La premier Giorgia Meloni ha indicato il quoziente familiare, insieme con il potenziamento dei nidi e dell’assegno unico per i figli, come gli strumenti che il governo intende utilizzare per favorire le famiglie che fanno figli. I problemi legati a questo tipo di riforma sono dati dal fatto che è costosa. Secondo gli studi fatti dal tecnici di Fratelli d’Italia, servirebbero almeno 6 miliardi di euro. Ma che cosa è il quoziente familiare? Come funziona? Aiuta davvero le famiglie? Promuove o ostacola il lavoro femminile? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Santoro, docente di Scienza delle Finanze all’università Bicocca di Milano, ex consigliere del Mef (con il governo Draghi).
Cos’è e a cosa serve il quoziente familiare
«Il quoziente familiare è un sistema per tassare i cittadini tenendo conto del carico familiare e quindi dei figli», spiega Santoro. «Prendiamo un single che guadagna 60 mila euro lordi l’anno e un coetaneo con moglie e due figli con la stessa retribuzione: se il fisco li tassa allo stesso modo, non tenendo conto dei carichi familiari, in qualche modo opera una discriminazione. Ed è questo che il quoziente familiare vuole evitare».
Gli svantaggi
Il problema, obietta Santoro, «è che il sistema del quoziente familiare ha degli svantaggi. Due in particolare: premia soprattutto i ricchi con redditi alti, inoltre disincentiva il lavoro femminile». Bisogna tenere presente che nella stragrande maggioranza delle famiglie italiane le donne guadagnano meno dei mariti/compagni. Con il quoziente familiare si fa in sostanza una media dei due redditi e li si tassa con la stessa aliquota. Di conseguenza il marito che aveva il reddito più alto ha un’aliquota più bassa rispetto al caso in cui fosse single mentre la moglie con un lavoro part time avrebbe un’aliquota più alta, sempre rispetto al caso in cui non avesse famiglia. Le famiglie con uno dei due genitori con un reddito molto alto e il secondo che non lavora sarebbero le più avvantaggiate. «Non escludo che, facendo i conti a casa la sera dopo cena, la famiglia che abbiamo preso come esempio decida che è più conveniente che la moglie rinunci al lavoro per curare i figli, risparmiando sulla baby sitter, e il marito faccia invece qualche ora di straordinario in più».
Il paragone con la Francia
Certo, in Francia, un Paese che ha investito molto sulle politiche per la natalità, il quoziente familiare esiste… «Esiste certo ma è molto criticato – fa notare Santoro –. Invito per esempio a leggere a questo proposito l’analisi di Emmanuel Saez, Thomas Piketty e Camille Landas nel saggio “Per una rivoluzione fiscale”. Il problema è che per neutralizzare l’effetto distorsivo sull’occupazione femminile è possibile ma servirebbero correttivi per esempio sul fronte delle detrazioni. In pratica, per evitare le distorsioni servirebbe investire fondi pubblici aggiuntivi». «E poi c’è anche un altro aspetto – conclude Santoro -. Noi uno strumento per sostenere chi fa figli ce l’abbiamo già. È’ l’assegno unico, lo abbiamo appena introdotto. Se ci sono risorse aggiuntive avrebbe più senso utilizzarle per migliorarlo e potenziarlo».
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, 2022-10-27 06:44:00, Giorgia Meloni vuole una riforma dell’Irpef per le famiglie partendo dallo strumento di politica fiscale che tiene conto della numerosità del nucleo familiare nella tassazione del reddito. Ma c’è il rischio di disincentivare il lavoro femminile , Rita Querzè