di Roberto Saviano
Nella foto è ritratto Osman Kavala, “colpevole” agli occhi di Erdogan di aver dato sostegno a iniziative che sensibilizzassero la società civile all’urgenza di interessarsi alle minoranze. Kavala, in carcere preventivo dal 2017, è stato condannato all’ergastolo
Ho come l’impressione che oggi sentir parlare della necessità di istituzioni nate dopo la Seconda Guerra mondiale sia per alcuni un discorso senza importanza, privo di significato. E questo è sostanzialmente il motivo per il quale alcuni leader possono permettersi di violare in maniera potente le regole democratiche senza farsi remore, senza nulla temere. Erdogan viene considerato un leader autoritario, ma l’Europa ha affidato per anni alla Turchia (leggi: ha finanziato) la gestione delle sue frontiere orientali, per dirne una. Come sia possibile appaltare la gestione dell’immigrazione a un Paese dove lo Stato di diritto viene costantemente violato, me lo sono chiesto migliaia di volte. Ragion di Stato? Di quale Stato? A chi giova finanziare un Paese antidemocratico? Anche perché, diciamo le cose come stanno, se a denunciare sono solo alcuni giornalisti, qualche scrittore e pochi attivisti, questi verranno sempre considerati estremisti, esagerati.
CON I SUOI MEZZI POTEVA VIVERE UN’ESISTENZA COMODA. HA SACRIFICATO TUTTO ALLA LOTTA PER I DIRITTI
Il problema di Paesi come la Turchia, come la Russia, è la nostra scarsa attenzione, la nostra mancanza di consapevolezza. Da qui quel senso di impunità che accompagna l’azione politica del leader turco, che ha ben compreso come l’ostilità dell’Occidente democratico verso di lui sia solo di facciata. Esattamente come è accaduto con Putin. Non smetterò mai di ricordare che, nel 2006, l’unico politico italiano presente ai funerali di Anna Politkovskaja fu Marco Pannella. Nessun ministro in carica, nessun leader di partito pensò che fosse necessario essere presente a quei funerali. Nessuno, oltre Marco Pannella – che per opera della stessa mano aveva perso una persona a lui molto vicina (e immagino cara), il giornalista di Radio Radicale Antonio Russo – aveva compreso l’importanza di andare in Russia per manifestare la propria vicinanza alla memoria di una giornalista uccisa perché denunciava le atrocità dell’esercito russo in Cecenia, perché raccontava il potere di Putin esattamente per quello che era. Per la Turchia la storia si ripete.
Sono anni che denuncio, insieme con altri scrittori e giornalisti che parlano e scrivono quasi inascoltati, lo strapotere di Erdogan, il suo senso di impunità, le assurde condanne comminate, senza equi processi, a chiunque osi anche solo criticarlo. Ho raccontato dello scrittore e giornalista Ahmet Altan, degli anni trascorsi in carcere perché accusato di aver diffuso messaggi subliminali in televisione alla vigilia del fallito golpe del 2016; ho raccontato dei membri del gruppo musicale Grup Yorum, Ibrahim Gökçek, Helin Bölek e Mustafa Koçak morti in conseguenza dello sciopero della fame che avevano intrapreso per protestare contro il divieto di esibirsi perché considerati dei sobillatori. Ho raccontato del cestista dei Boston Celtics Enes Kanter, turco apolide, oppositore di Erdogan che ha denunciato molte volte le angherie subite dalla sua famiglia rimasta in Turchia. Ma non mi arrendo!
RICORDO PANNELLA UNICO NOSTRO POLITICO AI FUNERALI DI ANNA POLITKOVSKAJA: CHI NON INDIETREGGIA RESTA SOLO
Nella fotografia che ho scelto questa settimana è ritratto Osman Kavala, anche lui “colpevole” agli occhi di Erdogan di aver dato sostegno, per anni e con ogni mezzo, a iniziative che sensibilizzassero la società civile all’urgenza di interessarsi alle minoranze. Kavala è in carcere preventivo dal 2017, per un processo che lo accusa, senza prove, di aver tentato di rovesciare il governo. Lo scorso 25 aprile è stato condannato all’ergastolo senza possibilità di sconti di pena nonostante la Corte europea per i diritti umani avesse stabilito che la sua detenzione fosse «un abuso». La mia solidarietà a Osman Kavala che, con le risorse economiche di cui disponeva, avrebbe potuto vivere un’esistenza comoda e invece ha deciso di sacrificare tutto nella lotta per i diritti. «Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare» dice Don Abbondio al cardinale Federigo Borromeo, ma io non sono d’accordo, per nulla. Il coraggio non è una dote innata, il coraggio è una scelta. Spesso una scelta di cui si è chiamati a rispondere, e a pagare le conseguenze. In solitudine.
6 maggio 2022 (modifica il 6 maggio 2022 | 00:37)
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, 2022-05-05 22:39:00, Nella foto è ritratto Osman Kavala, “colpevole” agli occhi di Erdogan di aver dato sostegno a iniziative che sensibilizzassero la società civile all’urgenza di interessarsi alle minoranze. Kavala, in carcere preventivo dal 2017, è stato condannato all’ergastolo, Roberto Saviano