Rapimento di Aldo Moro, le carte desecretate della commissione d’inchiesta: la richiesta di un’auto blindata pochi mesi prima

Rapimento di Aldo Moro, le carte desecretate della commissione d’inchiesta: la richiesta di un’auto blindata pochi mesi prima

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di Giovanni Bianconi

Ma vetture blindate in via Fani, il 16 marzo di 44 anni fa, non ce n’erano: è solo uno dei particolari che emerge dal lavoro di desecretazione dei documenti a 50 anni dal rapimento

«Nel periodo antecedente alla strage di via Fani non risulta che il Sismi abbia mai raccolto elementi che potessero far in qualche modo prevedere l’insorgere della vicenda Moro, sia sotto il profilo dell’acquisizione di informazioni su possibili e dirette azioni terroristiche e sia dal punto di vista dell’esistenza di semplici minacce od avvertimenti nei confronti del parlamentare». Comincia così la relazione del Servizio segreto militare (Sismi), predisposta nel 1979 per la prima commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani e sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, desecretata solo pochi giorni fa dalla Commissione per la biblioteca e archivio storico del Senato, presieduta dal senatore del Pd Gianni Marilotti.

Il documento«riservato» fa parte delle 130.000 pagine di atti prodotti dai servizi segreti considerati ancora «top secret» e ora declassificati in base alle direttive dei presidenti del Consiglio Prodi, Renzi e Draghi, con le quali si è deciso di anticipare la “liberazione” di documenti che riguardano dodici episodi – fra stragi, attentati e vicende ancora misteriose – che hanno segnato in modo particolare la storia d’Italia. Uno di questi è certamente l’assalto di via Fani del 16 marzo 1978, compiuto dalle Brigate rosse, nel quale furono uccisi i cinque agenti di scorta al presidente della Democrazia cristiana – Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi – e venne rapito Aldo Moro. Il Sismi, istituto da pochi mesi, aveva ereditato le strutture del vecchio Sid (Servizio informazioni difesa) che, si scoprirà in seguito, aveva avuto un ruolo nei depistaggi di alcune stragi neofasciste degli anni precedenti, come quella di Brescia del 28 maggio 1974; ma sulle mire del terrorismo rosso nei confronti dello statista democristiano ammette di non sapere nulla. Almeno ufficialmente. Il documento inviato alla commissione d’inchiesta elenca una serie di informazioni che, rivalutate dopo, potevano forse fornire qualche indicazione, o almeno destare qualche allarme, ma sul momento non avevano avuto seguito. Né avevano destato particolare interesse. «A posteriori», il Sismi ritiene comunque di segnalare che «in relazione alla possibilità che in concomitanza con l’apertura del processo di Torino, fissato per il 3 marzo 1978 a carico di Curcio e altri terroristi, le Brigate Rosse effettuassero atti di terrorismo in Italia o all’estero con il concorso di elementi stranieri come la banda Baader Meinhof o l’Armata rossa giapponese o gruppi estremisti palestinesi o arabi, o altre cellule internazionali, il 15 febbraio 1978 il Servizio aveva provveduto ad allertare tutta la propria rete informativa nazionale e internazionale e i servizi collegati». Ne venne fuori l’informazione, di cui già s’è saputo qualche anno fa, «acquisita da un appartenente all’organizzazione palestinese Fplp guidata da George Habbash, secondo cui sarebbe stata possibile nel prossimo futuro un’azione terroristica di notevole portata».

Il Sismi si premura di precisare che «l’informazione, pur se generica veniva, subito trasmessa al Sisde (il servizio segreto civile, anch’esso neonato, ndr) ai servizi collegati e a tutti gli organi periferici del servizio», senza che venissero però acquisiti ulteriori elementi utili. Né è dato sapere, a 44 anni di distanza, se la segnalazione giunta dalla Palestina avesse a che fare con l’agguato di via Fani. Nella relazione del Sismi si riferisce anche che «nella prima decade di marzo 1978 sul periodico di informativa e satira politica “Il Male”, ideologicamente attestato su posizioni extraparlamentari di sinistra, veniva pubblicato un articolo su Moro che alla luce delle successive esperienze sembra anticipare circostanze stranamente aderenti a quanto poi si è realmente verificato. In proposito, non appena un organo periferico del Servizio comunicava di avere acquisito la notizia (20 marzo 1978) venivano effettuate appropriate segnalazioni al Sisde al comando generale dell’arma e al capo della polizia e disposti particolari accertamenti sui responsabili della pubblicazione senza peraltro acquisire elementi suscettibili di ulteriori sviluppi». A parte le informazioni recepite in edicola, il rapporto del Sismi è un lungo elenco delle segnalazioni più strane, quasi tutte inverosimili o senza alcuna possibilità di sviluppo concreto, e comunque scollegate da ciò che negli anni successivi s’è scoperto a proposito del sequestro Moro.

Quanto alle «minacce o avvertimenti» ricevuti dal leader democristiano nei mesi precedenti al sequestro, il Sismi comunica di non essere «mai giunto a conoscenza di alcun particolare». Tuttavia segnala un episodio: «Il 9 ottobre 1978, al termine di un’attività di raccolta di elementi informativi riguardanti i soggiorni della famiglia Moro a Predazzo, fonte confidenziale predisponeva un appunto riepilogativo nel quale si accennava al fatto che l’anno precedente il defunto maresciallo Leonardi, conversando con una persona del luogo, avrebbe detto di avere appreso da imprecisati studenti universitari, discepoli di Moro, che qualcuno ne controllava spostamenti ed orari. Il parlamentare, reso edotto di ciò, avrebbe cominciato periodicamente a cambiare le sue abitudini. Nel corso di tali confidenze il maresciallo Leonardi avrebbe mostrato una pistola a tamburo di grosso calibro asserendo di essere pronto a tutto… Si concludeva soggiungendo che nulla era stato possibile acclarare circa gli studenti universitari che avevano messo l’avviso il maresciallo Leonardi, ma che essi erano tuttavia di Roma». Lo stesso caposcorta di Moro avrebbe anche riferito l’episodio sospetto di due motociclisti armati che, un mese prima dell’attentato, avevano affiancato l’auto del presidente della Dc; circostanza anch’essa nota da tempo, rimasta senza spiegazione giacché nessun brigatista l’ha mai messa in relazione con i preparativi dell’azione da parte dell’organizzazione.

Il Sismi riferisce, in ogni caso, che «il maresciallo Leonardi dopo tale fatto avrebbe chiesto senza precisare a quale organo di avere un’altra auto di scorta, in rinforzo, ed una vettura blindata per il parlamentare». Ma auto blindate in via Fani, la mattina del 16 marzo di 44 anni fa, non ce n’erano. Il lavoro di desecretazione avviato dalla commissione della biblioteca del Senato, grazie al quale è oggi possibile leggere questo documento del Sismi, è solo all’inizio: «Passati i cinquant’anni dall’evento – ha spiegato il presidente Marilotti – le carte classificate possono essere coperte solo dal segreto di Stato, il resto lo renderemo fruibile».

16 marzo 2022 (modifica il 16 marzo 2022 | 13:10)

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, 2022-03-16 16:04:00, Ma vetture blindate in via Fani, il 16 marzo di 44 anni fa, non ce n’erano: è solo uno dei particolari che emerge dal lavoro di desecretazione dei documenti a 50 anni dal rapimento, Giovanni Bianconi

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Pietro Guerra

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