Permessi mensili per assistenza persone con disabilità: possono usufruirne i conviventi? – Tuttoscuola,

Permessi mensili per assistenza persone con disabilità: possono usufruirne i conviventi? – Tuttoscuola,

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Sono una docente di scuola secondaria di 2° grado e faccio parte della RSU del mio istituto. In conseguenza di quest’ultimo incarico, alcune colleghe mi hanno chiesto delucidazioni sulla fruizione dei permessi mensili e del congedo biennale per l’assistenza alle persone con grave disabilità, da parte dei conviventi e in caso di unioni civili. Confesso di non saperne molto e chiedo a lei una puntuale illustrazione del tema.

M. T.

L’esperto risponde

Per rispondere al quesito con la maggiore chiarezza possibile, tratterò separatamente le due situazioni evidenziate.

Diritti del convivente 

L’art. 33, comma 3, della legge n. 104/92 prevede che a prestare assistenza ad una persona in situazione di grave disabilità siano, alternativamente, il coniuge, i parenti o gli affini di secondo grado; nonché, in particolari condizioni, anche i parenti o gli affini di terzo grado.

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 5 luglio 2016, ha dichiarato la illegittimità del comma citato nella parte in cui  non include – tra i soggetti titolati a fruire dei permessi mensili ( 3 giorni al mese ) – anche il convivente, sostenendo:  

– l’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 risulta illegittimo rispetto all’articolo 3 della Carta costituzionale non tanto perché non equipara coniuge e convivente, che hanno una condizione comunque diversa, ma perché costituisce una contraddizione logica dato che la norma vuole tutelare il diritto alla salute psico-fisica del disabile, finalità che in questo caso costituisce l’elemento che unifica la situazione di assistenza da parte del coniuge o del familiare di secondo grado e quella fornita dal convivente;

– l’esclusione del convivente dai beneficiari dei permessi comporta un’irragionevole compressione del diritto, costituzionalmente presidiato, del disabile a ricevere assistenza nell’ambito della sua comunità di vita “non in ragione di una carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato normativo rappresentato dal mero rapporto di parentela o di coniugio”.

La sentenza (c.d. additiva di prestazione ), già applicabile dopo la pubblicazione sulla G.U., ha rinvenuto con la circolare Inps 27.02.2017, n. 38, ulteriori e più puntali chiarimenti applicativi.

La circolare, dopo aver chiarito che la situazione esaminata dalla Corte costituzione altro non è che la convivenza di fatto, specifica:

 – il convivente – in stretta osservanza della sentenza – è abilitato a fruire dei soli permessi mensili e non anche del congedo biennale retribuito;

la fruizione dei permessi mensili non è possibile per l’assistenza a parenti o affini del convivente: con questi ultimi, infatti, non risulta costituito alcun vincolo di affinità;

– la convivenza può essere costituita sia tra persone dello stesso sesso che di sesso diverso;

– la convivenza stabile deve risultare dalla dichiarazione anagrafica prodotta ai sensi dell’art. 4 e della  lett. b) del comma 1 dell’articolo 13 del  DPR 30 maggio 1989, n.223. La dichiarazione, cioè, deve attestare la coabitazione e la dimora abituale nello stesso comune;

Unioni civili

La stessa circolare Inps provvede a coordinare le disposizioni della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Istitutiva, tra l’altro, delle unioni civili tra persone dello stesso sesso) con la normativa concernente coloro che assistono persone disabili in situazione di gravità. A tal proposito, ne richiama testualmente l’art. 2, comma 20, che così dispone:

Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.

Dal testo legislativo citato, la nota Inps fa discendere, correttamente, per la parte di una unione civile, che presta assistenza all’altra parte in situazione di grave disabilità, il diritto a usufruire:

dei permessi mensili (3 gg. per ciascun mese ) previsti dall’art. 33. comma 3, della legge n. 104/92;
– del congedo biennale straordinario retribuito previsto dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n, 151/2001.   

Inoltre, con riferimento al congedo biennale e a seguito dell’ingresso della “parte di  un’unione civile”, viene declinata una nuova sequenza di priorità dei soggetti legittimati alla fruizione.

La sequenza risulta così integrata:

               Sequenza di priorità

                                         Situazione

il coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente

convivenza con la persona disabile in situazione di gravità

il padre o la madre anche adottivi o affidatari

mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte dell’unione civile convivente;

uno dei figli conviventi

il coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente ed entrambi i genitori del disabile mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti

uno dei fratelli o sorelle conviventi

il coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi del disabile mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;

un parente o affine entro il terzo grado convivente

il coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente, entrambi i genitori, i figli conviventi e i fratelli o sorelle conviventi mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti

La circolare, dopo aver ribadito che l’unione civile può essere costituita solo tra persone dello stesso sesso, fa presente che la qualificazione di “parte dell’unione civile” deve risultare – ex art. 1, comma 3, della legge n 76/2016 – dagli atti di unione civile di questi ultimi registrati all’Ufficio di stato civile comunale.

Evidenzia, infine, al pari di quanto detto per le situazioni di convivenza, che,  a differenza di quanto avviene per i coniugi, la parte di un’unione civile può usufruire dei permessi ex lege 104/92  e del congedo biennale unicamente nel caso in cui presti assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza sia rivolta ad un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità.

Per concludere, un suggerimento e un errore da evitare.

Il suggerimento concerne il fatto che la circolare dell’Inps, pur riguardando esplicitamente i dipendenti del settore privato, ben può trovare applicazione anche per i dipendenti pubblici a motivo della solida fondatezza giuridica espressa, in attesa che la Funzione pubblica emani una apposita circolare.

L’errore da evitare riguarda, invece, il soggetto istituzionale a cui indirizzare la domanda per la concessione dei permessi mensili o del congedo biennale. Per la scuola, tale soggetto non è certo l’Ufficio provinciale dell’Inps, bensì il dirigente scolastico che ha legale rappresentanza dell’Istituto scolastico cui è preposto. 

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