprassia verbale ha vinto il suo ricorso al Tar del Veneto per avere diritto a un interprete della lingua dei segni in classe.

La malattia in questione è una forma di mutismo che rende complicato comunicare con le persone senza l’aiuto di un esperto. Così la famiglia, visto che fino ad allora la ragazza veniva considerata una disabile e per tanto seguita per anni da docenti di sostegno solo per alcune ore la settimana, ha deciso di procedere per vie legali. Come ha affermato la madre al Corriere del Veneto: “Mia figlia è molto intelligente ma la scuola si è dimostrata un ambiente complicato per lei, che veniva vista come una disabile e non come una ragazza con il desiderio, le capacità, ma soprattutto il diritto di apprendere. Questo non è stato possibile: fin dalle elementari le venivano assegnati insegnanti di sostegno ma solo per alcune ore la settimana e spesso non conoscevano neppure la lingua dei segni. Pur di consentirle di apprendere e comunicare, siamo arrivati a fornire noi stessi gli operatori alla scuola, pagandoli di tasca nostra”.

E aggiunge: “Speriamo che la sentenza trovi piena applicazione all’istituto alberghiero che frequenterà da settembre. Mia figlia sogna di aprire un locale accessibile a tutti, anche a chi soffre di disabilità, ma il suo futuro passa attraverso il riconoscimento del diritto allo studio. È la nostra battaglia, mia e di mio marito. Ma è anche quella di tanti genitori che devono fare i conti con un sistema-scuola che troppo spesso vede nella disabilità un ostacolo insormontabile”.

La situazione a scuola

Dopo la sentenza, tuttavia, la scuola non si è adeguata del tutto alla decisione per mancanza di fondi. In un primo momento è stato annullato il piano educativo, poi è venuto a mancare il coordinamento tra docente di sostegno, insegnanti e l’operatore messo a disposizione della famiglia. Al Tar è stata consegnata una relazione nella quale la scuola “ha sostanzialmente confermato che dal punto di vista pratico si è rivelato difficile assicurare la copertura delle ore”.

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