Quando a Ivrea inventarono i primi computer (e lo spot del ‘65 preannunciava lo smart working)

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di Dario Basile

Roberto Olivetti chiese all’ingegner Perotto di progettare una macchina elettronica dalle particolari caratteristiche: di piccole dimensioni in modo da poter stare su una scrivania. E nella réclame un uomo d’affari lavora a bordo piscina

Nell’archivio storico Olivetti è conservata una foto del 1964 in cui si vedono quattro uomini accanto a uno strano prototipo. Quello scatto, all’apparenza insignificante, segna in realtà l’inizio di una rivoluzione nelle nostre vite.

Gli ingegneri Pier Giorgio Perotto, Giovanni De Sandre (seduti in prima fila) e il perito tecnico Gastone Garziera (in piedi a sinistra) avevano quasi ultimato la Olivetti Programma 101, il primo personal computer al mondo, e decisero di immortalare quel momento. Ma prima di arrivare a quella foto occorre fare un passo indietro.

I primi computer erano stati sviluppati per scopi bellici, durante la Seconda Guerra Mondiale. Erano macchine enormi, costose e utilizzate solo da tecnici specializzati. Il governo statunitense ne aveva intuito l’importanza strategica e oltre oceano si investivano enormi risorse in quella tecnologia. Anche in Italia la Olivetti inizia a lavorare a quei grandi calcolatori.

Nel 1955 a Ivrea viene lanciato il progetto dell’Elea 9003, il primo calcolatore elettronico italiano, che quattro anni dopo verrà presentata al presidente Gronchi. All’Olivetti lo sviluppo dell’elettronica incontra però delle grosse difficoltà, la nuova tecnologia richiede grandi investimenti e i ritorni economici sono previsti solo a lungo termine. Come se non bastasse, nel febbraio del 1960 muore improvvisamente Adriano Olivetti segnando in qualche modo la fine di un’epoca.

La guida dell’azienda viene assunta dal figlio Roberto. Quelli che seguono sono anni complicati, la situazione economica richiede l’ingresso di nuovi soci e una vasta riorganizzazione aziendale. Nel 1964 la Divisione Elettronica Olivetti, anche sotto pressioni politiche internazionali, viene ceduta alla General Electric. C’è però un progetto, iniziato nella primavera del 1962, che non viene passato ai nuovi acquirenti americani e che va avanti in maniera semiclandestina. È l’idea di creare un nuovo tipo di computer, poco più grande di una scatola di scarpe, che poteva essere tenuto su una scrivania e a portarlo avanti ci sono tre intrepidi inventori. In Olivetti si era capito che la meccanica era giunta al suo apice e l’elettronica poteva consentire nuovi sviluppi di mercato. Roberto Olivetti chiede, quindi, all’ingegner Perotto di progettare una macchina elettronica che avrebbe dovuto avere delle caratteristiche ben precise.

Ricorda Gastone Garziera, uno dei tre protagonisti della foto: «Roberto Olivetti aveva chiesto una calcolatrice elettronica e Perotto ha pensato che quella macchina dovesse essere di piccole dimensioni in modo da poter stare su una scrivania, una sfida che sembrava impossibile all’epoca. La seconda questione riguardava i costi, in quel momento i componenti elettronici erano cari quindi dovevano essere ridotti all’osso».

C’era poi un terzo problema, non certamente più semplice degli altri. I grossi calcolatori necessitavano di squadre di tecnici per funzionare, il nuovo computer era rivolto a non specialisti, doveva bastare un librettino di istruzioni. Il piccolo gruppetto di inventori riesce a risolvere una sfida dopo l’altra. Il problema della dimensione viene aggirato grazie alla nuova memoria magnetostrittiva, costituita da un filo di acciaio armonico arrotolato. La semplicità nell’utilizzo era garantita da delle schedine magnetiche che, una volta inserite, contenevano tutte le informazioni per svolgere uno specifico programma.

Quei tre uomini non erano consapevoli di aver dato inizio a una rivoluzione. Ultimata la macchina, i tre si recano dal loro dirigente, Natale Capellaro, per presentare il prototipo definitivo. Ricorda Garziera: «Terminata la presentazione Capellaro rimase in silenzio con la testa piegata poi disse a Perotto: caro ingegnere, vedendo questa macchina io capisco che l’era del calcolo meccanico è finita».

Quel piccolo computer poteva servire per molteplici usi, dalla scuola, all’ufficio, alle sale operatorie. In uno spot della Programma 101 si preconizza l’arrivo dello smart working, si vede un uomo d’affari lavorare a bordo piscina.

Nell’ottobre 1965 la Programma 101 viene presentata alla Mostra Internazionale di Macchine per Ufficio di New York e diviene la vera protagonista dell’esposizione conquistando anche l’attenzione della stampa statunitense. Tra i primi acquirenti ci fu la Nasa che ne ordinò oltre 40 e li utilizzò per il calcolo delle rotte lunari, che avrebbero portato l’uomo sulla luna con la missione Apollo 11.

Le imprese concorrenti cercano di correre ai ripari realizzando dei prodotti simili. Era iniziata una corsa sfrenata. Due anni dopo, nel 1967, la Hewlett Packard presenterà sul mercato l’HP9100, un calcolatore che adotterà alcune soluzioni brevettate dalla P101, tanto che la HP dovrà versare all’Olivetti 900mila dollari a titolo di royalties. Per competere in quel nuovo mercato occorrevano grandi risorse e competenze che l’Olivetti non aveva più, avendo ceduto l’intera Divisione Elettronica.

I tre uomini della foto avevano aperto un sentiero e su quella traccia altri hanno costruito l’autostrada del futuro.

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5 settembre 2022 (modifica il 5 settembre 2022 | 15:33)

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