Putin, Shoigu e l’annuncio del «successo» a Mariupol: «L’acciaieria? Da quelle catacombe non deve uscire una mosca»

Putin, Shoigu e l’annuncio del «successo» a Mariupol: «L’acciaieria? Da quelle catacombe non deve uscire una mosca»

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di Marco Imarisio

Il presidente russo e il ministro della Difesa sono apparsi insieme per la prima volta dal 28 febbraio scorso per annunciare la presa della «capitale dei nazisti di Azov»: Putin ha platealmente bloccato il piano di Shoigu per la presa dell’acciaieria («Inappropriato, cancellalo subito») e usato metafore animali per parlare dei resistenti ucraini

Le difficoltà richiedono l’ormai celebre tavolo lungo, per rimarcare la propria distanza. Le vittorie invece vanno annunciate con un faccia a faccia, seduti uno di fronte all’altro e separati da pochi centimetri.

Questa mattina Vladimir Putin e il suo ministro della Difesa, l’enigmatico Sergey Shoigu, sparito dall’inizio della guerra e riapparso sporadicamente in video registrati, sono apparsi insieme per la prima volta dallo scorso 28 febbraio, quando il responsabile dell’esercito russo, insieme al Capo di Stato maggiore Valery Gerasimov, ricevette, da lontano, e con una espressione perplessa l’ordine di attivare la deterrenza nucleare.

Oggi invece erano vicinissimi. Shoigu si è recato al Cremlino per annunciare l’avvenuta presa di Mariupol.

«La città è stata liberata dalle forze armate della Federazione Russa e dalla milizia popolare della Repubblica popolare di Donetsk. I resti della formazione dei nazionalisti si sono rifugiati nella zona industriale dello stabilimento Azovstal. Nel 2014, il regime di Kiev ha dichiarato la città capitale temporanea de facto della regione di Donetsk, trasformandola in otto anni in una potente area fortificata e in un rifugio per i nazionalisti radicali ucraini. Questa è in realtà la capitale di “Azov”, il battaglione “Azov”».

Il tono può sembrare quello di un comunicato stampa, o di una lezione recitata a memoria da un alunno davanti a un professore severo. Ma è la trascrizione letterale dell’incontro, che ha avuto il passo solenne di una recita preparata con cura.

L’enfasi sull’importanza di Mariupol, definita capitale del battaglione Azov, ovvero dei nazisti secondo la propaganda del Cremlino, permette di portare alla Festa della Vittoria del prossimo 9 maggio quel risultato al quale Putin teneva tanto, per presentarsi al suo popolo come il condottiero di un esercito che sta raggiungendo i propri obiettivi.

Shoigu sembra dire che il merito non è suo, ma di Putin, facendo spesso riferimento alle istruzioni ricevute dal Cremlino. «Durante la liberazione di Mariupol, l’esercito russo e le unità della milizia popolare della DPR hanno adottato tutte le misure per salvare la vita dei civili. Qui, su tua istruzione, Vladimir Vladimirovich, dal 21 marzo sono stati aperti tutti i giorni corridoi umanitari per l’evacuazione di civili e cittadini stranieri. Oggi, l’intera Mariupol è sotto il controllo dell’esercito russo, della milizia popolare della Repubblica popolare di Donetsk e il territorio dello stabilimento Azovstal con i resti di nazionalisti e mercenari stranieri è bloccato in modo sicuro».

Il ministro della Difesa dice che ci vorranno 3-4 giorni «per finire il lavoro».

Ma qui, dopo la lunga prolusione di Shoigu, interviene Putin, in modo secco. «Considero inappropriata la proposta di assalto alla zona industriale. Ti ordino di cancellare questo progetto».

«Sì», è l’unica interlocuzione di Shoigu.

Da qui in poi, è un monologo del presidente, interrotto tre volte dagli «obbedisco» del suo sottoposto.

«Questo è il caso in cui dobbiamo pensare – cioè dobbiamo sempre pensare, ma in questo caso ancora di più – a preservare la vita e la salute dei nostri soldati e ufficiali. Non c’è bisogno di arrampicarsi in queste catacombe e strisciare sottoterra attraverso queste strutture industriali. Quindi, blocca questa zona industriale in modo che non ne esca una mosca».

Come al solito, Putin fa ricorso a metafore animali. I nemici interni, le quinte colonne, erano state definite moscerini da sputare per terra, i resistenti di Azov sono mosche, una cosa piccola, un fastidio. Quello che conta è invece il risultato.

«Il completamento del lavoro di combattimento per liberare Mariupol è un successo. Congratulazioni. Manda i tuoi ringraziamenti alle truppe. Si prega di presentare proposte per premiare i nostri illustri soldati per riconoscimenti statali. È chiaro che in questi casi non può essere altrimenti, si tratta di riconoscimenti diversi, ma voglio che tutti sappiano: nella nostra comprensione, sono tutti eroi, nella comprensione di tutta la Russia. Sono tutti eroi». Il presidente lo ripete per ben due volte, a rimarcare l’importanza dell’obiettivo raggiunto.

«Certo, la liberazione di un centro così importante del Sud come Mariupol è un successo. Congratulazioni» conclude magnanimo.

Shoigu: «Grazie, Vladimir Vladimirovich».

La tavola per la grande parata del 9 maggio è imbandita. Putin ha annunciato la sua vittoria. Adesso resta da capire se può accontentarsi. O se andrà avanti. Anche perché da sola, Mariupol non basta a giustificare perdite così alte da parte dell’esercito russo. E prima o poi, qualcuno ne chiederà conto.

21 aprile 2022 (modifica il 21 aprile 2022 | 13:06)

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, 2022-04-21 21:39:00, Il presidente russo e il ministro della Difesa sono apparsi insieme per la prima volta dal 28 febbraio scorso per annunciare la presa della «capitale dei nazisti di Azov»: Putin ha platealmente bloccato il piano di Shoigu per la presa dell’acciaieria («Inappropriato, cancellalo subito») e usato metafore animali per parlare dei resistenti ucraini, Marco Imarisio

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