di Lara Sirignano
L’audizione per gli ex titolari di Difesa e Infrastrutture per il caso dei 147 profughi soccorsi dalla nave della ong spagnola ad agosto del 2019. Trenta: «Io mi rifiutai di controfirmare»
Fu Matteo Salvini a decidere le sorti dei 147 profughi soccorsi dalla nave della ong spagnola Open Arms ad agosto del 2019. Fu Matteo Salvini a negare loro, per giorni, lo sbarco in un porto italiano. Gli ex ministri della Difesa e delle Infrastrutture Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli, non hanno dubbi. «L’indicazione del porto sicuro spettava a lui», dicono, deponendo davanti al tribunale di Palermo che processa il leader leghista, all’epoca titolare del Viminale, per aver illegittimamente negato l’approdo sulle coste italiane all’imbarcazione carica di migranti.
L’odissea, costata al senatore del Carroccio l’imputazione di sequestro persona e rifiuto di atti d’ufficio, si concluse il 20 agosto con l’ordine della Procura di Agrigento di sbarco per tutti i profughi a bordo. Sia Trenta che Toninelli firmarono il primo decreto che vietava alla Open Arms di entrare in acque italiane. «All’epoca era un atto che condividevo», specifica Toninelli. «Non sapevo di terroristi a bordo, né di minacce alla sicurezza nazionale determinate da un eventuale sbarco. A me competeva solo accertare che il divieto di ingresso nel nostro mare non riguardasse navi militari», dice Trenta. Ma il 14 agosto il Tar del Lazio, dando ragione alla associazione umanitaria, annullò il decreto e le cose cambiarono. «Non firmai il nuovo decreto che Salvini mi propose perché non ritenevo sensato riproporre un provvedimento identico a condizioni immutate, anzi peggiorate per chi era a bordo», dicono entrambi i testi.
Una rottura netta con il collega del Viminale che rifletteva le forti tensioni nel governo. «All’epoca della Open Arms non esisteva già più un esecutivo, esisteva una persona, Salvini, che andava in giro, era in campagna elettorale e parlava alla pancia delle persone. Non si facevano più Consigli dei Ministri. Siccome si sapeva che sarebbe stato sfiduciato il Governo, si stava cercando di monetizzare stressando l’argomento immigrazione che era molto sentito» racconta l’ex ministro Toninelli che, però, non risparmia critiche alla ong spagnola per aver rifiutato sia l’approdo a Malta che l’offerta di sbarco delle autorità spagnole. «In mare c’è l’obbligo di salvare chi è in pericolo, ma poi si devono rispettare le leggi. E la Open Arms non agì correttamente», dice. «Io da ministro dell’Interno non mi sarei comportata così. Le nostre battaglie giuste, che miravano a coinvolgere l’Europa nella gestione del fenomeno migratorio e nei ricollocamenti, non devono ricadere sui fragili e ci sono diritti umani che vanno rispettati. I migranti si potevano farle sbarcare e si potevano fare successivamente le verifiche necessarie per garantire la sicurezza nazionale», ribadisce più volte Trenta. E agli atti del processo, a sorpresa, entrano i video, le foto e alcuni file audio realizzati da un sommergibile della Marina sul posto al momento del soccorso. Secondo la difesa di Salvini proverebbero le anomalie e le irregolarità commesse dalla ong nel salvataggio. «Dalle immagini è evidente che il barchino era in difficoltà e che stava per colare a picco», replicano gli inquirenti che sul materiale ripreso dalla Marina hanno disposto una consulenza.
2 dicembre 2022 (modifica il 2 dicembre 2022 | 15:51)
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, 2022-12-02 16:06:00, L’audizione per gli ex titolari di Difesa e Infrastrutture per il caso dei 147 profughi soccorsi dalla nave della ong spagnola ad agosto del 2019. Trenta: «Io mi rifiutai di controfirmare», Lara Sirignano