Omicron 5, tanti casi sintomatici anche nei vaccinati: perché accade?

Omicron 5, tanti casi sintomatici anche nei vaccinati: perché accade?

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di Laura Cuppini

Galli: sembra di poter dire che con le nuove varianti ci sia un aumento di sintomatologia di una certa portata. Un motivo è che, aumentando il numero di contagi, è più probabile che emergano casi sintomatici

Con oltre 730mila positivi (più tutti quelli non registrati) e le reinfezioni salite all’8,4% del totale dei contagi (con rischio maggiore per i non vaccinati, donne e fasce di età più giovani), è evidente che le nuove sottovarianti di Omicron, BA.4 e soprattutto BA.5 (al 34% in Italia), stanno guidando una sostenuta circolazione del virus. In Italia il 90% degli over 12 ha completato il ciclo vaccinale e un altro 5% è guarito da massimo 6 mesi (secondo le stime del Ministero della Salute). Il livello di immunità diffusa è elevato, ma nonostante questo i casi continuano ad aumentare. E in molti di casi l’infezione si manifesta con sintomi anche in chi è già vaccinato o guarito. Come si può spiegare?

«I fattori in gioco sono diversi, ma è chiaro che il virus per l’ennesima volta ha “indovinato” la mutazione che gli permette di proseguire la sua corsa — ragiona Massimo Galli, professore ordinario di Malattie infettive all’Università degli Studi di Milano —. Le virgolette sono d’obbligo perché la nascita di nuove varianti o sottovarianti è casuale. Sappiamo che Sars-CoV-2, essendo relativamente grande, non muta tantissimo: lo fa quanto basta per produrre ceppi che riescono a essere più performanti dal punto di vista della trasmissibilità. Non possiamo escludere che dopo BA.5 arrivino altre varianti ancor più diffusive. Auspichiamo che man mano il virus perda in virulenza, ma anche su questo non abbiamo una certezza assoluta».

Professore, perché ci sono tanti sintomatici tra i vaccinati/guariti?

«In assenza di dati scientifici, possiamo basarci sulle “sensazioni”, anche cliniche. Premesso che la stragrande maggioranza delle persone che si infettano non danno comunicazione di sé alla sorveglianza ufficiale, ma comunicano la propria condizione a parenti e amici, sembra di poter dire che con le sottovarianti di Omicron 4 e 5 ci sia un aumento di sintomatologia, non grave ma comunque di una certa portata. Un motivo è senza dubbio che, aumentando il numero di contagi, è più probabile statisticamente che emergano casi sintomatici. Ricordiamo comunque che il virus che circola oggi ha una patogenicità che non è minimamente paragonabile a quella delle prime ondate, quando in Italia abbiamo toccato i mille morti al giorno».

I sintomi sono cambiati con le diverse varianti?

«In oltre due anni è stato possibile valutare gli effetti dei vari cappi dal punto di vista quantitativo, il livello di patogenicità appunto, mentre misurare l’apetto qualitativo dei sintomi è molto più difficile e su questo non abbiamo dati scientifici. La sensazione è che c’è stata una fase in cui si sono ridotte le segnalazione di perdita di olfatto e gusto, che ora stanno tornando. In altre fasi sono sembrati predominanti i dolori intensi, muscolari e lombari. Quello che stiamo vedendo adesso è un discreto impegno delle vie respiratorie, pur senza arrivare alla polmonite da Covid che abbiamo purtroppo imparato a conoscere».

C’è il rischio che i ricoveri e i decessi tornino ad aumentare?

«Per ora, a fronte di una crescita dei contagi, le ospedalizzazioni sono salite, ma non vertiginosamente. Con un virus che infetta tantissime persone (ha un R0 di 15, ovvero un soggetto ne infetta altri 15) aumenta ovviamente il numero delle persone sintomatiche e qualcuna percentualmente finisce in ospedale. I vaccini comunque continuano a proteggerci dalla malattia grave, nonostante un calo fisiologico della protezione: è importantissimo completare quindi il ciclo vaccinale con la terza dose, la quarta per over 80 e immunodepressi».

Cosa accadrà nei prossimi mesi?

«A luglio ci sarà probabilmente il picco di Omicron 5. Purtroppo la stagione calda non è di grande aiuto con una variante così altamente diffusiva. Gli elementi a nostro favore sono la chiusura delle scuole e il minor numero di occasioni di affollamento in luoghi chiusi. In autunno, se ci va bene, avremo la coda di Omicron 5. Ma può anche succedere che emergano nuove varianti».

Dopo l’estate servirà la quarta dose per tutti?

«Con i vaccini attuali potrebbe non essere particolarmente utile, ma se arriveranno vaccini specifici contro le nuove varianti (come annunciato da alcune aziende produttrici) l’ipotesi potrebbe assumere significato. Più che di quarta dose parlerei in questo caso di vaccinazione annuale con un prodotto sempre aggiornato, come avviene già per l’influenza. Parlando di vaccini, penso che sia giunto il momento di fare chiarezza su alcune particolari. Faccio un esempio: un infermiere ha avuto l’infezione da Sars-CoV-2, quindi ha ricevuto due dosi di vaccino e in seguito ha ripreso Covid. Oragli viene chiesto di fare la terza dose di vaccino, pensa la sospensione dal lavoro. Ecco, penso che in casi come questo un esame della risposta anticorpale potrebbe essere utile per decidere se sia davvero necessaria un’ulteriore dose di vaccino, soprattutto se la persona, come in questo caso, soffre anche di una malattia autoimmune seppure in remissione».

27 giugno 2022 (modifica il 27 giugno 2022 | 14:23)

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, 2022-06-27 12:24:00, Galli: sembra di poter dire che con le nuove varianti ci sia un aumento di sintomatologia di una certa portata. Un motivo è che, aumentando il numero di contagi, è più probabile che emergano casi sintomatici, Laura Cuppini

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