di Enrica Roddolo
Buckingham Palace torna protagonista con il ricevimento pre Cop27 con l’inviato Usa all’ambiente John Kerry, e la prima serata del re è dedicata ai rifugiati dall’Uganda
Never explain, never complain. La regola aurea che da secoli guida la House of Windsor e che ha assicurato lunga vita al regno dei record durato 70 anni di Elisabetta II, è stata adottata da re Carlo III. Mai spiegare e soprattutto mai giustificarsi. Agire e dimostrare con i fatti, piuttosto. Così quale migliore risposta alle accuse di razzismo piovute sulla «Firm» dall’intervista dei Sussex con Oprah Winfrey, che dimostrare con azioni concrete che il regno di Carlo III sarà anzi inclusivo, anche più inclusivo e aperto di quanto già lo siano sempre stati i Windsor e Londra con la tradizione dell’impero diventato poi la grande rete del Commonwealth: una lunga tradizione di diversità e inclusione?
Così Buckingham Palace si è aperto il 2 novembre per la prima reception dopo il lutto per la regina, nel segno della multiculturalità. «E’ significativo che il re abbia scelto per il suo primo grande evento a palazzo un appuntamento multiculturale», ha notato Jon Snow, storico anchor che con Jonathan Dimbleby ha guidato la serata dedicata a quanti fuggirono la dittatura di Idi Amin e trovarono rifugio proprio nel Regno Unito, contribuendo al successo del brand Great Britain nei decenni. Nel 1972 circa 60 mila persone della minoranza asiatica (indiana) del Paese fuggirono dall’Uganda, e circa la metà trovarono rifugio proprio Oltremanica.
L’occasione anche per vedere in azione il nuovo assetto del «Royal dream team» di re Carlo: oltre a Camilla, la principessa Anna e il conte di Wessex, Edoardo (entrambi prossimi a entrare nella cerchia dei possibili Counsellors of State, ovvero sostituti del re in caso di trasferte o altre necessità). Mancavano i principi di Galles, ma c’era in più un altro esponente poco noto, ma molto attivo, dei Windsor: il duca di Gloucester.
Oggi poi il re con la regina Camilla ha visitato la mostra «Africa Fashion» al Victoria & Albert Museum, curata da Christine Checinska, e dedicata alla creatività moda made in Africa. Un altro importante segnale che fa riflettere sulle priorità che si è prefissate il nuovo re.
Venerdì 4 novembre re Carlo III apre poi Buckingham Palace a 200 leader, businessmen e attivisti globali per il climate change. Il risultato del braccio di ferro con il numero 10 di Downing Street in vista dell’inizio della prossima Cop27 in Egitto. «Una scelta concordata», ribadiscono dalla Royal Household come da Downing Street quella di non andare alla Cop.
Ma se Carlo non andrà alla Cop, farà in modo che la Cop o meglio gli attori più interessanti per la battaglia per l’ambiente, vengano a Londra. Anzi a Palazzo. Carlo e Camilla faranno dunque gli onori di casa a Buckingham Palace, con il presidente della Cop 2021, Alok Sharma, a John Kerry, l’inviato speciale Usa per il clima che nei giorni scorsi aveva auspicato a gran voce la presenza del re alla Cop27 in Egitto. Ricordando lo straordinario soft power del sovrano con un passato di grande attivismo e iniziative sul fronte del climate change. Così a Buckingham Palace il re passerà la staffetta della Cop (dal Regno Unito che nel 2021 l’ha ospitata a Glasgow) all’Egitto.
3 novembre 2022 (modifica il 3 novembre 2022 | 18:44)
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, 2022-11-03 17:44:00, Buckingham Palace torna protagonista con il ricevimento pre Cop27 con l’inviato Usa all’ambiente John Kerry, e la prima serata del re è dedicata ai rifugiati dall’Uganda, Enrica Roddolo