Carolina Varchi, deputata di Fratelli d’Italia, ha chiesto che per lei sugli atti ufficiali si continui a usare le locuzioni «il vicesindaco» e «l’assessore». Ponendosi in contrasto con la direttiva del segretario generale del Comune (amministrato dal centrodestra) Anche a Palermo esplode — a seguito della direttiva di un alto dirigente del Comune — una polemica sul linguaggio istituzionale e le cariche declinate al femminile: un riflesso di quanto deciso dalla neo premier Giorgia Meloni che ha deciso di usare per sé l’opzione al maschile «Presidente del Consiglio». Il caso siciliano inizia quando nel capoluogo siciliano entra in vigore, per decisione del segretario generale comunale Raimondo Liotta, una nuova direttiva, in base alla quale «in sede di comunicazione di carattere ufficiale e istituzionale», ogni volta cle la carica sia «rappresentata da una donna», «va utilizzata la declinazione al femminile»: di «qualsiasi carica». La direttiva era stata inviata ai dirigenti dell’amministrazione palermitana, al sindaco Roberto Lagalla — espresso dal centrodestra — ed agli assessori. La genesi della norma è da individuare in una risposta ufficiale ad una questione posta da una consigliera comunale eletta in una lista civica, Mariangela Di Gangi. Di Gangi, politica impegnata nel sociale e protagonista di iniziative importanti in periferie in forte disagio quali lo Zen, sul sito istituzionale del Comune aveva visto con sorpresa il termine «eletto» accanto al suo profilo. E che, dopo la pubblicazione della direttiva, ha tenuto a sottolineare la «sensibilità» e la «celerità» della risposta del segretario generale: «L’uso di un linguaggio rispettoso del genere», ha scritto sui social, «è un passo importante perché si riconoscano soggettività e diritti a tutti e a tutte». Il caso, che sembrava chiuso, è stato riaperto dalla vicesindaca di Palermo, Carolina Varchi, parlamentare nazionale di Fratelli d’Italia e considerata vicina a Giorgia Meloni (che assieme al gruppo dirigente di FdI l’aveva indicata come candidata per il ruolo di sindaco). Varchi si è espressa in maniera decisamente contraria rispetto al vertice burocratico del Comune di Palermo, chiedendo riguardo alle funzioni da lei ricoperte pro tempore «che si continui ad utilizzare la locuzione “il vicesindaco” e “l’assessore”: diversamente», ha minacciato, «non sarà sottoscritto alcun atto». Varchi ha motivato così la sua posizione: «Iniziative simili distolgono l’attenzione da un’autentica difesa di diritti e prerogative delle donne che certamente non sono riconducibili all’utilizzo di una vocale in luogo di un’altra ma che richiedono interventi incisivi» in molti ambiti. «Solo se e quando ogni battaglia per l’affermazione completa e compiuta delle pari opportunità sarà vinta si potrà tornare a dibattere su questioni squisitamente lessicali, che nulla tolgono e nulla aggiungono all’affermazione dei diritti delle donne». 29 ottobre 2022 (modifica il 29 ottobre 2022 | 13:06) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-10-29 11:11:00, Carolina Varchi, deputata di Fratelli d’Italia, ha chiesto che per lei sugli atti ufficiali si continui a usare le locuzioni «il vicesindaco» e «l’assessore». Ponendosi in contrasto con la direttiva del segretario generale del Comune (amministrato dal centrodestra),