Ospedali e ville nel mirino russo, così Mykolaiv vive in prima linea

Ospedali e ville nel mirino russo, così Mykolaiv vive in prima linea

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di Lorenzo Cremonesi

Negozi chiusi e strutture mediche colpite, dentro la città chiave tra Odessa e Kherson: «I russi sparano a zero sugli ospedali e va denunciato al mondo intero»

DAL NOSTRO INVIATO

MYKOLAIV – «Crimini di guerra. Non esiste altra definizione possibile: i russi compiono di continuo crimini di guerra», ripetono all’ospedale colpito dai missili russi. E lo urla in particolare alla nostra Europa distratta dalle vacanze estive Alexander Demianov, il 52enne neurochirurgo che da cinque anni dirige il centro specializzato nella chirurgia d’urgenza. A lui siamo arrivati ieri verso le due del pomeriggio, dopo una mattinata intera trascorsa a visitare Mykolaiv, che dal 24 febbraio si è trovata in prima linea a cercare di fermare l’avanzata russa sulla direttiva Mariupol-Kherson-Odessa e adesso è diventata la città che funge da centro logistico della controffensiva ucraina volta a riconquistare il terreno perduto verso Kherson e minacciare la Crimea occupata.

La prima tappa della visita alle devastazioni si apre nel centro. Il missile ha scoperchiato il tetto ricoperto da lastre di metallo della lussuosa villa a due piani come fosse plastilina. Calcinacci e tronchi contorti delle piante rare sui balconi sono stati scaraventati a centinaia di metri di distanza. Vadim, il giovane guardiano, ci lascia osservare la camera da letto sventrata dall’esplosione dove lunedì scorso appena prima dell’alba è stato ucciso e ridotto a pezzi il facoltoso industriale e magnate del grano 74enne Oleksiy Vadatursky assieme alla moglie Raissa. «Dormivano. I russi volevano ucciderli perché lui ha sempre finanziato chi li combatte. Hanno calibrato con precisione il sistema di puntamento del missile S-300 e loro non hanno avuto scampo, sono passati in un decimo di secondo dal sonno alla morte», spiega Vadim cercando di ripulire alla bell’e meglio le aiuole. Lui mostra i crateri dei missili caduti nelle vicinanze tra le abitazioni. Questa notte dormirà nella guardiola. «È per la legge delle probabilità. Difficile che russi sparino dove hanno già colpito, qui adesso è il luogo più sicuro della zona urbana», dice.

Fuori dalla porta del giardino che immette su Sportivna, il vialone alberato fiancheggiante il parco del quartiere residenziale, staziona un’auto della polizia. «Ormai siamo abituati, i russi sparano di continuo, a volte a casaccio, altre con precisione e quasi sempre contro obbiettivi civili. Ma in genere preferiscono il buio, il periodo più pericoloso va dalla mezzanotte alle sei della mattina, sono quasi sempre S-300 che lasciano crateri immensi e i cui spostamenti d’aria investono specialmente i piani più alti. Andate a vedere come hanno ridotto l’ospedale e l’hotel Raikartz qui vicino, questa mattina sono caduti sei missili anche nella zona più periferica dove abito», dice Julia, la poliziotta 28enne che comanda la pattuglia.

Non ci vuole molto tempo a individuare le aree danneggiate in questa cittadona industriale di quasi mezzo milione di abitanti, che dal 24 febbraio sono diventati meno della metà. Il traffico appare praticamente azzerato, gran parte dei negozi e centri commerciali è chiuso con porte e finestre protette da spesse assi di compensato, i passanti camminano veloci. Il sindaco, Olexandr Sienkevych, denuncia 131 civili uccisi e quasi 600 feriti dall’inizio della guerra. Sono oltre 630 i palazzi distrutti o gravemente danneggiati, circa il 15 per cento della zona urbana. «Il 19 marzo è stato colpito il sistema idrico e da allora l’acqua dei rubinetti arriva a singhiozzo e non è potabile», dicono i suoi collaboratori.

A questo punto arriviamo all’ospedale. «Lunedì all’una e mezzo di notte i missili hanno colpito la traumatologia d’urgenza, assieme alla sala operatoria e ai laboratori. Per fortuna avevamo udito i primi scoppi molto vicini e in oltre 300 tra malati e personale ci siamo rifugiati nei sotterranei. Ma per le strutture non c’è stato nulla da fare. Adesso dovremo tenere chiuso l’ospedale per almeno due o tre settimane, è la prima volta dall’inizio della guerra che ci prendono direttamente di mira», dice dunque il dottor Demianov.

Sono parole che ricordano da vicino i racconti dei dottori e infermieri siriani nel 2012-15, quando l’aviazione russa assieme a quella di Bashar Assad faceva metodicamente scempio delle strutture mediche nelle zone controllate dalle popolazioni insorte. Lui ammette che il pronto soccorso ha curato anche soldati, compreso due o tre feriti russi.

Ma, aggiunge: «i soldati vengono operati e subito mandati nelle cliniche militari, qui ricoverati ci sono solo civili, i russi sparano a zero sugli ospedali e va denunciato al mondo intero». Gli fa eco poco distante Dmytry Ivanov, noto imprenditore locale e amico intimo del povero Vadatursky: «I russi mirano anche alle industrie. Vogliono metterci in ginocchio. Hanno assassinato Vadatursky perché dal 2014 era un simbolo della resistenza locale e dava lavoro a tanta gente».

3 agosto 2022 (modifica il 3 agosto 2022 | 22:57)

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, 2022-08-04 03:49:00, Negozi chiusi e strutture mediche colpite, dentro la città chiave tra Odessa e Kherson: «I russi sparano a zero sugli ospedali e va denunciato al mondo intero» , Lorenzo Cremonesi

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