Apre la mostra, Italo Calvino: potere e fascinazione della fiaba realizzata in occasione del centenario dalla nascita dello scrittore e aperta fino al 21 dicembre presso la biblioteca universitaria del complesso Beato Pellegrino di Padova.
Curatrice Marnie Campagnaro, professoressa associata di Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza dell’Università di Padova, la quale spiega: “Dopo la Seconda guerra mondiale il genere della fiaba era imploso”.
“Le ragioni di questa implosione sono molteplici, non da ultimo il pervicace bisogno di realismo e di attivismo socio-politico richiesto alla letteratura. Solo negli anni Settanta si assiste a una rinascita del genere fiabesco. Enaudi anticipa la riscoperta di questo genera narrativo al 1956 quando, nella collana I Millenni, pubblica la raccolta Fiabe italiane a cura di Italo Calvino. Un primo corpus favolistico italiano che ha ispirato la mostra e che ha consentito di riscoprire, anche, molte tradizioni, usi e costumi locali che diversamente si sarebbero persi tra le pagine di fiabe scritte in vernacolo che nessuno avrebbe più letto non conoscendo la lingua”.
“Le fiabe sono luoghi di inclusione sociale”, spiega ancora Campagnaro su Vita.it, “spazi metafisici della realtà popolati da piccoli orfani, bambine premurose, saggio, stolti, esseri con la gobbo, poveri e astuti. Gli eroi delle fiabe sono tutti dei diversi, spesso degli emarginati”.
Ma sono pure, la maggioranza dei protagonisti delle fiabe, “migranti che partono e fanno viaggi lunghissimi per andare a recuperare un oggetto, ritrovare un amico, liberare una città. La stessa Biancaneve è una migrante che passa da un contesto urbano a uno contadino. Da principessa in un castello a ragazzina che deve imparare a lavorare in campagna”.
A parte lo scemo del villaggio, spesso presente c’è pure il tema del figlio più piccolo, colui che poi riesce a portare a termine la sua missione. “Pensiamo alla fiaba del Gatto con gli stivali”
Racconti che ci proiettano in luoghi lontanissimi usando un linguaggio metaforico. Parlano di quello che accade nella realtà e incarnano i valori del tempo in cui sono scritte o raccontate.
“Viviamo un’epoca in cui rispetto a quarant’anni fa c’è un’involuzione nel raccontare le fiabe. Per esempio non vogliamo che al loro interno ci sia un linguaggio scurrile, riferimenti espliciti ad azioni del corpo o alla dimensione sessuale, ma tutto questo nella fiaba c’è. Per questo con il tempo sono state “sanificate” per la società che le deve leggere. O selezionate, dimenticandone alcune e facendo diventare famose altre. In questo senso diventano fondamentali i lavori di catalogazione come quello fatto da Italo Calvino che ha saputo ridare lustro e splendore a questo genere di racconto”.
Tuttavia, vogliamo ricordare che la casa editrice Domzelli, nel 2016 pubblicò “Fiabe e leggende popolari siciliane” di Giuseppe Pitrè con la traduzione italiana a fronte, proprio per consentire una lettura agevole di questo straordinario patrimonio letterario siciliano, nel quale, come dice lo stesso autore, ci sono migliaia di contaminazioni non solo in riferimento al grande mito, ma anche alla tradizione europea più antica.
Dello stesso editore, esiste l’area narrativa e con albi illustrati insieme alla collana “Fiabe e storie”, dedicata ai classici inediti della fiaba internazionale, come il primo manoscritto arabo delle Mille e una notte (2006, 2016) e l’edizione originaria di Tutte le fiabe (2015) dei Grimm.
Donzelli cura pure l’edizione in italiano del repertorio dialettale calabrese di Letterio Di Francia, Re Pepe e il vento magico (2015), mentre pubblica pure Le mie fiabe africane di Nelson Mandela (2004, 2016), Le mille e una donna (2020) di Angela Carter e La più bella del reame (2021) a cura di Maria Tatar, e il saggio di Marina Warner, C’era una volta. Piccola storia della fiaba (2021).
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