di Roberto Gressi
La vittoria di Fratelli d’Italia e l’inversione di tendenza della Lega. La tenuta del Partito democratico e il brusco risveglio di Conte e del M5S: ma l’opposizione in difficolt
Vince Giorgia Meloni, pianta una bandierina Matteo Salvini, tiene con affanno Silvio Berlusconi, cade il Pd ma i suoi competitor dell’opposizione fanno ben peggio: i Cinque Stelle tornano in mezzo al guado, Carlo Calenda e Matteo Renzi rischiano di vedere ridimensionate le ambizioni della loro creatura.
Il successo di Meloni, ora c’ da gestire gli alleati
Che Giove tolga prima il senno a quelli che vuole perdere, Giorgia Meloni l’ha imparato alle elementari. Troppi ne ha visti accecati dal successo elettorale e poi travolti, per tuffarsi nello stesso destino. Pieno successo in Lombardia e nel Lazio, alleati messi in fila ma non umiliati, opposizioni non pervenute. I nuovi appuntamenti con le urne arriveranno soltanto tra un anno, soprattutto con le Europee. Adesso il tempo della campagna elettorale finito, arriva l’ora delle scelte e della responsabilit. Ben sapendo che l’affluenza ai minimi termini un problema per tutti, lei compresa. Il governo pi stabile, ma con gli alleati non baster fare il domatore, servir un salto di qualit, per evitare scivoloni come quello di Berlusconi sull’Ucraina. E ci vorr un passo felpato su Autonomia e presidenzialismo.
Premiati i toni pi bassi di Salvini, ma la strada lunga
La prova del salto del coniglio Matteo Salvini l’ha superata. Ha scelto per s la parte di James Dean, che in Giovent bruciata si getta dall’auto prima del burrone, e non l’altro se stesso, il guascone che precipita nel baratro. Ha tenuto a bada la sua natura e non andato a testa bassa contro Giorgia Meloni, risalendo robustamente la china in Lombardia, dove la Lega nata e dove tutto poteva finire. La scelta della concretezza sui cantieri da far partire e sull’Autonomia regionale, unita a toni pi bassi del solito, l’ha almeno in parte premiato. Certo, i tempi d’oro sono lontani, ma pare aver capito che la rimonta, se ci sar, non arriver con colpi d’ala e illusorie improvvisazioni. Per ora riuscito a rimettere in riga l’opposizione interna, che aspettava il passo falso e resta comunque in agguato.
Berlusconi resiste da solo sul ring, ma a destra fanalino di coda
Non sono andato gi! Non mi hai fatto andare gi, hai capito?. La frase che Martin Scorsese fa dire a Jake La Motta dopo l’incontro perso con Sugar Ray Robinson fotografa la situazione di Forza Italia. La tenuta c’, Silvio Berlusconi non andato al tappeto, anche se sempre lui, e troppo solitariamente lui, a salire sul quadrato. L’assalto del Terzo Polo in Lombardia stato respinto con perdite, nonostante che a guidare la nave corsara avversaria ci fosse un suo ex colonnello, Letizia Moratti. Ma il risultato gli consegna comunque il ruolo di fanalino di coda nell’alleanza di governo. E il tentativo di cavalcare i sondaggi che danno l’Italia stanca di guerra, sferrando un colpo basso all’Ucraina, non solo hanno messo in imbarazzo la premier, ma non hanno pagato.
Letta e gli aspiranti segretari: la sconfitta e tre segnali negativi
Panatta still. Adriano c’ ancora. La scritta apparsa sul display dello stadio del tennis dopo un’epica battaglia con Jimmy Connors gli restituiva almeno l’onore. Ma fu Connors a vincere. Il Pd difende una percentuale accettabile, soprattutto vede i Cinque Stelle e il Terzo Polo, che lo volevano morto, leccarsi le ferite. Ma la sconfitta c’ tutta. Lo costringe a consegnare il Lazio agli avversari, dopo averlo governato per dieci anni. E gli dice che la capacit di aggregare un’alleanza che possa competere con il centrodestra al momento perduta. E non un buon segno se l’astensione pi forte arriva dalle citt, Roma e Milano, dove i dem esprimono il sindaco. Per ora Stefano Bonaccini e Elly Schlein, anche giustamente, non vedono la disfatta come cosa loro. Ma tra undici giorni almeno uno dei due dovr farsene carico.
Il brusco risveglio di Conte e la debolezza del ritorno alle origini
come il protagonista de La 25 ora, che alla vigilia della condanna intraprende un onirico viaggio, prima del brusco risveglio. Giuseppe Conte aveva superato il guado del 25 settembre, sconfitto gli avversari interni e fatto sentire il fiato sul collo al Pd, con i sondaggi che lo davano vicino al sorpasso. Brutta prova ora sia in compagnia, in Lombardia, che da solo, nel Lazio, dove pure aveva scelto una candidata glamour. Certo, si trattava di un voto amministrativo, ma pur sempre di elettori si parla, e trattarli con sufficienza non buona politica. Ora il leader deve fare i conti con la sua politica: non pare sia di per s garanzia di successo tornare semplicemente alle origini, spregiudicati in chiave italiana e in politica estera. Rischia anche un sobbollire all’interno del partito, con gli avversari che fino a ieri sembravano zittiti.
Calenda e Renzi: un macigno sul piano per sfaldare i poli
Pe’ ‘sta vorta, so’ solidale, s, ma nun insisto. Come il gatto di Trilussiana memoria, almeno la prima sera, Matteo Renzi ha lasciato solo Carlo Calenda, dopo le legnate elettorali. Arretramento da brividi sia in Lombardia, nonostante Letizia Moratti, che nel Lazio. Con il coordinatore lombardo che si dimette, che un po’ come passare a fil di daga un legionario di leva dopo la sconfitta di Canne. Che ci fosse un’autostrada per fare un solo boccone di Forza Italia si dimostrata un’illusione. Ed tutto il progetto di sfaldare i poli che ora viene messo in discussione, e il rischio quello di ritirarsi in un ben meno ambizioso giochetto di manovre parlamentari. Tanto che adesso Calenda rammenta, anche al compagno di viaggio, che lui non vuole distruggere il Partito democratico, ma unire riformisti e liberali.
14 febbraio 2023 (modifica il 14 febbraio 2023 | 22:54)
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