In un’Italia dove nascono sempre meno bambini, cresce la povertà educativa di quelli che abbiamo. Il 74% delle famiglie racconta di essere in povertà estrema, che per il 50% dei minori si traduce persino nell’impossibilità di consumare tre pasti al giorni. Tanti quelli che raccontano di abitare in case fredde e sovraffollate, troppi quelli che non si sentono al sicuro nel proprio quartiere. I genitori raccontano di non avere fiducia nella scuola, tanto che molti bambini nemmeno ci vanno. E anche tra coloro che si recano ogni giorno in classe la situazione è preoccupante perché, fuori dalle mura scolastiche, in pochi raccontano di aver mai visto una mostra o di essere mai andati al cinema nell’ultimo anno. A fornire la preoccupante fotografia della povertà educativa nel nostro Paese, sono i dati dell’indagine realizzata da Fondazione L’Albero della Vita (FADV) con la supervisione scientifica dell’Università degli Studi di Palermo che integra i dati dell’ultimo report presentato a maggio dalla Fondazione.
Lo studio, presentato a Roma lo scorso 17 ottobre presso la Camera dei deputati, dimostra come la povertà educativa in Italia sia la prima causa sulla quale si costruisce ogni altra forma di disparità sociale. La condizione di vulnerabilità, le privazioni nel campo dell’alimentazione, delle cure mediche, della corretta genitorialità, della scolarizzazione, della socialità, pesano in modo significativo su quello che è lo sviluppo dei bambini. Uno scenario che, sulla base dell’esperienza di FADV, genera un trasferimento della povertà e dell’esclusione sociale a livello intergenerazionale, alimentando così gli stigmi sociali, il divario dato dalla deprivazione di stimoli, lo scarso accesso alle opportunità esperienziali e più in generale limita le prospettive future.
Dallo studio di FADV, che ha coinvolto 454 beneficiari del Programma Nazionale di contrasto alla povertà “Varcare la Soglia”, attivo a Milano, Perugia, Genova, Napoli, Catanzaro e Palermo, emerge la difficoltà nel far fronte alle spese per le bollette o per il materiale scolastico, che si somma alle difficoltà emotive come gestione dell’ansia e incertezza per il futuro.
La metà degli intervistati ha dichiarato di vivere in una casa affollata o sovraffollata e il 59% dei bambini ha inoltre raccontato che la propria casa è fredda. Emerge in particolare la mancanza, all’interno delle abitazioni, di uno spazio di gioco per i più piccoli o di un posto dedicato a svolgere i compiti scolastici.
Per quanto riguarda invece i quartieri in cui vivono i beneficiari di FADV, dal report si nota che il 49% dei bambini non si sente al sicuro all’interno del proprio quartiere.
Inoltre, tra le famiglie intervistate emerge in generale un senso di sfiducia nei confronti dell’istituzione scolastica a cui va ad aggiungersi un senso di inadeguatezza legato alla scarsità di materiale scolastico (il 63% del campione intervistato ha difficoltà ad acquistarlo) e di abbigliamento adeguato.
Nello specifico, nella fascia da 0 a 2 anni la maggior parte dei bambini (53%) non sono iscritti al nido. Per quanto riguarda la scuola primaria, il 4% dei piccoli non va a scuola, percentuale che sale al 14% per la scuola secondaria di primo grado fino ad arrivare a un preoccupante 41% di minori che non frequentano la scuola secondaria di secondo grado.
Secondo l’indagine più dell’80% dei bambini intervistati la scuola però aiuta a scoprire i propri interessi, capire il mondo e progettare il futuro. Il valore scende relativamente all’aiuto nella comprensione di sé (ha risposto sì il 66%) e rispetto a quanto la scuola contribuisca alla costruzione della fiducia in sé stessi per cui ha risposto sì il 74%.
Il tempo libero dei minori non migliora: i dati rilevati, rispetto all’era pre Covid, evidenziano un peggioramento rispetto alle attività del tempo libero. Preoccupante come solo il 21% dei bambini faccia passeggiate all’aria aperta (rispetto al 41% pre Covid) e sempre solo il 21% pratica uno sport (-8% rispetto al pre Covid). Anche il gioco con parenti e amici ha subìto una variazione del -9%, mentre resta stabile il dato su coloro che trascorrono il tempo libero con i videogiochi e leggermente in aumento coloro che lo impiegano sui social (+4%). Diminuiscono i minori che guardano la tv (59%, -7% rispetto al periodo pre Covid). È allarmante come il tempo libero dei bambini, soprattutto nei quartieri periferici e difficili presi in esame, non sia ricco di attività educative e di crescita, ma li vede invece spettatori dei problemi degli adulti o in strada a giocare senza il controllo di un adulto di riferimento, con il rischio di venire in contatto con la micro-criminalità. Ad esempio, a leggere è solo il 17% del campione (il 60% non ha mai letto un libro), a disegnare il 28%. Il 46% dei rispondenti non è mai stato al cinema nell’ultimo anno e il 36% una sola volta; il 77% non ha mai visitato una mostra e il 94% non è mai stata a un concerto. Infine, il 71% dei bambini ha affermato di non poter andare in vacanza neanche una volta durante l’anno per problemi economici.
Dall’indagine di FADV si nota come al peggiorare delle condizioni di povertà peggiorano anche le capacità emotive e relazionali del bambino. Se a non saper esprimere felicità sono il 38% dei bambini, la percentuale scende al 13% quando si tratta più in generale di saper comunicare le proprie emozioni e al 15% di saper chiedere aiuto. Anche divertirsi in compagnia ed esprimere liberamente il proprio entusiasmo non è cosa semplice: solo il 59% dichiara di saperlo fare.
«Colpendo i minori nel periodo più vulnerabile della loro esistenza la povertà materiale ma soprattutto educativa determina uno svantaggio che difficilmente potrà essere colmato», afferma Isabella Catapano, Direttrice Generale di Fondazione L’Albero della Vita. «I risultati del nostro rapporto sono preoccupanti. È inaccettabile che ancora oggi ci siano bambini che non abbiano mai letto un libro o visitato una mostra, o addirittura non frequentino la scuola. Da anni siamo impegnati in prima linea nel contrasto alla povertà educativa, ma riteniamo imprescindibile che si lavori, insieme Pubblico e Privato Sociale, per migliorare l’accesso ai servizi socio-educativi per le famiglie a rischio di marginalità sociale, rafforzare le competenze genitoriali e far emergere le risorse dei giovani – prosegue Catapano. Crediamo sia fondamentale promuovere comunità educative, con la scuola al centro, in cui gli attori istituzionali, sociali, culturali ed economici si assumano la responsabilità di percorsi di crescita e studio dei minori. Proponiamo di investire sulle politiche del lavoro e di sostenere l’occupazione femminile attraverso l’erogazione di servizi formativi e ricreativi per i bambini. Invitiamo inoltre a utilizzare di più e meglio gli Enti del Terzo Settore come “sentinelle” sui territori, capaci di intercettare i bisogni emergenti, ma allo stesso tempo mediare tra gli attori della rete e le istituzioni e proponiamo di coinvolgerli maggiormente in fase definizione delle politiche di Welfare» conclude la Direttrice Generale di FADV.
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