di Guido Santevecchi
La Cina e il Congresso che darà a Xi il terzo mandato: 4 punti di forza e debolezza, dal Pil al sogno di Taiwan
L’unica certezza è che Xi Jinping guiderà il Partito Stato per altri cinque anni. Domenica presenterà ai cinesi e al mondo il suo nuovo Politburo. Una prova della sua forza a Pechino, ma secondo i politologi occidentali anche il simbolo dei problemi presenti e futuri della Cina.
Basta leggere i titoli degli editoriali: «Un tragico errore», ha scritto il Financial Times sostenendo che «il potere ormai insindacabile di Xi è pericoloso per la Cina e per il mondo». Foreign Affairs ha elencato le «debolezze» dello Xiismo, in particolare «arroganza e paranoia». La risposta del Partito è riassunta dal titolo del discorso del segretario generale al Congresso: «Teniamo alta la grande bandiera del socialismo con caratteristiche cinesi per edificare un Paese moderno». Quello che in Occidente è segno di sconfitta e ritirata, a Pechino è letto come vittoria e avanzata.
La situazione in 4 punti contrapposti, vista dagli occidentali e dai cinesi:
1) La crescita è in declino, drammatico e forse irreversibile, bloccata dai lockdown, dalla stretta contro le imprese private hi-tech come Alibaba, dalla sterzata marxista-leninista che vuole riprendere il controllo della produzione e dell’innovazione. Il secondo trimestre è stato quasi piatto, con il Pil che ha segnato solo +0,4%. I dati del maggio-luglio sono così insoddisfacenti che all’ultimo momento l’Ufficio statistico ha deciso di rinviarne la pubblicazione, per non turbare il Congresso e la celebrazione di Xi. Il segretario generale ha promesso di raddoppiare l’economia entro il 2035, ma secondo gli analisti servirebbero quindici anni di crescita media al 5%. L’obiettivo nel 2022 è già irraggiungibile e il Fondo monetario internazionale stima che anche nel 2023 non sarà superato un +3%.
1 bis) «Il miracolo cinese dà al mondo una nuova scelta», scrive la stampa statale. Pechino si vanta di essere l’unico tra i Paesi del G20 ad essere sfuggito alla recessione in questi anni di pandemia. E quanto all’obiettivo del raddoppio, ora aggiusta il tiro, assicurando che nel 2035 sarà sicuramente il reddito pro capite dei cittadini a moltiplicarsi per due. È «prosperità condivisa» il nuovo slogan ispiratore della politica economica di Xi, che ha già centrato l’obiettivo di cancellare la povertà assoluta (o almeno ha dichiarato la vittoria).
2) Il Covid Zero in Occidente appare scientificamente irraggiungibile. E la strategia sanitaria cinese che impone lockdown, vieta i viaggi, ordina tamponi quasi quotidiani a centinaia di milioni di persone sembra l’estrema involuzione di un regime autoritario. Le proteste della gente esasperata da settimane di chiusura in casa, i portoni sbarrati da gabbie con lucchetti lasciano intravedere una frustrazione crescente che in caso di crisi potrebbe scatenare proteste massicce.
2 bis) Xi esalta la linea della Tolleranza Zero contro la circolazione del coronavirus. Al Congresso l’ha definita «guerra popolare» da continuare fino alla vittoria. Uno studio dell’Università Fudan di Shanghai ha messo in guardia da uno «tsunami» di contagi che travolgerebbe il sistema sanitario se la Cina seguisse il comportamento del resto del mondo. Senza Tolleranza Zero, Omicron causerebbe in Cina 112 milioni di contagi sintomatici, 2,7 milioni dei quali dovrebbero essere ricoverati in terapia intensiva, 15 volte più di quelli che potrebbero essere accolti in ospedale. Il risultato sarebbero 1,6 milioni di decessi nel giro di tre mesi.
3) La politica estera aggressiva ed espansionista di Xi ha isolato l’Impero di Mezzo dal mondo che voleva affascinare e guidare verso un nuovo ordine internazionale. Hanno creato scandalo e sospetto la normalizzazione di Hong Kong e le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. La promessa di collaborazione «senza limiti» con Vladimir Putin e la finta neutralità sulla guerra in Ucraina hanno messo spalle al muro Pechino di fronte all’alleanza rivitalizzata tra Stati Uniti, Unione Europea. Sud Corea e Giappone ora dialogano con la Nato. La «Via della Seta» sembra ormai una strada senza uscita e gli occidentali hanno deciso di negare ai cinesi la loro tecnologia.
3 bis) «Mentalità da guerra fredda», ribatte Pechino. La diplomazia cinese è riuscita a costituire un blocco di Paesi e ha sconfitto la mozione occidentale che all’Onu di Ginevra chiedeva un dibattito sullo Xinjiang. Xi e compagni sono convinti che presto o tardi l’alleanza occidentale si sfalderà, per gli interessi nazionali divergenti e la paura del grande freddo causato dalla crisi del gas. E continuano a manovrare con ambiguità per essere invocati in extremis come i grandi mediatori che potranno portare Putin e Zelensky se non al tavolo della pace almeno all’accettazione di un cessate il fuoco.
4) Xi non può prendere Taiwan senza rischiare una guerra mondiale e la sconfitta militare. I taiwanesi, visto l’esempio di Hong Kong, non accetterebbero mai un accordo con Pechino basato su «Un Paese e due sistemi». Il presidente Joe Biden ha detto più volte che l’America interverrebbe in caso di attacco cinese (anche se ambiguamente parla di «attacco senza precedenti»). Biden ha dimostrato che con le sole forniture di armi americane l’Ucraina è riuscita a resistere a un’invasione terrestre che Putin riteneva semplice. La Cina per sbarcare sulle coste taiwanesi dovrebbe attraversare 170 chilometri di mare e l’Ucraina è riuscita a umiliare la flotta russa con pochi missili anti-nave.
4 bis) «La finestra del 2024»: Washington ora dice che Xi potrebbe accorciare i tempi e attaccare nel 2024. Non si sa se l’allarme sia basato su fonti di intelligence e analisi sulle capacità militari dell’avversario. Proprio la crisi dell’Armata russa potrebbe aver spinto Xi ad accarezzare l’idea di un’accelerazione dei tempi, un colpo di mano prima che il Pentagono riesca a rifornire i suoi arsenali assottigliati dalle incessanti e massicce forniture belliche alla resistenza ucraina. Xi potrebbe cercare di costringere i taiwanesi alla resa senza tentare lo sbarco in forze, limitandosi a stringere un blocco aeronavale intorno all’isola. Lo scorso agosto l’Esercito popolare di liberazione ha fatto le prove generali con le grandi manovre montate con la scusa della «provocazione» di Nancy Pelosi. E al Congresso, Xi ha ordinato di mettere a punto «un forte sistema di deterrenza strategica»: potrebbe minacciare una reazione nucleare per scoraggiare un intervento Usa. In questo, seguirebbe l’esempio dell’amico Putin.
20 ottobre 2022 (modifica il 20 ottobre 2022 | 11:16)
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, 2022-10-20 09:16:00, La Cina e il Congresso che darà a Xi il terzo mandato: 4 punti di forza e debolezza, dal Pil al sogno di Taiwan, Guido Santevecchi