Arriva la parola definitiva della Cassazione sull’operazione “Lea” che a marzo 2019 portò alla maxi-confisca da 10 milioni di euro a carico dell’imprenditore edile Natale Garofalo. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal 61enne di Petilia Policastro, contro il decreto della Corte d’Appello di Catanzaro che, il 17 febbraio 2021, aveva confermato i sigilli antimafia disposti dal Tribunale del capoluogo di regione sulle sue società ( “Italia Costruzioni s.r.I.”, “V.G.M. Costruzioni di Garofalo Natale s.a.s.”, “Metallica di Cistario Giuseppina / Carmine s.a.s. e Carpenterie s.r.I.”) oltre che su una serie di rapporti bancari intestati sia a Garofalo che alla moglie Maria Cardamone. L’inchiesta, condotta dalla Guardia di Finanza di Crotone, prese il nome da Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa a Milano il 24 novembre 2009 per mano del suo ex marito, Carlo Cosco, e dell’ex cognato, Vito Cosco, perché aveva deciso di rivelare ai magistrati le vicende criminali della sua famiglia e non solo. Il 61enne era finito nel mirino degli inquirenti per la sua presunta contiguità con la cosca Grande Aracri di Cutro, dalla quale avrebbe ottenuto per gli inquirenti «indebiti vantaggi economici».
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