Il 2023 si presenta per l’Italia come un anno di importanza decisiva sotto molti aspetti: politico, istituzionale, economico, culturale. Sul piano politico viene messo alla prova un governo che, a differenza di quelli di centro-destra guidati da Silvio Berlusconi, ha il suo baricentro non più nel centro ma nella destra nella versione di Giorgia Meloni, erede della operazione finiana di “costituzionalizzazione” di Alleanza Nazionale: una destra moderata che si dichiara democratica e post-fascista. Vedremo in concreto che cosa questo significhi sul piano delle politiche (abbandono del sovranismo, europeismo, immigrazione). Intanto si issano alcune “bandierine” come il riconoscimento in Costituzione della lingua italiana e dell’inno d’Italia, l’obbligo di utilizzare l’italiano nelle comunicazioni istituzionali della pubblica amministrazione, delle partecipate e del servizio pubblico Rai, “il ripristino della festività nazionale del 4 novembre quale giornata dell’unità nazionale e delle forze armate”. E poi “l’istituzione della giornata nazionale dei figli d’Italia”. Sono i contenuti di alcune delle ultime proposte di legge presentate dai parlamentari di Fratelli d’Italia.
Sul piano istituzionale andrà individuato un punto d’equilibrio tra il presidenzialismo sostenuto da Fratelli d’Italia e il regionalismo della Lega, magari coinvolgendo il Parlamento e le altre forze politiche sensibili al tema di un più razionale ed efficace funzionamento del nostro sistema democratico rappresentativo.
Sul piano economico la partita più importante e impegnativa è senza dubbio quella della gestione efficiente del PNRR, dal cui esito dipende la possibilità per il nostro Paese di affrontare con successo i suoi problemi più gravi: l’enorme debito pubblico, la paralisi infrastrutturale, la fragilità del territorio, l’eccessivo costo del lavoro, l’economia sommersa con connessa evasione fiscale, il basso tasso di natalità.
Ma la primaria condizione di successo di tutte le altre azioni del Piano di ripresa e resilienza è in effetti l’investimento nelle risorse umane, nel miglioramento della cultura degli italiani, al quale vengono destinati oltre 30 miliardi di euro tra istruzione e ricerca. Verranno spesi bene? Dai primi passi (peraltro avvenuti con il ritardo accumulato dai precedenti Governi), i dubbi sono legittimi.
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