Preghiere in classe, una guerra di religione pseudo-ideologica: come stanno le cose – Tuttoscuola,

Preghiere in classe, una guerra di religione pseudo-ideologica: come stanno le cose – Tuttoscuola,

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La vicenda della maestra sarda, sospesa dal servizio per avere fatto recitare preghiere ai propri alunni, sta provocando non solo il solito proliferare sui social di commenti, a dir poco, impropri, ma ha anche dato la stura ad un dibattito tra esponenti politici che sta mettendo in luce un’ignoranza di fondo sull’argomento, creando imbarazzo per lo stesso ministro Valditara.

C’è chi ha tuonato frasi del tipo: “l’intolleranza verso la religione cattolica” e “l’integralismo laico”.

Cerchiamo di capire la questione di fondo – la recita delle preghiere in classe – senza entrare nel merito del provvedimento disciplinare.

Rientrava nelle facoltà dell’insegnante – non docente di religione in quelle classi – far recitare le preghiere come lei stessa ha dichiarato in una intervista dell’11 aprile a L’Avvenire, il quotidiano dei Vescovi italiani? “All’inizio dell’anno avevo già chiesto ai genitori in una riunione – ha raccontato – se creasse problema recitare una preghiera, per esempio all’inizio delle lezioni, e nessuno si era opposto”.

Quali sono le regole? Vediamo l’evoluzione della normativa in materia fino ad oggi, partendo dalle origini.

Nella riforma Gentile la religione cattolica era stata intesa come «fondamento e coronamento dell’istruzione elementare» (regio decreto 1° ottobre 1923 n. 1285, articolo 3).

Il principio era stato confermato dal Concordato tra Stato e Chiesa nel 1929: «L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica.»

Le successive disposizioni applicative delle norme concordatarie prevedevano che l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica venisse impartito nella scuola elementare dall’insegnante (unico) della classe.

Da allora e per oltre mezzo secolo nella scuola elementare le lezioni iniziavano con il segno della croce e la preghiera del mattino, mentre nel corso della settimana un certo tempo era dedicato dall’insegnante alla conoscenza della dottrina cristiana. Nella mattinata del primo giorno di lezione ogni classe al completo partecipava alla Messa.

Poi è arrivata nel 1984 la revisione concordataria che ha affermato la laicità dello Stato prevista dall’art. 7 della Costituzione (“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”).

La legge 25 marzo 1985 n. 121 all’art. 9 ha riaffermato il principio fondamentale della libertà della scuola e l’esigenza del rispetto delle previsioni costituzionali.

“La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.

Certamente l’insegnamento della religione è cultura religiosa e altrettanto certamente gli atti di culto, le celebrazioni di riti e le pratiche religiose non sono “cultura religiosa”, ma sono piuttosto il rapporto rituale che il credente ha con la propria divinità, un fatto di fede individuale quindi e non un fatto culturale, come ha precisato l’Avvocatura dello Stato.

L’Avvocatura dello Stato, infatti, dopo avere ricordato che “Il principio della laicità dello Stato, delineato dalla Corte Costituzionale con riferimento agli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, trova espressione per la prima volta nella celebre sentenza n. 203/89”, si è espressa in proposito (41778/2008) in questi termini: “Sembra da escludersi la celebrazione di atti di culto, riti o celebrazioni religiose nella scuola durante l’orario scolastico o durante l’ora di religione cattolica, atteso il carattere culturale di tale insegnamento”.  

Gli atti di culto e le celebrazioni religiose si compiono unicamente nei luoghi ad essi naturalmente destinati, che sono le chiese e i templî e non nelle sedi scolastiche, in sedi cioè destinate alle attività didattiche e culturali, finalità appunto della scuola (art. 9 della legge n. 121).

La maestra sarda sembra non aver considerato che il Concordato del 1984 ha cancellato il principio della religione cattolica come «fondamento e coronamento dell’istruzione elementare» di quasi un secolo fa.

Sembra anche non conoscere i relativi protocolli aggiuntivi e l’Intesa intervenuti tra Stato italiano e Chiesa Cattolica, nonché la pronuncia dell’Avvocatura dello Stato, ma quel che stupisce e preoccupa maggiormente è il fatto che stanno dimostrando ignoranza in merito anche esponenti politici i quali preferiscono strumentalizzare la vicenda per lo scontro politico.

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