Inizia la partita per avere la riforma delle pensioni: oggi è previsto il primo incontro della Ministra del Lavoro, Marina Calderone, con i sindacati. L’obiettivo? Arrivare ad un sistema più flessibile ed equo già entro l’estate, lasciandosi alle spalle la legge Fornero.
L’incontro, oltre a raccogliere le posizioni di tutte le parti sociali, sarà anche l’occasione per articolare un calendario dedicato sui temi specifici che saranno poi oggetto dei successivi incontri.
La richiesta di Cgil, Cisl e Uil è nota e prevede una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni senza penalizzazioni esplicite (oltre quella implicita che si ha versando meno contributi e prendendo l’assegno per più tempo). Ma non solo: nella riforma bisognerà prestare attenzione ai giovani con una pensione di garanzia e l’uscita con 41 anni di contributi senza limiti di età.
Tuttavia, come riferisce l’Ansa, è probabile che la strada sarà quella degli interventi low-cost, per cui è probabile che si proponga una misura di flessibilità che penalizzi le uscite anticipate rispetto all’età di vecchiaia.
Il cantiere aperto avrà sicuramente come temi la riduzione del limite di 2,8 volte la pensione minima per l’uscita anticipata rispetto all’età di vecchiaia, per adesso valida solo per tre anni di anticipo per chi è nel sistema contributivo e l’altro tema da dibattere sicuramente sarà anche quello della separazione tra previdenza e assistenza.
Nel corso della presentazione del Decimo Rapporto di Itinerari previdenziali avvenuta il 18 gennaio, il presidente, Alberto Brambilla, ha sottolineato che l’assistenza costa oltre 144 miliardi e che questa spesa è sostanzialmente raddoppiata dal 2008 senza che si sia ridotta la povertà (che è aumentata soprattutto nelle età non anziane).
Quello che appare assolutamente impraticabile secondo Brambilla è la proposta di Forza Italia di portare le pensioni basse a 1.000 euro al mese perché l’intervento costerebbe 27 miliardi l’anno portando l’Inps in default in pochi anni oltre a dissuadere le persone dalla contribuzione nella convinzione di poter ottenere comunque un’alta pensione sociale.
Le novità con la legge di bilancio
Intanto nel 2023 si avranno misure temporanee per quanto riguarda le pensioni e sono state inserite nell’ultima legge di bilancio, la prima targata Meloni.
Come spiegato in un precedente articolo, l’attuale Legge di Bilancio non cancella nè modifica la Legge Fornero che continuerà ad essere in vigore anche dopo il 31 dicembre 2022. Chi deve andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi può, quindi, stare tranquillo. Le modifiche apportata in campo previdenziale non impediranno questo tipo di pensionamento in alcun modo.
Quota 103
Per andare in pensione nel 2023 c’è Quota 103, la nuova formula in vigore dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023 da chi matura 62 anni d’età e 41 anni di versamenti.
Fino al raggiungimento della soglia di vecchiaia il trattamento con Quota 103non sarà cumulabile con altro reddito da lavoro, ad esclusione di quello autonomo “occasionale” non oltre i 5mila euro. La legge di bilancio, inoltre, prevede che l’importo della pensione non potrà comunque superare il livello pari a 5 volte il minimo Inps.
Chi è in possesso dei requisiti per la quiescenza tramite Quota 103, potrebbe anche scegliere un rinvio del pensionamento, utilizzando il cosiddetto Bonus Maroni.
Si tratta di un incentivo pari alla quota di contributi a carico del lavoratore dipendente che sarà immessa direttamente nello stipendio. Si stima una percentuale di circa il 9,19%.
Quando si può fare domanda di pensione con quota 103?
Opzione donna
Dal 1° gennaio 2023 Opzione Donna sarà accessibile con 60 anni d’età, solo alle lavoratrici che siano in possesso di specifici requisiti come assistenza al coniuge o a un parente di primo grado convivente con handicap grave; invalidità civile uguale o superiore al 74%; lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo per la gestione della crisi aziendale.
Sempre per quanto concerne Opzione Donna da quest’anno è previsto l’abbassamento della soglia anagrafica di un anno per le lavoratrici con un figlio, dunque si potrà andare in pensione a 59 anni in questo caso e di due anni per quello con due o più figli, con conseguente addio al lavoro a 58 anni.
Ape sociale
Infine, da ricordare che nel 2023 sarà confermata l’Ape sociale che, con gli attuali requisiti, potrà essere utilizzata dai lavoratori in particolare difficoltà, come disoccupati di lungo corso, caregiver o invalidi civili.
L’Ape sociale, ricordiamo, è una misura che richiede 63 anni di età ed almeno 30 anni di contributi. In alcuni casi, però, alle donne è consentito accedere anche con 28 anni di contributi.