“Oggi mi è successa una delle cose più pazzesche di tutta la mia vita”. Così inizia il post del professor Enrico Galiano sulla sua pagina Facebook. Un post forte che fa riflettere anche sul momento particolare che stanno attraverso i nostri giovani. “Davvero, sono ancora qui mezzo tramortito – scrive il docente che è anche scrittore -, e sono passate ore. Soprattutto mi sembra incredibile sia successo proprio a me. Non so nemmeno se raccontarla, perché sono il primo che fa fatica a crederci”. E racconta di un ragazzo che, probabilmente, aveva pensato di togliersi la vita gettandosi dal tetto della propria scuola ma che, fortunatamente, non l’ha fatto.
“Faccio una premessa, prima: per proteggere il ragazzo e la scuola, non dirò dove è successo. Le insegnanti e il personale sanno, erano lì, hanno visto. E tanto basta. Dunque, per tanti motivi, spesso mi capita di visitare scuole che non sono la mia. Stavolta non dovevo incontrare studenti, ma sistemare delle cose burocratiche. Era la terza volta che tornavo lì, perché le altre due volte c’era sempre qualcosa che mancava. Meglio non riferire in questa sede le parole che mi si materializzavano in testa ad ogni: ‘Mi spiace, deve tornare’. Ma vedi il destino, a volte – commenta Galiano -. Oggi pioveva. Vado, per la terza volta. Ma quando arrivo lì, all’ingresso, vedo una cosa talmente assurda da non sembrare vera. Un ragazzo, in piedi, sul tetto”.
“Oh io lo so che sembra incredibile – continua il docente – , che questo sia successo proprio a me dico, ma è davvero accaduto. Cerco di parlargli, di capire cosa stia succedendo. Forse, penso, è un ragazzino con delle problematicità, forse ha un insegnante con lui, non lo so, non capivo. No, non c’era nessuno. Lui, non rispondeva. Sembrava assente, quasi spiritato. Io in piedi sotto la pioggia a guardarlo. A cercare di stabilire un contatto. Ma lui non mi vedeva neanche, si sporgeva, cercava di capire – credo – quanto alto era da lassù. Dopo cinque minuti che mi sono sembrate cinque ore, ecco che qualcuno da dentro la scuola si accorge di questa strana figura – io – in piedi davanti all’ingresso, sotto la pioggia. Faccio dei cenni, venite fuori!, dico, e bisbiglio cosa sta succedendo, non voglio che lui mi senta. Un’impiegata della scuola esce. Rimane paralizzata, come me. Riusciamo ad avvisare le insegnanti in qualche modo. Una di loro lo raggiunge, scavalca la finestra come deve aver fatto lui, sale sul tetto”.
Racconta ancora Galiano: “Lui ancora non parla, con nessuno. Poi dopo dieci minuti buoni, finalmente riescono a convincerlo a rientrare. Io respiro, per la prima volta dopo non so quanto. Faccio per tornare a casa. Tutto è bene quel che finisce bene. Mi chiamano, però. Vogliono che veda il ragazzo. È in uno stanzino, tutte le prof intorno. Mi siedo di fianco a lui, ancora zero parole, mutismo assoluto. Dopo un po’, salta fuori che gli piace disegnare. Gli dicono che io sono uno scrittore, questa cosa lo colpisce, forse. Comincia a dire qualcosa. Fa disegni comici, dice. E poi racconta perché era sul tetto. La prof lo insulta sempre, dice. Gliela butto lì, potrebbe fare dei disegni della sua prof, per sfogare la sua rabbia magari. Fa sì con la testa. E alla fine un’ultima cosa, una che mi apre il cuore in due. Sono in piedi, sto andando via, siamo solo io e lui nella stanza ora. E lui dice, con un filo di voce: ‘Grazie per essere rimasto con me’”.
“Ho i brividi solo a pensarci – conclude nel post -. Penso alla sua famiglia. Ai suoi insegnanti. A quello che sarebbe potuto succedere, se un tizio non fosse passato lì sotto per caso. Il prossimo che mi dice che fare gli insegnanti è facile è una pacchia e non si lavora niente e tre mesi di vacanza, gli racconto questa storia”.
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