Roma come “laboratorio” per la criminalità organizzata, con la coesistenza, e a volte la commistione, tra i clan delle mafie tradizionali e la mala locale, che ha acquisito negli anni metodi mafiosi, con oltre 100 piazze di spaccio attive h24, di cui 13 solo a Tor Bella Monaca. A giocare un ruolo determinante nelle dinamiche criminali della Capitale, la ‘ndrangheta: dal narcotraffico internazionale sino al reinvestimento dei capitali illeciti. È quanto emerge dal VI e VII Rapporto “Mafie nel Lazio”, promosso dalla Regione e presentato presso la Camera di Commercio di Roma. Il volume è il resoconto, rigoroso e documentato, delle principali inchieste giudiziarie sulle organizzazioni criminali nel Lazio relativo al periodo 2020/primo semestre 2022. Quindi, da una parte le mafie tradizionali, dall’altra i gruppi romani autoctoni; ad accomunarli la ricerca di relazioni per contaminare il tessuto economico. Tali differenti realtà si trovano a interagire tra loro. Il rapporto parla di “forme ibride”, che vedono la fusione di componenti che fanno capo alle mafie tradizionali con la criminalità organizzata romana, dando luogo a realtà nuove ma che l’attività giudiziaria ha già qualificato come associazioni di tipo mafioso. Un situazione diversa dalla colonizzazione, che pure si è registrata, con la scoperta della prima “locale” di ‘ndrangheta nella Capitale. Ci sono poi le mafie autoctone, costituite esclusivamente da criminalità organizzata romana, una presenza accertata da sentenze definitive ad Ostia. Negli ultimi anni, infatti, si sono registrate delle “joint venture” per condurre singoli affari, ma anche spartizioni per attività e territorio con capacità di dirimere delle controversie, con soggetti di prestigio utilizzati come arbitri per trovare una soluzione. Sono elementi che fanno ipotizzare – secondo il rapporto – una costante contaminazione ed evoluzione tra i gruppi autoctoni e quelli che agiscono per conto delle grandi mafie italiane e anche straniere. La ‘Ndrangheta calabrese è impegnata a far sentire il proprio peso negli affari leciti e illeciti, ma al contempo a coordinare affari, tessere relazioni, smistare traffici, progettare e realizzare investimenti, dentro un tessuto economico unico nel panorama italiano. Qui, a diversi livelli e con metodi differenti a seconda dei quartieri, le cosche interagiscono con le mafie tradizionali come Camorra e Cosa Nostra e con le consorterie autoctone con cui si impongono soprattutto nella filiera del narcotraffico, facendo pesare il proprio ruolo di player unico sul mercato internazionale. Il rapporto parla di un sistema di penetrazione negli affari legali accentuato dalla crisi provocata dalla pandemia che ha trovato terreno fertile: “le condizioni ideali per aggredire un mercato messo in difficoltà alla crisi economica post-covid e dalla crisi energetica”, si legge nel rapporto. Una criminalità fortemente radicata nel tessuto imprenditoriale. Reti di relazioni tra legale e illegale, assetti istituzionali e sistemi di governance in grado di condizionare profondamente le traiettorie dello sviluppo socio-economico di interi territori. È in queste reti che si insinuano, strutture criminali nuove e originali, a cui gli attori che tradizionalmente definiamo “mafiosi” possono aderire senza tuttavia esserne necessariamente la componente essenziale, né quella trainante. Una zona grigia che vede protagonisti pubblici amministratori, professionisti, imprenditori: figure che in base ai dati delle indagini interagiscono sempre più spesso con gli emissari dei clan nei canali di riciclaggio e reinvestimento. Riciclaggio, traffico di droga anche internazionale, investimento di capitali illeciti, gioco d’azzardo e usura, ma anche false fatturazioni ed evasione dell’Iva sono solo alcuni degli ambiti di azione delle mafie a Roma. La Capitale appare dunque come un laboratorio che consente di osservare sia le trasformazioni in corso nelle mafie storiche e il loro radicamento in aree esterne a quelle di origine, sia i contesti in cui prendono corpo e si sviluppano forme criminali nuove e autoctone a partire dal sistema di gestione delle piazze di spaccio nella capitale che rappresenta un modello rodato, diffuso e conosciuto ai vari gruppi criminali che operano nelle periferie della capitale. Un modello di gestione delle piazze di spaccio che garantisce il controllo del territorio e la sicurezza degli acquirenti attraverso una rete di vedette a supporto degli spacciatori contro le incursioni delle forze di polizia. Un modello imprenditoriale-criminale che prevede la massimizzazione dell’utilizzo delle risorse per un maggior rendimento dello spaccio di droghe. Le aziende-piazze di spaccio contribuiscono in misura significativa ad un vasto e diffuso welfare, garantendo stipendi, assistenza legale ai propri “dipendenti”. Coinvolgendo anche insospettabili nella conservazione della droga, delle armi e del denaro necessari ad “alimentare le attività dell’azienda criminale”. “Dal monitoraggio in questo Rapporto emergono una molteplicità di forme criminali che ormai caratterizza il contesto criminale laziale rendendolo unico rispetto ad altre regioni considerate non a tradizionale presenza mafiosa – ha spiegato Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio -. È una espansione del modello culturale-criminale delle mafie il modello mafioso produce un inquietante effetto emulativo anche sulle altre organizzazioni criminali”, ha concluso Cioffredi. Nel 2021 sono stati sequestrati nel Lazio, 7.180 chili di sostanze stupefacenti, tra cui oltre 519 chili di cocaina e 140 chili di eroina, quasi 8 mila dosi di droghe sintetiche, altre 13 mila chili sono le piante di cannabis sequestrate, e nella filiera sono state arrestate 3.579 persone. Infine, alla documentazione anche quest’anno il Rapporto affianca alcuni numeri del lavoro delle forze di polizia e della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Roma. Nel triennio 2019-2021 gli indagati per associazione mafiosa sono stati nella nostra regione 544 persone mentre gli indagati per reati aggravati dal metodo mafioso sono stati 1992 persone e gli indagati per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga ben 5.945. Nel Lazio solo nel 2021 sono state 3.471 operazioni antidroga che colloca la nostra regione al secondo posto per operazioni mentre Roma è al primo posto. Le operazioni Finanziarie sospette registrate da Uif Bankitalia sono passate da 14.329 del 2020 a 17.236 del 2021, numeri che configurano Roma come capitale del riciclaggio. Cosi come poderosa è stata l’attività in questi anni di confisca e sequestri con ben 5.200 immobili e 1.040 aziende. Nelle indagini prese in esame in queste due edizioni del rapporto “Mafie nel Lazio” emergono con maggiore chiarezza alcune caratteristiche sulla dinamicità delle famiglie mafiose: un’evoluzione storica del modello, un salto di qualità nell’agire delle mafie tradizionali nel Lazio che va dalla “testa di ponte”, ossia dal mero investimento in attività commerciali, alla delocalizzazione delle strutture criminali, fino alla stabilizzazione della cellula con l’importazione nel Lazio del metodo mafioso, come dimostra la scoperta della prima “locale” di ‘ndrangheta istituita all’interno della città di Roma, come propaggine della mafia calabrese. Non c’è infatti un soggetto in posizione di forza e quindi di preminenza sugli altri, ma sullo stesso territorio convivono e interagiscono diverse organizzazioni criminali: innanzitutto gruppi che costituiscono proiezioni delle mafie tradizionali, con la ndrangheta dotata senza dubbio di maggiore potenza militare ed imprenditoriale. Insieme a queste proiezioni sullo stesso territorio coesistono, inoltre, gruppi criminali autoctoni che danno vita a vere e proprie associazioni mafiose e anche organizzazioni che, pur non rientrando nel profilo penale del 416 bis, sono egualmente pericolose perché accomunate dall’utilizzo del metodo mafioso. Alla presentazione, tra gli altri, sono intervenuti anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, la Procuratrice aggiunta della Direzione distrettuale antimafia-Roma, Ilaria Calò, il Comandante del gruppo analisi e relazioni operative del servizio centrale investigazione criminalità organizzata della Guardia di finanza, Roberto Prosperi, il vice comandante del Ros Colonnello Gianluca Valerio e il direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato, Prefetto Francesco Messina. “Le mafie sono la negazione dei diritti. Opprimono, spargono paura, minano i legami sociali, esaltano l’abuso e il privilegio, usano le armi del ricatto e della minaccia, avvelenano la vita economica e le istituzioni civili – ha dichiarato il governatore Zingaretti -. Lottare contro la mafia non è soltanto una stringente e doverosa esigenza morale e civile. È anche, quindi, una necessità per tutti: lo è, prima ancora che per la propria sicurezza, per la propria dignità e per la propria effettiva libertà. Una necessità per la società, che vuole essere libera, democratica, ordinata, solidale”. Per questo motivo, “la lotta alle mafie riguarda tutti – ha sottolineato Zingaretti -. Nessuno può dire: non mi interessa. Nessuno può pensare di chiamarsene fuori. È un compito che riguarda ciascuno di noi: nell’agire quotidiano, nei comportamenti personali, nella percezione del bene comune, nell’etica pubblica che riusciamo ad esprimere. La repressione dell’illegalità da parte delle Forze di Polizia e della Magistratura è inseparabile dall’azione corale delle Istituzioni e dalla resistenza civile. Questo è stato l’orizzonte politico, giudiziario, di ordine pubblico, culturale, educativo, sociale del nostro impegno contro le mafie. Un orizzonte che deve aggredire il nesso tra povertà, disuguaglianze e mafie”, ha concluso il suo intervento Zingaretti. La Procuratrice Ilaria Calò ha ribadito l’importanza della collaborazione nella lotta alle mafie. “Istituzioni e cittadini possono operare insieme per contrastare le mafie – ha spiegato Calò. Nel Lazio coesistono organizzazioni criminali di tipo diverso” e “c’è una convergenza di interessi della criminalità sul territorio della Capitale. A Roma, nel settore degli stupefacenti esiste un sistema multilivello: siamo in grado di ‘coprire’ tutte le fasi della distribuzione, dal trasporto ai ‘broker’ che agiscono sul territorio”, ha concluso. Il traffico di sostanze stupefacenti spinge “le organizzazioni mafiose a riciclare i cospicui proventi illeciti”: in questo si inserisce “l’azione di contrasto ai patrimoni illeciti da parte della Guardia di Finanza”, ha sottolineato il Colonnello Roberto Prosperi. “L’attacco ai patrimoni illeciti non può essere demandato solo alla Guardia di Finanza, ci vuole un allargamento degli attori che possono incidere su questo ambito”, ha sottolineato poi il Prefetto Francesco Messina. L’obiettivo delle organizzazioni criminali, conclude il Colonnello Gianluca Valerio, “è inserirsi negli apparati dello Stato e dell’economia con l’unico fine della convenienza parassitaria”. (agenzianova.com) , 2022-10-21 14:25:00, Roma come “laboratorio” per la criminalità organizzata, con la coesistenza, e a volte la commistione, tra i clan delle mafie tradizionali e la mala locale, che ha acquisito negli anni metodi mafiosi, con oltre 100 piazze di spaccio attive h24, di cui 13 solo a Tor Bella Monaca. A giocare un ruolo determinante nelle dinamiche […]
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