di Carlotta Lombardo
Luca Parmitano, astronauta dell’Esa, intervenuto al «Living Planet Symposium» in corso a Bonn: «Più di 40 i parametri per valutare la salute dei ghiacci». L’oceanografa Iovino: «L’Antartide ne ha una presenza enorme, l’impatto climatico è devastante»
«Vedere cambiare i ghiacciai in modo irreversibile e a occhio nudo dalla Stazione spaziale internazionale è grave». A scandirlo è stato l’astronauta italiano dell’Esa, Luca Parmitano, intervenendo a Timeline di SkyTg24 in occasione del «Living Planet Symposium» in corso a Bonn. Parmitano, che ha realizzato il documentario scientifico «Melt» sui ghiacciai, ha spiegato che «osservarli è un po’ come comprendere lo stato di salute di una persona prendendone la temperatura: i ghiacciai hanno più di 40 parametri» e oggi «siamo in grado di seguirli grazie a satelliti sempre più precisi, sappiamo capire qual’è il loro stato» di salute guardandoli anche dallo spazio.
«L’evoluzione temporale e quella spaziale, quanto sono sporchi o riflettono la luce, quanta radiazione solare riescono ad assorbire… Sono moltissimi i parametri che indicano il loro stato di salute — conferma Dorotea Iovino, oceanografa del Cmcc, centro Mediterraneo sui cambiamenti climatici —. Io mi occupo di ghiaccio marino ma l’impatto climatico dell’aumento della temperatura è esattamente lo stesso di quello che subisce il ghiaccio sulla terra. Quello che si è visto dal satellite è una presenza minore di bianco perché scompare o si riduce di volume. E guardare un ghiaccio, al di là del fatto che si è ristretto o meno, che per esempio è diventato nero per l’inquinamento vuol dire che si scioglie comunque prima di un ghiaccio nello stesso sistema climatico ma che è pulito, o che sopra ha più neve. Avere visto il fenomeno dallo spazio è indice della gravità della situazione». Un fenomeno tanto più evidente nelle zone artiche. L’Antartide è una delle zone più delicate, a causa della presenza enorme di ghiaccio su terra, a differenza del ghiaccio marino una volta che si è sciolto arriva a mare e contribuisce all’aumento del livello del mare. « Sia nell’Artico che in Antartide la combinazione dell’aumento di temperatura sia in atmosfera che in Oceano ha ormai innescato dei processi irreversibili — continua Dorotea Iovino —. Non saremo più in grado di fare più nulla a breve e anche a lungo termine perché si ritorni a una condizione di 50 anni fa».
Adamello: la fusione intensa di ghiaccio e neve
Proprio da un’immagine satellitare è stato rilevato lo stato di salute di uno dei nostri ghiacciai: l’Adamello, dove ha preso avvio lil 27 aprile il progetto «Climada» a cura della Fondazione Lombardia per l’Ambiente e sostenuto da Fondazione Cariplo il cui obiettivo è capire come è stato il clima degli ultimi mille anni e come potrebbe essere quello del futuro prossimo.«Un’immagine satellitare ha rilevato a metà maggio una massa di acqua sopra glaciale: un piccolo laghetto di acqua di fusione dovuto alla fusione di neve e ghiaccio così intensa che non è riuscita a defluire. Di solito, questi laghetti, si formano in agosto», spiega Elena Jachia, direttrice dell’area ambiente di Fondazione Cariplo, Servizio glaciologico lombardo. Un fenomeno visibile anche dallo spazio? «Purtroppo il fenomeno è drammaticamente visibile “a occhio udo” — continua Jachia —. Ora i ghiacciai hanno neve solo sulle zone sommitali». A causa dei cambiamenti climatici e dell’innalzamento delle temperature si scoprono dalla neve invernale molto prima e quindi subiscono ancora di più l’effetto delle temperature estive. «La neve fa da copertura rispetto al ghiaccio. Riflette di più rispetto alla superficie del ghiaccio che è sempre più scura . Se fino a qualche anno fa i ghiacciai rimanevano ricoperti di neve fino ad agosto, adesso già a fine giugno sono spesso scoperti e tutto questo contribuisce all’aumento esponenziale della fusione che sta avvenendo in questi anni».
Una regressione costante
Il tema è di grandissima attualità. In Lombardia l’Associazione Servizio Glaciologico Lombardo studia da 30 anni l’andamento dei ghiacciai . L’andamento costante di regressione della massa glaciale, quello che normalmente si chiama «il ritiro» dei ghiacciai, è costante. «Non si tratta di una regressione perché i ghiacciai vanno indietro ma si tratta di una riduzione della massa dei ghiacciai perché non c’è abbastanza neve come alimentazione invernale rispetto alla quantità di fusione che i ghiacciai subiscono — specifica Jachia —. È una questione di bilancio… se io metto dentro meno acqua sotto forma di neve e ghiaccio che si forma d’inverno rispetto all’acqua che prelevo d’estate con la fusione, queste masse vanno a ridursi. Questo fenomeno negli ultimi anni ha avuto un’accelerata straordinaria . In questi giorni di temperature elevate è già in corso una fusione sul ghiaccio del Gran Paradiso ma anche sul ghiacciaio dell’Adamello, come se fossimo in piena estate. Il 27 aprile sul Passo dell’Adamello, a 3.100 metri , dove normalmente alla fine dell’inverno dovrebbero esserci quattro, cinque metri di neve, ce n’era solo un metro e mezzo. Ora si sarà ridotto a mezzo metro»
25 maggio 2022 (modifica il 25 maggio 2022 | 20:14)
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, 2022-05-25 19:30:00, Luca Parmitano, astronauta dell’Esa, intervenuto al «Living Planet Symposium» in corso a Bonn: «Più di 40 i parametri per valutare la salute dei ghiacci». L’oceanografa Iovino: «L’Antartide ne ha una presenza enorme, l’impatto climatico è devastante», Carlotta Lombardo