Differenziare gli stipendi in base all’appartenenza geografica non è una idea che è piaciuta al mondo politico e sindacale. Un coro di no all’idea, dopo che il Ministro dell’istruzione ieri ha condiviso la possibilità di aumentare gli stipendi ai docenti che vivono in aree del paese in cui il costo della vita è più alto, affermando che si trattava di una richiesta da parte delle Regioni, non ha trovato grossi consensi. Gli enti locali, soprattutto al Sud ma non solo, e praticamente tutti i sindacati tranne Anp, si sono detti contrari alla sua proposta.
Enti locali del Sud e non solo bocciano la proposta
Il governatore della Campania, Vicenzo De Luca, è intervenuto oggi sulla questione dando un punto di vista molto concreto. Differenziare gli stipendi, ha detto, “vuol dire di accentuare elementi di separazione del Paese, il divario tra Nord e Sud e abbandonare ogni politica meridionalistica. Sappiamo che a Milano – sottolinea De Luca – il costo della vita è maggiore che a Napoli, ma sappiamo anche che a Milano in famiglia lavorano tutti mentre nel Sud se lavora uno della famiglia è già un miracolo. Il tasso di occupazione del Paese nel Nord sfiora il 70% e nel Sud è al 40% e che la disoccupazione giovanile è doppia rispetto al nord. Quindi è fuorviante ragionare sul costo della vita“.
Anche il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, è d’accordo. “Se si stabilisce che chi lavora al nord, sia esso un insegnante come un medico, guadagna di più, si crea un incentivo alla migrazione ed è quello che non serve all’Italia il cui problema è invece ridurre i divari“, osserva il primo cittadino.
Il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, candidato alla corsa della segreteria del Pd, boccia anch’egli la proposta e afferma che “gli insegnanti e gli operatori della scuola vanno pagati tutti di più, come succede negli altri Paesi europei, altro che stipendi differenziati per i docenti“. Mentre il candidato alle regionali per il centrosinistra nel Lazio, Alessio D’Amato, richiama concetti che sembravano ormai politicamente lontani, “totalmente contrario al ripristino di gabbie salariali; – dice – semmai tema è di una crescita complessiva del sistema e non creare scuole di serie A e B“.
Alessio D’Amato, candidato alle regionali per il centrosinistra nel Lazio, da canto suo si dichiara “totalmente contrario al ripristino di gabbie salariali” e sostiene che il tema sia una crescita complessiva del sistema scolastico e non la creazione di scuole di serie A e B. L’assessora alla Scuola di Roma Capitale, Claudia Pratelli, condivide questa opinione e sostiene che l’idea di differenziare gli stipendi fra lavoratori del nord e del sud sia vecchia e superata, e che invece il governo dovrebbe concentrarsi sull’eliminazione delle disparità di servizi, collegamenti e opportunità tra le regioni.
Tutti i sindacati di categoria si sono detti contrari, tranne i presidi di Anp
Bocciatura praticamente unanime. La Flc Cgil, guidata da Francesco Sinopoli, si dichiara pronta allo sciopero e definisce l’idea “la cosa peggiore in un Paese che ha bisogno di superare i divari“. Giuseppe D’Aprile, segretario Uil Scuola Rua, commenta che “se veramente si vuole sostenere la scuola statale nazionale, allora bisogna investire risorse statali sia nelle spese strutturali che nei capitoli delle spese correnti“, mentre Marcello Pacifico, Presidente nazionale Anief, rilancia dichiarando che “le risorse in primo luogo devono essere trovate dal Governo per allineare gli stipendi di tutti i lavoratori almeno all’inflazione“. Ivana Barbacci, Segretaria della Cisl Scuola, ricorda che “già oggi le Regioni possono assegnare alle scuole risorse per il personale” e Elvira Serafini, Segretario Generale dello Snals-Confsal, sottolinea un principio invocato da più parti: “l’unitarietà nazionale del sistema istruzione e ricerca non deve essere messa in discussione e, conseguentemente, il contratto collettivo è e deve rimanere nazionale“.
Bocciature anche da ANCODIS, l’associazione dei Vicepresidi, “L’idea di stipendi differenziati in base alla regione è un’offesa alla Costituzione e al personale scolastico. Invece di basare la retribuzione sul lavoro svolto in base alla qualità e alla quantità, come previsto dalla Costituzione italiana, si propone di differenziare gli stipendi dei docenti in base all’area di residenza e al costo della vita“, dichiara il presidente Cicero.
Di diverso avviso il rappresentante ANP Roma, Mario Rusconi, il quale ritiene che la proposta di differenziare gli stipendi dei docenti in base all’area geografica sia “una misura abbastanza sensata“.
Differenziamo per merito
Se di differenziazione dobbiamo parlare, secondo Crepet, dobbiamo farla tra docenti bravi e meno bravi “questo va valutato” “Il merito come si fa valutare? I ragazzi sanno perfettamente chi hanno davanti”.
Salari inadeguati
Eppure un sondaggio lanciato dalla nostra redazione ci racconta un mondo della scuola possibilista, con un il 54,67% dei votanti favorevole, ma con le dovuta precisazione che una piccola percentuale (il 10,10%) chiede un aumento solo per quanti sono costretti a viaggiare o ad affittare una casa perché provengono da fuori. Perché? Perché c’è un effettivo disagio economico da parte della categoria e probabilmente la proposta è stata vista come una possibilità comunque da cogliere.