L’esistenza di un disagio giovanile diffuso e accentuato dopo il Covid è un dato di fatto. La pandemia ha avuto un impatto significativo sulla vita dei giovani, mettendo a dura prova la loro salute mentale e il loro benessere psicologico.
Tuttavia, l’idea di una “generazione Covid” è fuorviante e rischia di vittimizzare i giovani, attribuendo loro un’etichetta di trauma e disfunzione. È importante evitare di amplificare o sottovalutare il disagio, ma piuttosto intercettarlo nel modo giusto.
Massimo Recalcati, noto psicoanalista, ha sottolineato l’importanza di affrontare il malessere giovanile nel modo appropriato durante una lezione di Psicologia dinamica presso l’Università di Verona, come segnala il quotidiano locale “L’Arena”.
Un fenomeno recente che richiede particolare attenzione è la cosiddetta “cicatrice francese”. Si tratta di tutorial diffusi su TikTok, in cui i giovani spiegano come autoinfliggersi lividi da esibire come segno distintivo di orgoglio e appartenenza. Questo fenomeno rappresenta una spia di disagio, magari anche collettivo, che deve essere affrontato in modo adeguato. La scuola ha un ruolo cruciale nell’intercettare e affrontare questo disagio, senza diventare una mera cassa di risonanza per i sintomi che ne derivano.
La questione di come intercettare correttamente il disagio giovanile richiede un impegno a tutti i livelli. È essenziale potenziare il lavoro della scuola e favorire l’accesso a percorsi di psicoterapia che siano economicamente accessibili a tutti. È necessaria una politica che riduca le tariffe degli interventi terapeutici, in modo che la psicoterapia non selezioni i pazienti in base al reddito.
Nel contesto scolastico, un insegnante può fare molto per affrontare il disagio giovanile. È importante rendere le lezioni attraenti e coinvolgenti, in modo che il sapere offerto in classe sia più interessante di TikTok e altre distrazioni. La vera prevenzione a scuola non si basa solo sulla denuncia delle cattive pratiche, ma anche sull’animazione del sapere attraverso una buona didattica che coinvolga gli studenti in modo significativo.
Un punto di dibattito riguarda l’utilità di parlare apertamente dei problemi come forma di prevenzione. Recalcati suggerisce che spiegare in dettaglio determinati disturbi, come l’anoressia o la tossicodipendenza, potrebbe rischiare di alimentare l’effetto emulazione. Ciò significa che, se non gestito correttamente, un intervento che mira a distribuire informazioni potrebbe invece accendere una curiosità.
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