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Il 2021 è stato un anno di record negativi per la ristorazione italiana, con il numero più basso di attività iscritte alle Camere di Commercio, il saldo tra iscrizioni e cessazioni più cospicuo degli ultimi dieci anni, gli 8 locali su 100 chiusi nella Capitale, l’assenza di personale nel settore complicata dal -47% di iscritti alle scuole alberghiere negli ultimi 6 anni. Nello stesso anno il mercato dell’online food delivery è aumentato del 15,3%, le prenotazioni online sono raddoppiate e nel 40% dei casi i clienti scoprono il locale via web, a testimonianza del cambiamento epocale che la tecnologia sta rappresentando per il settore. Il 2022, seppure caratterizzato dal rincaro della materia energetica con il conseguente aumento dei prezzi in menu per il 36,9% dei ristoratori, fornisce segnali incoraggianti di ripartenza per un mercato in fase di assestamento e riorganizzazione. E’ quanto discusso al Forum della Ristorazione in corso a Padova alla presenza di circa mille ristoratori italiani chiamati a confrontarsi proprio sul tema del rilancio di un settore sfibrato e sfiduciato da oltre due anni di pandemia. A fotografare la ristorazione e a delinearne i prossimi scenari è il Rapporto 2022 dell’Osservatorio Ristorazione, spin-off dell’agenzia RistoratoreTop e organizzatore del Forum, realizzato elaborando dati provenienti da diverse fonti, tra le quali gli istituti di ricerca Istat e Censis, le associazioni di categoria Fipe e Federalberghi, Wearesocial, le banche dati di Infocamere e la web app Plateform.
Fuga dalle scuole alberghiere e “Great Resignation”
L’anno scolastico con il maggior numero di iscritti alle scuole alberghiere è stato il 2014/2015, con 64.296 nuovi studenti. Il 2021/2022 ha invece visto iscriversi solo 34.015 giovanissimi aspiranti operatori del settore, -47,1%. Secondo l’Osservatorio, questa fuga di capitale umano dal settore, definita a livello internazionale “The Great Resignation”, è frutto di una complessa concomitanza di cause, riassumibili nella disillusione rispetto al modello di ristorazione “patinato” raccontato dai media e dalla stessa categoria, che raramente corrisponde a realtà, nella tendenza di millennials e Gen Z ad abbandonare il posto fisso per avviare attività in proprio, complice la nascita di nuove professioni in grado di ottenere risultati migliori in meno tempo e nella diffusione ancora capillare di contratti capestro, condizioni lavorative alienanti e ritmi faticosi. «Questo clima di sfiducia e diffidenza – spiega Lorenzo Ferrari, presidente dell’Osservatorio Ristorazione – va combattuto facendo sistema e ripensando il settore per attirare e, soprattutto, trattenere i più giovani, aprendo a figure professionali più consone alle competenze e alle aspirazioni dei nativi digitali e ridisegnando orari e modalità di lavoro. Lo stesso contratto nazionale andrebbe rivisto per stimolare l’appeal del mondo ristorativo».
Una fotografia in numeri
In Italia oggi esiste un’attività ristorativa ogni 166,6 abitanti. Le realtà attive dotate di cucina nel 2021 sono 196.031, 140.213 quelle senza cucina, come bar e caffetterie, mentre si contano 4.366 attività tra mense e catering. Delle aziende attive, 99.402 sono imprese al femminile, ovvero con partecipazione di donne superiore al 50% e 44.119 quelle gestite o partecipate da stranieri. I dati della spesa alimentare fuori casa del 2021 sono incoraggianti, 63 miliardi di euro, ma comunque lontani dal picco di 86 miliardi registrato nel 2019.In questo scenario, secondo le elaborazioni dell’Osservatorio su dati Movimprese di Infocamere, il 2021 è stato protagonista di due record amari: le iscrizioni di nuove attività in ristorazione sono state 8942, il numero più basso della storia recente italiana, così come il saldo tra iscrizioni e cessazioni, -14.188. Nel 2021, per la prima volta, sono diminuite le attività ristorative registrate rispetto all’anno precedente, invertendo un trend di crescita che perdurava da oltre 10 anni, con 396.993 unità rispetto alle 397.700 del 2020, ovvero -707 imprese. Si registra anche la pressoché mancata crescita nel corso del 2021 delle aziende attive nel settore, arrivate a 340.610, solo +46 (+0,01%) rispetto al 2020. La diminuzione delle attività non ha investito le grandi città italiane con lo stesso impatto: Roma è la grande sconfitta del 2021, con 8 attività su 100 che hanno chiuso battenti, passando da 34.200 a 31.359 (-2.841); decrescono anche a Milano e Torino, seppure marginalmente, con rispettivamente -0,6% e -0,4%, mentre il numero cresce a Napoli (19.765 nuove attività registrate, +2,5%) e a Palermo (5.840, +3,3%); rimane pressoché stabile Firenze, dove la quantità di nuove registrazioni si attesta attorno alle 6.800 unità da 3 anni. «Se da un lato questi numeri sono normali assestamenti di un mercato fin troppo affollato – continua Ferrari – dall’altro sottolineano la differenza marcata di competenze e liquidità presente tra gli imprenditori del settore. Nel biennio caratterizzato dalla pandemia sono sopravvissute o hanno addirittura prosperato quelle realtà che hanno saputo riorganizzarsi tempestivamente, rimboccandosi le maniche tra nuovi modelli di business, produzione di sala e cucina ottimizzata e processi di fidelizzazione dei clienti. Sono invece spariti molti dei locali che vivevano di solo passaggio, soprattutto turistico, senza badare particolarmente alla qualità del servizio e di modelli anacronistici privi di qualsivoglia forma di digitalizzazione”.
Gli effetti del rincaro energetico
Un’indagine tramite sondaggio della web app per la digitalizzazione dei ristoranti Plateform, installata su oltre mille locali in Italia di cui aggrega ed elabora dati, racconta dal palco del Forum gli effetti del rincaro energetico sul settore nel 2022. Per far fronte al caro bollette di luce e gas, il 63,6% dei ristoratori intervistati ha dichiarato di aver modificato la propria attività: di questi, il 36,9% ha aumentato i prezzi in menu, il 32,1% ha ridotto i consumi, il 20,7% ha ottimizzato i costi di produzione, il 10,3% afferma di aver dovuto effettuare tagli al personale. Quanto ai rincari in menu per il cliente finale, il 26,95% degli intervistati ha effettuato aumenti inferiori al 5%, il 44,6% tra il 6 e il 10%, il 19,7% tra 11 e 15% e l’8,75% sopra il 16%.
Conclusioni
Le conclusioni del Rapporto prendono le mosse dalla consapevolezza che lo stato di salute della ristorazione rispecchierà il potere di acquisto in Italia, dove è previsto un aumento progressivo delle disuguaglianze sociali ed economiche. Ciò comporta che una piccola ma crescente porzione di utenti avrà accesso alla fascia di lusso, un’ampia porzione ma in decrescita continuerà ad accedere alla fascia media, mentre un grande e sempre più crescente numero di persone alla fascia accessibile. A partire dal 2022 e per il prossimo lustro, si conferma quindi il trend di aumento dei locali “accessible convenience”, ovvero accessibili a tutti e scelti prevalentemente per necessità, e degli “accessible cool”, accessibili ai più e dotati di una percezione positiva. «La ristorazione – conclude Ferrari – è vissuta sempre più come un’esperienza e non come un bene di prima necessità. Chi saprà interpretare al meglio questo concetto, sarà protagonista della ripartenza del settore nel 2022 e negli anni a venire dopo un 2021 che ha evidentemente rappresentato l’anno zero della categoria. La ristorazione, oggi, non è per tutti. E’ un mestiere complesso, appannaggio di chi è strutturato e organizzato, di chi è in grado di acquisire e formare personale qualificato, di chi fidelizza i clienti, di chi sa strutturare e organizzare il locale come un’azienda, di chi è in grado di gestire accuratamente l’aspetto finanziario. E anche di chi si è dotato, dove necessario, di sistemi internalizzati di prenotazioni e delivery e di chi ha ridisegnato i ruoli del personale di sala e cucina per rendere i locali più performanti».
, 2022-10-19 17:06:00, I dell’emorragia: -47% di iscritti alle scuole alberghiere dal 2014/15, con 64.296 nuovi studenti. Il 2021/22 ha visto iscriversi solo 34.015 ragazzi, di Redazione Scuola