La povertà educativa, un fenomeno silente ma devastante, sta fratturando l’Italia in due, con un marcato divario tra Nord e Sud del Paese.
Secondo dati elaborati dal Sole 24 Ore, le dieci province del Mezzogiorno presentano la più elevata incidenza di residenti con basso livello di istruzione, pari o inferiore alla licenza media.
Questo squilibrio si riflette anche a livello comunale, con località particolarmente colpite come centri urbani dell’entroterra calabrese, Goro (Ferrara) e Valstrona (Verbano-Cusio-Ossola). In contrasto, comuni come Basiglio (Milano), Pino Torinese (Torino) e Camogli (Genova) vantano i più elevati livelli di istruzione.
La lotta contro questo gap è una delle missioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Con l’obiettivo di ridurre il tasso di early leaver from education and training dal 12,7% nel 2021 al 10,2% entro il 2026, si prevede anche una riduzione della dispersione scolastica al 9% entro il 2030.
La povertà educativa non si limita ai titoli di studio, ma include fattori come l’abbandono scolastico, dotazione scolastica, contesto ambientale, capacità reddituale delle famiglie, disoccupazione e accesso a internet. Essa è fortemente correlata alla povertà economica e limita drasticamente le possibilità educative, soprattutto nei periodi cruciali dello sviluppo individuale.
Il ministero dell’Istruzione e del merito, consapevole dell’urgenza della situazione, ha introdotto l’Agenda Sud. Questo progetto pilota biennale, che si svolgerà negli anni 2023/2024 e 2024/2025, sarà applicato in 150 scuole del Sud, con l’obiettivo di estenderlo ulteriormente.
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