di Irene Soave
A Wazirabad gli spari: da venerdì il populista Khan ha intrapreso una «lunga marcia» verso Islamabad per chiedere elezioni anticipate. Era stato destituito ad aprile. L’attentatore, bloccato dalla sicurezza, è stato arrestato
C’è anche il sangue dell’attentato sulla «lunga marcia», finora già in salita, dell’ex primo ministro pachistano Imran Khan, 70 anni, destituito ad aprile e ferito a un piede, giovedì mattina, dalle pallottole che lo hanno raggiunto durante un comizio a Wazirabad, nella provincia orientale del Punjab. Le sue condizioni, ora — caricato in fretta e furia su un veicolo della sicurezza dalle sue guardie del corpo e portato in ospedale a Lahore — sono «stabili», così il suo consigliere Raoof Hasan. L’attentatore, bloccato dalla sicurezza, è stato poi arrestato.
«Volevo uccidere Imran Khan e nessun altro», ha confessato dopo l’arresto alla polizia del Punjab per aver sparato all’ex premier pakistano ferendolo alla gamba. «Ho fatto del mio meglio per ucciderlo» perché «sta ingannando la gente», afferma in una dichiarazione ripresa dalle agenzie di stampa. Khan «stava fuorviando la nazione e non potevo sopportarlo, non riuscivo nemmeno a guardarlo, quindi l’ho ucciso… ho tentato di ucciderlo». Si tratterebbe di un gesto premeditato perché, prosegue, stava pianificando il tentativo di omicidio da quando Imran ha lasciato Lahore. Ha invece smentito di avere complici: «Non c’è nessun altro con me», dichiara.
Il fascinoso populista Khan, ex campione di cricket che da sempre dà il massimo come oratore nei bagni di folla, è stato rovesciato ad aprile da una mozione di sfiducia; da venerdì, arroccato sul suo camion che fende ali di folla di volta in volta più o meno folte, con immancabili occhiali scuri guida una «lunga marcia» verso la capitale Islamabad, per ottenere l’indizione di elezioni anticipate. Al suo seguito, un codazzo di motociclette, SUV con i finestrini oscurati e camion provvisti di container.
Imran Khan è entrato nella scena politica pachistana fingendosi un riformatore. Ha fondato il suo partito, Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI, Pakistan Justice Movement; per anni ne è stato l’unico deputato) nel 1996, combattendo la corruzione diffusa e il ruolo delle due grandi dinastie, i Bhutto e gli Sharif, che hanno monopolizzato il potere per decenni.
Nel 2013 il suo partito si è affermato come una forza di opposizione da non sottovalutare, poi come prima formazione nell’Assemblea nazionale dopo le elezioni legislative del 2018. Ma durante il suo mandato di tre anni e mezzo, l’economia è crollata e ha perso il sostegno dell’esercito onnipotente, che era stato accusato di averlo aiutato a farlo eletto.
La coalizione di governo che lo ha respinto — guidata da Shehbaz Sharif — non è stata però in grado di arginare la crisi economica e ha fatto dimenticare a molti pakistani le mancanze del circense Khan.
Dopo la sua estromissione, ha affrontato diversi procedimenti legali, una strategia spesso utilizzata in Pakistan per neutralizzare un politico troppo ingombrante, ma da cui finora è scappato senza troppi danni. Questa lunga marcia è la risposta di Mr. Khan, che spinge affinché le elezioni si svolgano subito; il governo desidera invece attendere la scadenza di ottobre 2023, per darsi il tempo di rimettere in sesto l’economia.
Ogni giorno Khan si arrampica sul suo container, sale sul suo pulpito e i suoi seguaci lo festeggiano con petali di fiori e fuochi d’artificio. Da lì, conciona: non ha un programma elettorale ma tesi molto chiare circa la sua caduta, che sarebbe stata ordita dagli Stati Uniti. All’inizio di questa settimana, verso Islamabad, Khan ha detto che una rivoluzione era in corso in Pakistan. L’unica domanda, ha aggiunto, è «se la strada verso le urne sarà liscia o costellata di spargimenti di sangue». Oggi è arrivato il primo verdetto.
3 novembre 2022 (modifica il 3 novembre 2022 | 15:42)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-11-03 14:42:00, A Wazirabad gli spari: da venerdì il populista Khan ha intrapreso una «lunga marcia» verso Islamabad per chiedere elezioni anticipate. Era stato destituito ad aprile. L’attentatore, bloccato dalla sicurezza, è stato arrestato , Irene Soave