Su Il Fatto Quotidiano, il docente e giornalista Alex Corlazzoli scrive sulle prove Invalsi. Non è tenero il giudizio di Corlazzoli riguardano le rilevazioni.
Da oggi nelle scuole primarie italiane prende il via un’importante iniziativa: i test Invalsi, ovvero le rilevazioni nazionali degli apprendimenti in italiano, matematica e inglese. Tuttavia, la validità di questi test è stata messa in discussione per varie ragioni.
- La prima ragione riguarda l’efficacia dei test Invalsi nel risolvere i problemi dell’istruzione. Nonostante misurino la performance degli studenti, non si traducono in azioni concrete per affrontare le carenze rilevate. I dati di quest’anno saranno presentati durante l’estate, ma già ora si può prevedere che non apporteranno grandi cambiamenti.
- La seconda ragione è la scarsa fiducia degli insegnanti italiani nei confronti dei test Invalsi. La maggior parte di loro non ne vede l’utilità, ma è costretta a somministrarli e correggerli senza alcun compenso aggiuntivo. Alcuni insegnanti si concentrano sul preparare gli studenti ai test, mentre altri li aiutano a completarli. Tuttavia, coloro che si oppongono ai test sono una minoranza e hanno difficoltà a esprimere il loro dissenso a causa delle restrizioni sugli scioperi.
- La terza ragione è la mancanza di coinvolgimento degli studenti nel processo dei test Invalsi. Essi spesso non vedono l’utilità dei test e, sapendo che non influiscono sul loro voto, possono essere tentati di rispondere a caso. Gli studenti delle scuole secondarie, in particolare, hanno sviluppato strategie per aggirare il sistema.
- L’ultima ragione riguarda i genitori, anch’essi coinvolti nei test Invalsi. Spesso non ne sono a conoscenza e non seguono i risultati, affidandosi semplicemente alle scelte delle scuole. I presidi, a loro volta, non coinvolgono adeguatamente i genitori nel processo. Sono rari i casi di genitori che decidono di non far partecipare i propri figli ai test, mentre molti credono erroneamente che siano obbligatori.
Per Corlazzoli i test Invalsi sembrano essere più una sceneggiata che un reale strumento di valutazione dell’istruzione, con costi elevati e scarsa efficacia nel migliorare la qualità dell’istruzione in Italia.
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