Quirinale, la spinta per raggiungere in extremis l’intesa sul governo Draghi

Quirinale, la spinta per raggiungere in extremis l’intesa sul governo Draghi

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di Marzio BredaPer il presidente Mattarella non ci sarebbero alternative alle elezioni anticipate se il presidente del Consiglio decidesse oggi di dimettersi Restare? Ma come? Con che prospettive di governare sul serio? E con quale patto di fine legislatura? Sono questi gli interrogativi che hanno assillato Mario Draghi negli ultimi cinque giorni, e ieri in particolare, vigilia del cruciale appuntamento alle Camere. Ne ha parlato con il presidente della Repubblica, mostrandosi un po’ meno irremovibile e rigido nei suoi propositi di una settimana fa, quando voleva mollare tutto subito, senza neppure passare per il Parlamento. Stavolta almeno ha elencato i pro e i contro di una propria permanenza a Palazzo Chigi. Già un passo avanti, insomma. Probabile che il suo mutato approccio sia anche effetto del grande pressing — interno e internazionale — perché resti alla guida del governo. Così eccolo un po’ più possibilista, ma poco. Infatti, definirlo fiducioso è troppo. E questo vale per lui come per Sergio Mattarella, davanti al quale il premier non ha ancora scoperto le proprie carte per la semplice ragione che non ha ancora deciso quello che intende fare. Comprensibile: siamo in una fase di negoziati, espliciti o sottotraccia, e Draghi deve aspettare di conoscere gli atteggiamenti dei gruppi parlamentari. Di ciò che pensa il Pd, ha avuto notizia ieri da Enrico Letta. Ma è il resto che preoccupa lui e il capo dello Stato. A parte l’enigma nichilista del M5S, non incoraggiante è pure la linea ondivaga del centrodestra, che unisce due partiti al governo e uno all’opposizione. Che cosa potrebbe fare in aula, per esempio, il leader leghista Matteo Salvini, ricevuto a Palazzo Chigi ieri sera con il forzista Antonio Tajani (incontro preceduto da una telefonata Berlusconi-Draghi), dopo aver anticipato ai suoi colonnelli il no a un recupero dei 5 Stelle e richieste muscolari, come un rimpasto e una girandola di deleghe ministeriali, prefigurando un Draghi bis? Siamo a una specie di partita degli scacchi, quando un giocatore chiama un gioco sospeso in attesa di capire le mosse dell’avversario. Solo che stavolta tutti alzano la posta. Il che preoccupa Mattarella quanto Draghi. Il premier ha già fatto capire chiaramente di non voler accettare rilanci, veti e ultimatum. Altrimenti quale agibilità avrebbe un esecutivo tenuto a battesimo un anno e mezzo fa sul Colle come «di salvezza nazionale», cioè con tutti (o quasi) dentro, e che si ritrovi adesso mutilato e litigiosissimo? Dove finirebbe la responsabilità tanto invocata dal presidente? L’esito della partita dipenderà da quel che Draghi dirà in Senato, e da come lo dirà. Potrebbero bastare poche parole sulle quattro o cinque emergenze sulle quali l’Italia deve impegnarsi. Se non lo staranno a sentire è già pronto il decreto di scioglimento, con la data del voto. Il 2 ottobre. 20 luglio 2022 (modifica il 20 luglio 2022 | 08:42) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-20 06:42:00, Per il presidente Mattarella non ci sarebbero alternative alle elezioni anticipate se il presidente del Consiglio decidesse oggi di dimettersi, Marzio Breda

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