Tempo di vacanze per migliaia di bambini, ma a settembre, come ormai capita da quasi trent’anni, questi scolaretti, come milioni di altri bambini prima di loro, troveranno ad accoglierli più d’una insegnante, tre o quattro almeno, come è capitato forse anche ai loro giovani genitori. Prima, no.
Prima, fino al 1990, in cattedra c’era una sola maestra, un unico insegnante.
Per oltre un secolo, fin da quando nell’Italia unita era stato introdotto l’obbligo scolastico, l’insegnante nella scuola elementare era uno solo, unico per ogni classe.
E nelle località più remote, in montagna soprattutto, quell’unico insegnante aveva spesso alunni di tutte e cinque le classi, eventualmente gestite parte al mattino e parte al pomeriggio. Si può dire che in quei casi c’era il tempo pieno, ma non quello degli alunni, bensì quello dell’insegnante a cui venivano affidati contemporaneamente anche trenta o quaranta alunni tra mattina e pomeriggio.
Erano quasi sempre maestre che, sistemate in alloggi un po’ rimediati nel paese dove insegnavano, trascorrevano molto tempo lontano da casa a cui tornavano una volta o due al mese.
Molti disagi da affrontare, pochissimi o nulli i riconoscimenti per quel lavoro prezioso e generoso, gratificate soltanto dal rispettoso ossequio della gente.
Per decenni migliaia di quelle maestre uniche hanno aiutato generazioni di alunni dei paesi sperduti nelle montagne a riscattarsi dall’analfabetismo e ad integrarsi nella società.
A volte, però, chi dà riceve, come è capitato ad una maestra toscana, Maria Ancarani, che negli anni ‘20 era andata ad insegnare a nord della sua terra, al di là dell’Appennino, in un piccolo paese della montagna reggiana, al Crocicchio di Paullo di Casina negli anni in cui la gestione delle scuole comunali passava allo Stato.
Giovane maestra, si era fermata per diversi anni in quel paese lontano da casa, dedicando tempo e passione a favore di diverse generazioni di bambini. In una vecchia fotografia del 1920-21 è ritratta con la sua numerosa scolaresca di 40 alunni.
Poi, avanti in età, se n’era tornata nel suo paese in Toscana, forse dimenticata; e di lei si era persa ogni notizia.
Tanti anni dopo, a metà degli anni ’50, il giovane parroco di Paullo riceveva una telefonata da una persona che, qualificandosi come parente di una maestra che tanti anni prima aveva insegnato nel paese – si trattava della Ancarani – , ne annunciava la morte e chiedeva, per volontà della defunta, una messa di suffragio.
Il parroco, al termine della messa domenicale, comunicava ai fedeli che vi sarebbe stata alcuni giorni dopo, a metà della settimana, una messa di suffragio per una maestra sconosciuta, una certa Maria Ancarani, che tanti anni prima aveva insegnato nelle scuole elementari di Paullo al Crocicchio.
La mattina fissata per quella celebrazione, indossati i paramenti liturgici, il parroco era uscito dalla sagrestia pensando di trovare inginocchiati sui banchi il solito piccolo gruppo di devote vecchiette presenti a tutte le messe infrasettimanali, ma, entrato in chiesa, si era fermato sbalordito: la chiesa era gremita in ogni angolo da uomini e donne di ogni età, anziani soprattutto: l’intero paese.
Erano le generazioni degli alunni della maestra Maria Ancarani, venuti a tributarle l’ultimo omaggio e ad esprimerle il proprio ringraziamento: non avevano dimenticato.
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