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Non ci sono solo i 55 obiettivi Pnrr da centrare entro dicembre. A preoccupare palazzo Chigi ci si sono messi anche i target del 30 giugno. L’Italia li ha centrati tutti e 45, e a fine giugno ha inviato la richiesta alla Commissione Ue per ottenere i 21 miliardi di seconda rata (10 di sovvenzioni, 11 di prestiti). Ma in sede di “assessment”, e vista la caduta del governo Draghi e la campagna elettorale, più di una preoccupazione all’interno dei tecnici del governo sta spuntando sulla scuola, e in particolare sulla norma approvata con il decreto Aiuti bis (che modifica il decreto Pnrr, la legge 79) per introdurre, su input di Bruxelles, un primo assaggio di carriera per gli insegnanti, legata alla formazione professionale.
La nuova figura del docente esperto
Parliamo della nuova figura del docente esperto, che da sinistra a destra sta però ora ricevendo forti critiche, con quasi tutti i partiti pronti, con diverse motivazioni, a “smontarla”. Ma un eventuale passo indietro sulla misura, stavolta, non avrebbe effetti solo di politica scolastica interna, ma anche esterni, visto che è una richiesta posta espressamente dall’Europa, e legata al Pnrr; e se viene meno l’Italia si esporrebbe a una inadempienza, con il rischio di perdere le risorse comunitarie.
L’ipotesi di blindare la norma
La questione è seria (reclutamento e formazione dei docenti è una riforma abilitante, ndr), e all’interno del governo c’è chi inizia a valutare la necessità di blindare la norma, che, nei fatti, rende stabile il processo di selezione e di differenziazione salariale dei docenti (oggi in Italia le buste paga degli insegnanti crescono solo attraverso l’anzianità di servizio e non per merito). E lo fa in questo modo, da un lato prevedendo corsi di formazione triennali che, a seguito di valutazione positiva, consentono di riconoscere all’insegnante «un elemento retributivo una tantum di carattere accessorio, stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale» tra il 10 e il 20 per cento del trattamento stipendiale; e dall’altro, aggiungendo un altro tassello, che dispone per «i docenti di ruolo che abbiano conseguito una valutazione positiva per tre percorsi formativi consecutivi» la possibilità di maturare il diritto ad un assegno ad personam di importo pari a 5.650 euro annui che si sommano al trattamento stipendiale (si tratta di risorse pari a un incremento del 15% dello stipendio medio). Quest’ultima novità partirà nel 2032/33 e fino al 2035/36 interesserà un contingente di 32mila docenti esperti (8mila l’anno), con l’obiettivo di portare all’interno di ciascuna scuola un nucleo di professori (in media 4 per ogni scuola) che possono contribuire a migliorare l’offerta formativa complessiva.
Lo stop dei partiti
Sono almeno vent’anni, dal famoso “concorsone Berlinguer” ai progetti Gelmini, fino ad arrivare al bonus merito della Buona Scuola di Renzi, che si tenta, ma senza successo, di introdurre un po’ di merito e di carriera nella scuola. E anche stavolta i partiti si mettono di traverso. Il Pd, con Manuela Ghizzoni, chiede di espungere la qualifica di docente esperto; di far avere l’incentivo dopo tre percorsi formativi (quindi anche non consecutivi); di “premiare” tutti coloro che raggiungono gli obiettivi sulla formazione (non solo gli 8mila fissati dalla norma). Il tutto all’interno della contrattazione. Su sponda opposta, Valentina Aprea (Fi) sottolinea come «vada certamente salvato il principio della progressione dello sviluppo professionale dei docenti legato a incrementi economici. Ma sulla norma abbiamo molti dubbi, e se approvata andrà riscritta. Se l’Europa chiede la carriera per gli insegnanti è l’ora che si faccia. Ma va fatta bene». Anche la Lega, con Mario Pittoni, critica la disposizione sul docente esperto: «Uno spot per pochi intimi. Va garantito uno stipendio dignitoso ai docenti, poi va bene individuare meccanismi condivisi di riconoscimento del merito». Unico partito controcorrente è Iv, che con Gabriele Toccafondi spiega: «Il Ccnl va rinnovato, ed è fondamentale. Ma va mantenuto il fondo per il merito perché non tutti i docenti hanno stessi compiti, medesime funzioni, si formano allo stesso modo. Basta bloccare riforme utili al Paese».
, 2022-08-28 11:52:00, Un eventuale passo indietro comporterebbe la perdita delle risorse comunitarie, di Claudio Tucci