Nel 2022, quasi 45mila madri lavoratrici in Italia hanno scelto di dimettersi per difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia. Questa decisione riflette una problematica più ampia, evidenziata dai dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro e da Confcommercio.
Il 63,6% delle dimissioni femminili è motivato dalla difficoltà di bilanciare carriera e responsabilità familiari, un problema che interessa solo il 7,1% degli uomini. Mentre gli uomini lasciano il lavoro per opportunità migliori, le donne si dimettono spesso per necessità familiari.
L’Italia registra un tasso di partecipazione femminile al lavoro del 48,2%, ben al di sotto della media europea del 59,5%. Al Sud, la situazione è ancora più critica, con una partecipazione femminile del 35,5%. Secondo Svimez, il tasso di occupazione delle donne con figli è significativamente inferiore rispetto a quelle senza.
La maternità è un fattore chiave nelle dimissioni femminili, soprattutto per chi ha figli piccoli. Il 79,4% delle donne che si dimettono sono tra i 29 e i 44 anni, indicando come la maternità influenzi maggiormente la carriera delle donne in età lavorativa.
La relazione dell’Ispettorato evidenzia un “sbilanciamento di genere” e la percezione della cura come compito prevalentemente femminile. Il 76% delle dimissioni femminili per motivi familiari è dovuto all’assenza di supporto da parte dei parenti, evidenziando il ruolo dei nonni come principale welfare familiare.
Le dimissioni femminili sono prevalentemente tra operaie e impiegate, riflettendo una “diversa allocazione gerarchica” tra uomini e donne, con queste ultime meno presenti in posizioni decisionali.
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