L’appello di  Papa Francesco   ai leader religiosi  in Bahrein: «Riconoscere  i diritti delle donne»

L’appello di Papa Francesco ai leader religiosi  in Bahrein: «Riconoscere  i diritti delle donne»

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di Gian Guido Vecchi

Nuovo appello di Francesco per «seri negoziati di pace in Ucraina». Il grande imam sunnita di Al-Azhar agli sciiti: «Incontriamoci a cuore aperto e mani tese»

DAL NOSTRO INVIATO

AWALI (Bahrein) «I leader religiosi non possono non dare il buon esempio». Papa Francesco, sul palco montato nei giardini del palazzo reale, parla accanto al sovrano Hamad bin Asa bin Salman Al Khalifa e al grande imam e rettore dell’università egiziana di Al-Azhar, Ahmed Al-Tayyib, l’intervento conclusivo del «Forum per il dialogo» tra i rappresentanti delle fedi, c’è anche il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo. E non è mai stato così netto, «è nostro compito incoraggiare e aiutare l’umanità», mentre elenca le «sfide» planetarie da affrontare, guerre, fame, educazione, libertà religiosa e violenza, «non basta dire che una religione è pacifica, occorre condannare e isolare i violenti che ne abusano il nome», e in tutto questo comincia dal tema più imbarazzante, tanto più rivolgendosi a un consesso di soli uomini: «In primo luogo, il riconoscimento della donna in ambito pubblico: nell’istruzione, nel lavoro, nell’esercizio dei propri diritti sociali e politici».

Sole, sabbia, appena un po’ di vento ad attenuare l’afa. Francesco rinnova a braccio l’appello perché «si ponga fine alla guerra in Ucraina e si avviino seri negoziati di pace». Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, si ferma un attimo a parlare con i giornalisti delle manifestazioni per la pace in Ucraina organizzate in Italia: «Tutte le iniziative per la pace sono buone, l’importante è che le facciamo insieme e che non si strumentalizzino per altri scopi», avverte. Sono arrivati segnali buoni da Putin? «Qualche piccolo accenno c’è stato, ho letto che il presidente Putin ha detto di essere disposto ritornare sull’accordo per il grano, sono piccoli segnali e speriamo vadano nel buon senso». Resta sempre «la disponibilità della Santa Sede ad aiutare in qualsiasi forma possibile», l’appello a «essere aperto a serie proposte di pace» che il Papa all’Angelus di un mese fa «chiedeva anche a Zelensky».

Nel suo discorso, Francesco parte dai conflitti che si moltiplicano nel mondo, dalla contrapposizione crescente tra «Occidente e Oriente», e anche qui in un tono vibrante, di rado così duro: «Dopo due tremende guerre mondiali, dopo una guerra fredda che per decenni ha tenuto il mondo con il fiato sospeso, tra tanti disastrosi conflitti in ogni parte del globo, tra toni di accusa, minacce e condanne, ci troviamo ancora in bilico sull’orlo di un fragile equilibrio e non vogliamo sprofondare». C’è un paradosso amaro, in tutto questo: «Mentre la maggior parte della popolazione mondiale si trova unita dalle stesse difficoltà, afflitta da gravi crisi alimentari, ecologiche e pandemiche, nonché da un’ingiustizia planetaria sempre più scandalosa, pochi potenti si concentrano in una lotta risoluta per interessi di parte, riesumando linguaggi obsoleti, ridisegnando zone d’influenza e blocchi contrapposti. Sembra così di assistere a uno scenario drammaticamente infantile: nel giardino dell’umanità, anziché curare l’insieme, si gioca con il fuoco, con missili e bombe, con armi che provocano pianto e morte, ricoprendo la casa comune di cenere e odio».

Così il Papa alza lo sguardo e sillaba: «Queste sono le amare conseguenze, se si continuano ad accentuare le opposizioni senza riscoprire la comprensione, se si persiste nell’imposizione risoluta dei propri modelli e delle proprie visioni dispotiche, imperialiste, nazionaliste e populiste, se non ci si interessa alla cultura dell’altro, se non si presta ascolto al grido della gente comune e alla voce dei poveri, se non si smette di distinguere in modo manicheo chi è buono e chi cattivo, se non ci si sforza di capirsi e di collaborare per il bene di tutti. Queste scelte stanno davanti a noi. Perché in un mondo globalizzato si va avanti solo remando insieme, mentre, navigando da soli, si va alla deriva».

Il Bahrein è un piccolo regno fatto di trentatré isole nel Golfo e Francesco ne parla come un simbolo: «Siamo un’unica famiglia: non isole, ma un solo grande arcipelago». Cita il «Documento sulla fratellanza umana» firmato ad Abu Dhabi nel 2019 con Al Tayyib, punto di riferimento del dialogo con l’Islam e per «un fecondo incontro tra Occidente e Oriente», e dice: «Siamo qui, credenti in Dio e nei fratelli, per respingere “il pensiero isolante”. Desideriamo che le liti tra Oriente e Occidente si ricompongano per il bene di tutti, senza distrarre l’attenzione da un altro divario in costante e drammatica crescita, quello tra Nord e Sud del mondo. L’emergere dei conflitti non faccia perdere di vista le tragedie latenti dell’umanità, come la catastrofe delle disuguaglianze, per cui la maggior parte delle persone che popolano la Terra sperimenta un’ingiustizia senza precedenti, la vergognosa piaga della fame e la sventura dei cambiamenti climatici, segno della mancanza di cura verso la casa comune».

Di qui il richiamo alle responsabilità dei leader religiosi, alle «sfide» da affrontare, a cominciare dai diritti delle donne e dalla piena libertà religiosa: «Ogni costrizione è indegna dell’Onnipotente, in quanto Egli non ha consegnato il mondo a degli schiavi, ma a delle creature libere, che rispetta fino in fondo. Impegniamoci allora perché la libertà delle creature rispecchi quella sovrana del Creatore, perché i luoghi di culto siano protetti e rispettati, sempre e ovunque, e la preghiera sia favorita e mai ostacolata». E «non è sufficiente concedere permissioni e riconoscere la libertà di culto», chiarisce il pontefice: «Occorre raggiungere la vera libertà di religione. E non solo ogni società, ma ogni credo è chiamato a verificarsi su questo».

La Dichiarazione di Abu Dhabi dice che «si dissacra il nome di Dio quando si predicano odio, violenza», ricorda Francesco: «Chi è religioso rigetta questo, senza alcuna giustificazione. Con forza dice “no” alla bestemmia della guerra e all’uso della violenza. E traduce con coerenza, nella pratica, tali “no”. Perché non basta dire che una religione è pacifica, occorre condannare e isolare i violenti che ne abusano il nome. E nemmeno è sufficiente prendere le distanze dall’intolleranza e dall’estremismo, bisogna agire in senso contrario». Come si legge nella dichiarazione del 2019, «è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale».

L’uomo religioso «si oppone anche alla corsa al riarmo, agli affari della guerra, al mercato della morte

. Non asseconda alleanze contro qualcuno, ma vie d’incontro con tutti». Tra l’altro è notevole, nella secolare e spesso sanguinosa divisione interna all’islam, l’apertura mostrata nel suo discorso dal grande imam Al-Tayyib, massima autorità dei sunniti, che si è rivolto agli sciiti con parole inedite: «Rivolgo il mio appello ai miei fratelli, i giuristi musulmani di tutto il mondo, indipendentemente dalle loro sette e scuole, a tenere un dialogo “islamico-islamico” serio. Rivolgo questo invito a tutti, e in particolare ai nostri compagni musulmani sciiti : sono pronto, insieme ai giuristi di massima autorità di Al-Azhar e al Consiglio degli anziani musulmani, a tenere un tale incontro con il cuore aperto e le mani tese».

C’è poi la sfida educativa, perché «l’ignoranza è nemica della pace» e «dove mancano le opportunità di istruzione, aumentano gli estremismi e si radicano i fondamentalismi». E ancora «la tutela dei diritti fondamentali dei bambini, perché crescano istruiti, assistiti, accompagnati, non destinati a vivere nei morsi della fame e nei rimorsi della violenza». E «l’educazione alla cittadinanza», il concetto stesso di cittadinanza che «si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri», rinunciando «all’uso discriminatorio del termine minoranze». Francesco conclude: «Il Creatore ci invita ad agire, specialmente a favore di troppe sue creature che non trovano ancora abbastanza posto nelle agende dei potenti: poveri, nascituri, anziani, ammalati, migranti… Se noi, che crediamo nel Dio della misericordia, non prestiamo ascolto ai miseri e non diamo voce a chi non ha voce, chi lo farà?».

4 novembre 2022 (modifica il 4 novembre 2022 | 11:00)

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