di Paolo Valentino
Per l’ottava volta le ossa di Grigorj Alexandrovic Potemkin sono state trafugate, stavolta dai russi: perché per Putin sono così importanti
BERLINO – Quella sera di fine ottobre, mentre infuriavano i combattimenti e le truppe ucraine erano ormai vicine a riprendersi la città, nella Cattedrale di Santa Caterina a Kherson padre Vitalij stava dicendo messa. «Sono spuntati all’improvviso, saranno stati una ventina. Tutti armati e mascherati. Ho avuto paura per la mia vita», racconta al telefono il religioso ortodosso. Mentre lui con i fedeli continuava a cantare e pregare, un altro prete fu costretto a condurre i soldati russi verso l’ingresso alla cripta, nascosto da una lastra di marmo che copriva una botola sul pavimento. La sollevarono, scesero per la piccola scala che portava al sarcofago di legno, tolsero il coperchio e prelevarono la piccola borsa nera contenente le ossa del principe Grigorij Alexandrovic Potemkin, tutte numerate. «L’hanno caricata su un furgone e sono ripartiti».
Come ha scritto su queste pagine Sabino Cassese, il furto dei resti mortali di Potemkin, generale e amante prediletto di Caterina la Grande, è stata un’altra dimostrazione dell’ «uso politico della memoria storica» che è proprio di Vladimir Putin, per il quale il passato «risuona o ammutolisce» e dunque la Russia o è imperiale o non è.
Ma che fine hanno fatto le ossa del condottiero che fondò Kherson e Nikolaev, convinse la Zarina ad annettersi la Crimea nel 1783 strappandola all’Impero ottomano e si inventò il concetto di Novorossia, la nuova Russia che si estendeva fino al Mar Nero? La loro attuale collocazione rimane segreta. «Le abbiamo trasportate sulla riva sinistra del Dniepr, ora sono al sicuro», ha detto alla televisione russa Vladimir Saldo, l’uomo che Putin aveva messo a capo della regione di Kherson, nel frattempo riconquistata dall’esercito ucraino. Secondo padre Vitalij, è molto probabile che il patriarca di Mosca Kirill «proclami il principe Potemkin santo», confermando così l’ossessione di Putin per il passato zarista, soprattutto quello legato al nome di Caterina II e del suo quasi co-reggente. Come ha infatti spiegato al New York Times Simon Sebag Montefiore, forse lo storico più autorevole della Russia degli Zar, il presidente russo «cerca di fondere la maestà luccicante dell’impero dei Romanov e la cupa gloria della Superpotenza stalinista in un particolare ibrido moderno». Lo studioso pronostica che i resti potrebbero essere portati a Mosca, dove saranno probabilmente oggetto di una celebrazione ultranazionalista trasmessa in diretta tv.
Montefiore ha raccontato nel suo straordinario libro “I Romanov” il rapporto simbiotico tra la Zarina e il Principe, fatto di aperto libertinaggio, volontà di potenza e totale affinità elettiva. Lei nelle sue lettere lo chiamava «il mio Leone», «la mia anima gemella». Entrambi vedevano nello sbocco sui «mari caldi» la porta che attraverso il Bosforo e il Mediterraneo avrebbe definitivamente aperto alla Russia le vie del mondo, grazie alle nuove flotte commerciale e militare create proprio da Potemkin. Con una grande differenza, rispetto al loro ammiratore postumo: contrariamente a Vladimir Vladimirovic, Caterina e Grigorij non volevano un impero sigillato, ma aperto. Kherson e Odessa, fondata nel 1794 pochi anni dopo la morte del principe, dovevano essere finestre cosmopolite spalancate sul Mare Nostrum, calamite per ogni nazionalità ed etnia, che affluirono copiose, a cominciare da quella ebraica. «Potemkin avrebbe disprezzato Putin e tutto quello che rappresenta», dice Montefiore.
Anche perché, la più recente ricerca ha stabilito che la cattiva fama di Potemkin, sinonimo di inganno e camouflage, è legata a un falso storico. Sarebbero stati infatti i suoi nemici aristocratici di San Pietroburgo a inventare di sana pianta la leggenda dei cosiddetti Villaggi Potemkin, le quinte di borghi puliti e ridenti, che il principe avrebbe fatto costruire sulle rive del Volga, in occasione del passaggio della Zarina.
Quella consumatasi nella Cattedrale di Santa Caterina è stata l’ottava volta in cui l’eterno riposo di Grigorij Potemkin è stato violato. La prima nel 1801, dieci anni dopo la sua morte, quando lo Zar Paolo I, figlio e successore di Caterina II, geloso del fatto che la tomba fatta costruire a Kherson dalla madre al suo amante e sodale, fosse diventata luogo di pellegrinaggio, ordinò che Potemkin venisse rimosso e seppellito in un loculo anonimo. Nel frattempo rimesso al suo posto, il sarcofago venne nuovamente aperto nel 1818, nel 1859, nel 1873, nel 1917 durante la Rivoluzione bolscevica, nel 1930 e infine nel 1980 prima del furto di ottobre. Avrà mai pace Grigorij Alexandrovic?
27 novembre 2022 (modifica il 27 novembre 2022 | 12:01)
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, 2022-11-27 18:09:00, Per l’ottava volta le ossa di Grigorj Alexandrovic Potemkin sono state trafugate, stavolta dai russi: perché per Putin sono così importanti , Paolo Valentino