Un episodio drammatico viene riportato nei giorni scorsi dai giornali. Un ragazzino di 14 anni ferisce gravemente un compagno, fuori dalla scuola. Quello che è certo, si tratta di un dramma che ha tante vittime, i due ragazzi, i loro genitori, le principali. Non ho elementi che aiutino a capire il perché di questo atto violento, posso solo sentirmi vicino a tanta sofferenza. Ma mi ha colpito molto quanto ha detto il ministro Valditara, almeno così come lo riporta il quotidiano Repubblica. Ecco le parole: “questo ennesimo fatto di violenza evidenzia ancora una volta la necessità di riportare la cultura del rispetto nelle nostre scuole. Auspico che quanto prima il Parlamento approvi il disegno di legge sul voto in condotta e le misure riparative”.
Mi chiedo, che cosa c’entra il voto in condotta? Quale voto il ministro darebbe al feritore? In che modo la minaccia di questo voto, immagino gravissimo, avrebbe potuto prevenire l’aggressione? O riparare i danni? E siamo sicuri che l’alunno che ha compiuto un atto così violento fosse un alunno indisciplinato, problematico, degno di un voto in condotta negativo? Quante volte le cronache ci riportano fatti terribili compiuti da ‘bravi ragazzi’, certamente meritevoli di un alto voto in condotta?
Ho più volte richiamato a riflettere su cosa intendere per ‘buona condotta’, ‘buon comportamento’ a scuola. Penso anch’io, come il ministro, che la scuola debba promuovere la cultura del rispetto, e il buon comportamento. Ma che cosa intendere per buon comportamento?
Per me il buon comportamento è una qualità attiva, molto di più che non disturbare, non danneggiare, non compiere atti violenti … è impegnarsi in prima persona, fare qualcosa per gli altri, per la comunità… Tutto curricolo va inteso come strumento finalizzato a promuovere buon comportamento, cioè promuovere comportamenti di cittadinanza attiva. La scuola che vibra di passione civica, la scuola che insegna a prendersi cura non a parole, ma attraverso le esperienze che propone, è la scuola del buon comportamento. Una scuola che si rende credibile non con le sanzioni, l’inasprimento delle pene, il ricatto del voto, l’intolleranza del dissenso, ma con l’ascolto del dolore, la pratica del dialogo, la ricerca del punto d’incontro, la responsabilizzazione, la proposta ‘di qualcosa di grande’, l’I Care. La buona condotta, così come viene solitamente prefigurata, si esprime nella disponibilità che uno studente ha di adattarsi alle regole della scuola, che con un voto ne prende atto; la buona condotta, almeno come io la intendo, non è il riflesso comportamentale di adattamento dell’alunno alle richieste degli insegnanti, ma è quel comportamento che la scuola stessa promuove quando lo invita a servirsi delle competenze che sta sviluppando per metterle a disposizione degli altri e dell’ambiente. Quando questo avviene, lo vediamo in tante esperienze, anche gli studenti che avremmo classificato come i più difficili o meno motivati si dimostrano partecipi, protagonisti positivi, scoprendo quasi con sorpresa di essere in grado di fare qualcosa di importante, di apprezzato anche socialmente. Siamo scuri che un voto in condotta li motiverebbe di più?
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