Ragioni e torti degli studenti

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Ragioni e torti degli studenti
Venerdì scorso gli studenti sono scesi di nuovo in piazza, e non sono mancati incidenti anche gravi, come a Torino. Si è trattato della terza giornata di mobilitazione nazionale in poche settimane, dopo quella del 28 gennaio, indetta per protestare contro l’alternanza studio-lavoro, considerata causa della morte di Lorenzo Parelli, lo studente di 18 anni schiacciato da una trave d’acciaio durante uno stage in un’azienda in provincia di Udine, e quella del 4 febbraio che aveva allargato la protesta alle nuove modalità del prossimo esame di Maturità decise dal ministro Bianchi, con la reintroduzione della prova scritta di italiano.
Alle motivazioni delle due precedenti giornate si è aggiunta quella della morte di un altro un ragazzo di 16 anni, Giuseppe Lenoci, vittima di un incidente stradale mentre si recava a uno stage, e le manifestazioni, che hanno visto aumentare il numero delle adesioni, hanno preso una più chiara valenza politica con la richiesta delle dimissioni del ministro dell’Istruzione Bianchi e del ministro dell’Interno Lamorgese, ritenuta responsabile degli scontri con la polizia.
Tra i promotori della giornata di protesta, l’Unione degli Studenti (UdS, che ha anche promosso a Roma gli “Stati generali della Scuola pubblica”, una tre giorni organizzata “con il fine di scrivere una riforma della scuola pubblica a partire da chi la vive tutti i giorni”), il Fronte della Gioventù Comunista e diversi comitati e collettivi locali, come La Lupa e Opposizione studentesca alternativa a Roma, il Kollettivo Studenti Autorganizzati a Torino, il Coordinamento dei Collettivi Studenteschi a Milano e altri.
Sono giustificate queste proteste? C’entra davvero l’Alternanza studio-lavoro nella morte dei due studenti? Ha senso chiedere di eliminare la prova scritta di italiano dopo due anni che hanno gravemente compromesso le competenze di scrittura degli studenti? Sono giustificabili gli assalti a banche e sedi della Confindustria e gli scontri con la polizia? Tutti interrogativi ai quali occorrerebbe rispondere in modo approfondito e non semplicistico, alla ricerca di un facile consenso da parte degli studenti, giustamente solidali con i loro coetanei scomparsi ma i cui comportamenti e parole d’ordine non possono essere approvati “a prescindere”.
Spiace perciò di leggere nel sito della Flc Cgil frasi come questa, che ci sembra ispirata da ragioni di “captatio benevolentiae”: “Condividiamo le loro battaglie e da tempo chiediamo al governo che sia eliminata l’obbligatorietà dell’alternanza insieme ad un ripensamento complessivo del modo in cui si è costruito il rapporto tra scuola e lavoro negli ultimi 20 anni”.
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Pietro Guerra

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