Pollini: «Con il pianoforte protesto contro la  guerra»

Pollini: «Con il pianoforte protesto contro la guerra»

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di Giuseppina Manin

«Un concerto di beneficenza perché credo nel potere della musica»

«Mi è sembrato necessario. E quando una cosa è giusta la si fa». Con la semplicità essenziale che gli è propria Maurizio Pollini, 80 anni votati a musica e passioni civili, spiega le ragioni del concerto che domenica lo riporterà, dopo 18 anni, a suonare per la Società del Quartetto al Conservatorio di Milano. Concerto senza compenso, l’intero ricavato destinato alla Croce Rossa italiana per l’impegno in Ucraina.

Perché ha deciso di farlo?

«Per ragioni umanitarie, politiche anche. E perché credo nel potere della musica».

Ci crede davvero?

«Lo sento con tutto me stesso. La musica è più forte della guerra. E la guerra può essere vinta solo dalla pace. Quindi, tutti dobbiamo spenderci per farla vincere».

Al Quartetto fu protagonista nel ’72 di una serata memorabile finita in rissa per aver letto una dichiarazione contro la guerra in Vietnam.

«Allora era l’America a attaccare, adesso è la Russia. Due invasioni orribili. Gli schieramenti ideologici non spiegano mai nulla, le ragioni della storia sono complesse, spesso ambigue. Per questo bisogna schierarsi sempre sul fronte della pace».

Come arrivarci?

«Putin vuole avere l’illusione di aver vinto».

Bisogna dargliela?

«No. Dovrà rassegnarsi».

Giusto boicottare la cultura russa?

«Una follia mettere al bando autori e artisti».

Cosa suonerà domenica?

«Schubert e Chopin. Del primo la Sonata Fantasia op. 78, del secondo la Mazurca n. 3 op. 56, la Barcarola op. 60, la Ballata n. 4 op. 52, lo Scherzo n. 1 op. 20. La Fantasia comparirà anche in un prossimo disco “tutto Schubert”, insieme con un’altra Fantasia per pianoforte a quattro mani. La eseguirò con mio figlio Daniele».

Com’è collaborare con il proprio figlio?

«Suonare con un altro musicista è sempre un’esperienza particolare. Se poi capita tra padre e figlio, è davvero speciale: si instaura una sintonia al di là delle parole, ci si conosce di più. Insieme avevamo già suonato Debussy. Ci siamo trovati bene, abbiamo deciso di riprovare. Daniele ha 44 anni, fondamentalmente è un compositore, ma anche direttore d’orchestra e pianista. In quest’ultimo ruolo però ha solo fatto registrazioni, mai concerti dal vivo».

Al Quartetto le sue apparizioni sono state rare, sempre con il tratto dell’evento.

«Lì ho debuttato a 17 anni. L’anno dopo vinsi il Concorso Chopin a Varsavia. Una serata importante di cui però non ho memorie particolari. Ricordo che suonai solo nella prima parte e che in sala c’erano i miei genitori. Da allora sono tornato in tutto cinque volte. L’ultima nel 2004».

Il suo pubblico preferito?

«Ho grande simpatia per le platee aperte alla musica del nostro tempo. Il repertorio del ’900 è ancora troppo poco conosciuto, bisogna fare di più. Sto pensando di eseguire quel capolavoro che è la Seconda Sonata di Boulez e magari i Klavierstücke di Stockhausen. Ma sono curioso anche delle nuove frontiere, la musica deve cercare sempre altre strade».

Prossimi impegni?

«Un recital a Salisburgo in agosto, in autunno sono stato invitato da Muti a suonare con la sua Chicago Orchestra. E poi sarò alla Carnegie Hall di New York».

Andrebbe oggi in Russia?

«No. Amo quel Paese, ma non mi sono più esibito da quando Putin è andato al potere. E non lo farò finché ci resterà».

26 maggio 2022 (modifica il 26 maggio 2022 | 19:51)

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, 2022-05-26 19:35:00, «Concerto a favore dell’Ucraina perché credo nel potere della musica», Giuseppina Manin

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